La Festa di Reggio Calabria.

Sotto l’Effige Sacra anche il vecchio Arcivescovo Salvatore Nunnari

di Pino Nano

pino nano racconta salvatore nunnari
Don Salvatore Nunnari, Arcivescovo Emerito della diocesi di Cosenza-Bisgnano

Centinaia di migliaia di persone in piazza per la Patrona della città. Ad aprire in maniera solenne la Grande Festa Mariana di Reggio Calabria, venerdì sera, presso la Basilica dell’Eremo, è stata la consueta Veglia Mariana presieduta dall’arcivescovo Fortunato Morrone.

Dopo una notte di veglia e di preghiera, alle ore 6.30 di ieri invece, sabato 9 settembre, l’arcivescovo emerito di Cosenza – Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari, ha presieduto l’eucaristia. Poi, alle 8 del mattino è iniziata la discesa del quadro della Madonna della Consolazione verso piazza della Consegna. Qui, alle 9.30, la venerata effigie è stata consegnata dai padri cappuccini all’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova Fortunato Morrone che la custodirà fino alla prima domenica dopo la festa della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, giorno in cui il quadro tornerà all’Eremo, e quest’anno sarà domenica 26 novembre.

La cosa che più ci ha colpito, e direi anche commosso, nella giornata di ieri a Reggio è stato l’arrivo di Mons. Salvatore Nunnari in carrozzella alla Basilica dell’eremo.

Il vecchio “leone” della Chiesa Calabrese ieri era ancora qui, tra la sua gente, per rendere al suo popolo testimonianza di presenza viva e di impegno senza tempo.

Questa della Madonna della Consolazione è la Festa che riunisce Reggio Calabria in un unico coro, dove tutti finalmente tornano ad essere uguali, a sentirsi fratelli nello spirito, compagni di avventura e di strada, amici per la pelle, per un giorno tutti insieme per affidare alla Signora dell’Eremo le proprie pene e le proprie speranze, un trionfo della pietà popolare senza pari, che si tocca con mano giorno per giorno, ora per ora, in queste ore che precedono la Festa. È un incredibile bagno di commozione popolare”.

la festa di reggio
La Sacra Effige della Madonna Patrona di Reggio Calabria

L’amore viscerale per la città calabrese dello Stretto don Salvatore -così lui oggi preferisce essere chiamato- se lo porta da sempre dietro come un’ombra.

Non c’è un solo momento della vita di Reggio Calabria, difficile o turbolento, o anche più semplicemente normale e ordinario, che non abbia avuto don Salvatore Nunnari come suo diretto protagonista. Fu soprattutto così anche nei famosi “giorni della rivolta”, quando per strada, questo giovane sacerdote lavorava giorno e notte per riportare tra i ragazzi che stavano sulle barricate la serenità necessaria perché la protesta non sfociasse nella violenza. La verità è che don Salvatore è un fiume in piena.

Tutta la sua vita è stata così, una vera e propria macchina da guerra, un sacerdote geniale brillante eclettico che non si fermava mai e davanti a niente. Nel libro “Don Nunnari racconta la sua Calabria”, che gli ha dedicato -il giornalista Attilio Sabato, direttore di Teleuropa Network- scrive di lui “vive inseguendo il cuore e non sempre la ragione”.

Ci fu un tempo in cui don Salvatore fu anche Capo dei Vescovi calabresi, Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, e vi assicuro era lo stesso don Salvatore che possiamo rivedere oggi nelle immagini su YouTube, quando balla la tarantella con un gruppo di pellegrini a Paola, e che fa con una disinvoltura e una passione fisica così coinvolgente che hanno poi fatto di lui un campione di straordinaria umanità. O ancora di più, quando la prima settimana di settembre di ogni anno a Reggio per anni lui ha sfilato precedendo la statua e l’effige della Madonna della Consolazione, davanti a centinaia di portatori, che lo chiamavano per nome, perché lo consideravano uno di loro, e come tale lo trattavano. Un’icona vera e propria.

Sono stato sotto la Vara per tanti anni, le prime volte avrò avuto diciassette anni, non ero neanche maggiorenne. Ovviamente ero accanto ai portatori. Ma ero soprattutto accanto anche a don Italo Calabrò, mio indimenticabile maestro di vita e di fede. È stato lui, don Italo, a restaurare il senso autentico della processione, fondando l’associazione dei portatori, e facendola riconoscere dalla gerarchia ecclesiastica. Se penso agli anni passati, gli anni senza la processione, le prime immagini che mi vengono in mente sono quelle della mia giovinezza, della mia infanzia, del mio primo amore, quando aspettavi che un anno colasse via proprio per rivivere la magia della processione e della festa. Immagini che io lego ancora oggi a una bellissima canzone è una nenia popolare, che sento riecheggiare dentro di me continuamente, ed era il motto dialettale di Ciccio Errigo che diceva «Cu terremoti, cu guerri, cu paci, sta festa si fici, sta festa si faci!»”.

Non è cosa facile raccontare la storia di un prete e lo è ancor meno se il sacerdote in questione è don Salvatore Nunnari, se non altro perché siamo in presenza di una figura che con il suo impegno pastorale ha profondamente segnato la storia di una grande città come Reggio Calabria, e poi ancora da vescovo illuminato e pieno di carisma ha guidato, amministrato, controllato, influenzato, e ridisegnato, con grande equilibrio, ma anche con grande senso della modernità, la storia stessa della Chiesa meridionale degli ultimi decenni.

Reggino come nessun altro forse, figlio del quartiere Sbarre, cresciuto a pane e chiesa, a volontariato e a carità, don Salvatore Nunnari della Festa di Reggio Calabria non è solo l’icona vivente più reale che ci possa essere, ma è l’uomo che da bambino ha seguito la festa come solo i portatori della vara sanno fare, e poi da grande, diventato lui prima sacerdote e poi vescovo, da qualunque parte del mondo fosse, a settembre tornava puntualmente a casa, nella sua Reggio, per rivivere in presa diretta le emozioni che erano state il pane vero della sua infanzia. Fa quasi tenerezza il racconto che il vecchio sacerdote di Sbarre affida al suo popolo di sempre.

L’esperienza più bella? Ho guidato tante volte il quadro per le vie di Reggio e ho ricordi bellissimi e indelebili. Lungo la strada ho visto cose meravigliose. Ricordo le grida di un bambino sulla sedia a rotelle con la mamma accanto vicino al Palazzo della Provincia. Con lo sguardo fisso sul quadro urlava di guarire tutti i bambini del mondo. Un altro ricordo è legato ad un mio fraterno amico che vive da non credente il momento della processione forse con maggiore intensità di alcuni fedeli cattolici. Per lui è una tradizione e la sola visione del quadro della Madonna lo lega fortemente alla famiglia, al padre e alla madre“.

Don Salvatore Nunnari, Vescovo Emerito della diocesi di Cosenza, ma vero padre spirituale della Reggio Cristiana, primo portatore egli stesso della Statua della Madonna della Consolazione, parla della Festa e si commuove, racconta dei portatori e confessa di conoscerli uno per uno, di essere ancora in grado di chiamarli per nome, di recuperare le loro storie familiari, e le loro voglie di riscatto. Lui e i portatori sono ancora una cosa sola.

Una volta, durante la processione, vidi un noto anarchico di Reggio tenere la bambina in braccio. Chiese ai portatori di far baciare il quadro a sua figlia. Era notoriamente anticlericale e si vantava di essere ateo. Bene, io lo vidi lì rivolgere una preghiera alla Mamma di tutti i reggini. Questo è il senso vero di questa festa che non ha eguali al mondo, mi creda”.

Don Salvatore Nunnari, giovane sacerdote di frontiera, portatore tra i portatori della Sacra Effige, pifferaio magico di un popolo in cerca di fede, confessore privilegiato ed esclusivo di una città di cui nessuno come lui conosce uomini cose e segreti anche inconfessabili.

Questa della Madonna della Consolazione a Reggio è una celebrazione unica in Calabria. Il popolo reggino si stringe attorno alla madre e ritrova i valori perduti. È un momento importantissimo soprattutto per le nuove generazioni che devono fare tesoro dei festeggiamenti religiosi mariani. Per Reggio è uno straordinario risveglio, una sorta di nuova primavera, un appuntamento solenne che la città ogni anno per secoli si è data con la Madonna della Consolazione. Finalmente oggi, dopo due anni di fermo imposti dalla Pandemia, quest’anno torna a Reggio Calabria la tradizionale processione della Madonna della Consolazione, “avvocata del popolo reggino, e questo per noi è un vero miracolo.”.

Al cronista che gli chiede di sapere di più sulla Festa il vecchio Arcivescovo risponde con il suo solito sorriso disarmante.

Le racconto un aneddoto, per tanti anni, ho fatto parte del Comitato comunale, presieduto dai diversi sindaci del tempo, che organizzava le festività civili. Bene, pensando a tutta questa mastodontica macchina organizzativa che ogni anno si mette in moto per La Festa della Madonna ho visto sempre, e vedo ancora oggi davanti ai miei occhi, una città bellissima. Una Reggio meravigliosa. Venga a vederle se le è possibile quelle cento mila anime che sfilano dietro la Vara. Rappresentano l’identità di un popolo e la vera forza di questo territorio e di questa terra. È un popolo fatto di credenti ma anche di non credenti. Ma è un popolo finalmente unito. Sa cosa mi succede ogni volta che guardo questo spettacolo? Piango. Piango di commozione, piango di felicità, piango di malinconia, ed è bellissimo”.

Don Nunnari ricorda gli ultimi anni in cui la Festa è rimasta bloccata dal Covid, tutti richiusi in casa contro lo spettro di una malattia che non è ancora finita, ma per la città di Reggio Calabria è stato un vero e proprio lutto, che non è mai stato dimenticato da nessuno, mai elaborato, soprattutto -dice- dai portatori della Vara, che sono i veri protagonisti della processione storica. Poi per fortuna l’anno scorso la processione ha ripreso a vivere, e con la processione la più antica tradizione religiosa della città.

Li ho visti amareggiati, ma era giusto non fare la processione quando il Covid stava seminando migliaia di morti in tutto il Paese. Ho sempre pensato che la decisione della Curia, seppur sofferta, andava appoggiata e sostenuta. Loro hanno solo rinviato di qualche mese il loro servizio. Vede, i portatori sono i cavalieri di Maria, camminano sempre accanto a Lei e sono soprattutto l’espressione più bella e più reale del mio popolo. Sotto la “stanga” c’è il professionista, il disoccupato, l’impiegato. C’è tutta Reggio, mi creda. È gente buona, semplice. Gente che è portatrice di una fede schietta, di una devozione che si tocca ancora con mano. Gente che vive la straordinaria esperienza di essere figlia di questa meravigliosa donna e Madre”.

Mons. Salvatore Nunnari in Cattedrale

Forte il richiamo del vecchio arcivescovo all’impegno della Chiesa in difesa del Sud, cosa che lui farà ancora oggi nel corso delle sue tradizionali omelie.

Vede, negli anni passati a Napoli, che possiamo considerare la capitale del Mezzogiorno, i vescovi meridionali come nel 1948 hanno fatto sentire ancora una volta la propria voce e il forte richiamo alla politica. Ne è venuto un messaggio di speranza che si fa impegno per ogni uomo di buona volontà. Non basta la denuncia e neppure la proposta, occorre l’impegno quotidiano, come c’è, dei cattolici meridionali e in altre parti d’Italia nella vita della chiesa, soprattutto nei territori più disagiati. Qui si costruiscono ogni giorno gli spazi dove ciascuno di noi, associazioni, imprenditori, lavoratori, politici, è chiamato a fare la propria parte senza vittimismo e senza aspettare Godot”.

Ma l’occasione della Festa della Madonna della Consolazione è anche motivo di ulteriore riflessione sullo strapotere della malavita organizzata in una regione come la Calabria. In realtà il vecchio arcivescovo don Salvatore Nunnari da presidente della Conferenza Episcopale Calabra ha trovato la forza, il coraggio e la libertà di firmare due documenti diversi di denuncia e di condanna contro la piovra, immagine forte di una Chiesa che non ha mai avuto paura anche di riconoscere i propri errori.

La chiesa calabrese è sempre stata, a partire dal 1948 in prima linea contro la mafia. E lo ha fatto in maniera diretta, severa, e anche coraggiosa. Diamo a Cesare quel che è di Cesare. E questo processo di analisi e di denuncia, la Chiesa calabrese tutta lo ha portato avanti fino ad oggi, vorrei ricordare gli ultimi due documenti importanti che la Conferenza Episcopale Calabra sotto la mia presidenza, ha votato e approvato alla unanimità. Tutti i vescovi calabresi in prima linea contro la criminalità organizzata, e questo fa onore alla storia della nostra Chiesa locale”.

-Posso chiederle cosa dicono questi documenti approvati dai vescovi calabresi?

Quello che è sotto gli occhi di tutti noi. Che la mafia oggi è mafia-imprenditrice. Che la criminalità presente nelle nostre terre, camorra, sacra corona unita, ndrangheta, se prima condizionavano i mercati e l’edilizia urbana, oggi grazie ai flussi di denaro provenienti dalla droga esercita una presenza nefasta in tutto ciò che riguarda la nostra economia. Da una parte il pizzo e i tanti esempi di industrie avviate e di capannoni chiusi la dicono lunga, dall’altra le attività gestite direttamente grazie a prestanomi. La corruzione invasiva nel nostro Paese è figlia della piovra che invade il territorio e allontana la forze sane dell’economia e le prospettive di benessere. Contro tutto questo dobbiamo lottare in maniera convinta e mettendoci la faccia”.

-Padre, ma come se ne esce?

Con la speranza. Con il coraggio. Con la determinazione di voler cambiare le cose. Forse anche con una nuova classe dirigente. La preghiera, da sola, non basta più. Non me ne voglia Maria Madre della Consolazione attorno a cui oggi ci ritroveremo insieme come una volta. Mi creda, parola di un vecchio Vescovo”.

Indimenticabile il giorno in cui per via dell’età lasciò il suo incarico di Arcivescovo a Cosenza. Per la prima volta da quando lo conoscevo l’ho visto cupo, carico di malinconia, a tratti disarmato.

Gli chiesi “Padre, perché questa solitudine così palese”?

Perché penso al futuro e se devo dirti la verità fino in fondo mi terrorizza l’idea di dover stare un giorno da solo, di dover finire di fare il pastore, anche se è naturale e giusto che sia così, di non avere più il privilegio e la forza fisica di andare in giro per paesi e per genti e spiegare, a mio modo certo e con i miei limiti, il vangelo di Cristo. Non ricordo ora se ti ho mai raccontato il vero perché io abbia scelto di fare il prete. Sai l’ho fatto per servire il Signore. Mi piaceva stare con gli altri. Volevo aiutare i più deboli. Sentivo di dover difendere i più poveri, di dover consolare gli ammalati. Immaginavo che la mia vita dovesse scorrere accanto alle persone più sole. Non so alla fine quale sarà il bilancio della mia vita, ma io oggi ringrazio il Signore per avermi concesso il privilegio di restare prete fino in fondo. Nonostante i pericoli e le mille tentazioni che la vita, soprattutto da queste parti, al Sud, riesce a tessere attorno ad ognuno di noi”. 

Padre posso chiederle cosa pensa della politica attuale?

“Avverto francamente che i partiti non stanno creando lo stesso entusiasmo che solitamente si percepiva un tempo. La gente è distratta, e oppressa da problemi reali, quotidiani, gravi, contingenti. Ogni tanto chiacchiera, ma lo fa superficialmente. Questo nostro Paese merita, me lo faccia dire, una classe dirigente che amministri le nostre città e le nostre regioni con coerenza, con coscienza, con rigore, con rispetto, con sacrificio. C’è bisogno di uomini trasparenti, liberi, che credano realmente nel Bene Comune. Trasparenza, ecco il vero grande valore di cui il Paese ha oggi tanto bisogno. E la Calabria ancora di più. Perché la Calabria deve essere aiutata a crescere. Probabilmente servirebbe parlare di più con i fuori–sede: soltanto chi va via, si rende conto della bellezza della nostra terra”.

Author: pino nano

Giornalista, Autore televisivo, Inviato Speciale, 35 anni in RAI, dal 2010 al 2019 Caporedatore Centrale Responsabile dell'Agenzia Nazionale della TGR e dal 2001 al 2010 Caporedattore della Sede RAI della Calabria. Ha scritto 12 libri diversi sulla condizione sociale della Calabria e dal 2020 cura per Calabria Live la rubrica dedicata alle storie di eccellenza.

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