“Noi con Natuzza”

Natuzza Evolo e la Chiesa

Pino Nano

Il cardinale don Mimmo Battaglia a Soverato il 12 novembre 2024 insieme al giornalista Pietro Melia

Mi viene un dubbio, e cioè che un eretico -per giunta, in questo caso, un grande cronista, un grande viaggiatore, un grande polemista, e soprattutto un uomo di sinistra nel senso più “partigiano” e completo del termine- riesca a fare i miracoli che un semplice cristiano, e uomo di fede, non riuscirà mai a fare.

E’ accaduto la settimana scorsa a Soverato, era la mattina del 12 novembre, e dove Pietro Melia -storico inviato speciale della RAI, e oggi Presidente Onorario della Pro Loco locale- è riuscito a mettere attorno allo stesso tavolo, per parlare del “mistero di Natuzza Evolo”, tre grandi sacerdoti del nostro tempo. Tre diversi intellettuali illuminati della Chiesa contemporanea: il nuovo Cardinale di Napoli don Mimmo Battaglia, qui di casa perché lui è nato a Satriano che è un paesino a due passi da Soverato, l’Arcivescovo di Catanzaro Mons. Claudio Maniago, e il Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea mons. Attilio Nostro. Di più, accanto a loro Pietro Melia ha invitato anche un famoso genetista forense, il prof. Ciro Di Nunzio che “indaga” il sangue e le emografie di Natuzza Evolo da almeno 20 anni e che nel corso della cerimonia di Soverato proietta sul maxischermo gigante dell’auditorium dei Padri Salesiani i risultati scioccanti delle sue ricerche. Un miracolo vero e proprio. Ha coordinato il dibattito un bravissimo Domenico Gareri.

In 50 anni di storia calabrese è la prima volta che a ragionare di “Natuzza Evolo” ci sia un parterre di tale carisma e di tale prestigio. Il resto è cronaca di queste ore, ma non posso non scrivere di esserne rimasto profondamente coinvolto emozionato e commosso.

“Noi con Natuzza”, panoramica della Sala dove si è tenuto il dibattito

Quel giorno, dopo aver partecipato a questo incontro io poi sono immediatamente ripartito per Roma e durante il viaggio di rientro a casa, in treno, ho riascoltato con calma e più volte gli interventi della mattina. Oggi vi dico che farebbe bene la Pro Loco di Soverato a trascrivere le cose dette nel corso di questo incontro, e farne un opuscolo stampato, perché credo siano la testimonianza forse più forte che io abbia mai ascoltato sul “Caso-Evolo”. Partiamo intanto oggi dai primi due interventi della mattinata del 12 novembre, quello del Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea mons. Attilio Nostro e dell’Arcivescovo di Catanzaro mons. Claudio Maniago, che hanno dato di Natuzza Evolo l’immagine bella ed esaltante di una donna povera al servizio dei poveri.

-Mons. Attilio Nostro, Arcivescovo di Mileto-Nicotera-Tropea

Il Vescovo di Miletto-Nicotera-Tropea Mons. Attilio Nostro con Papa Francesco

Quando io ho incontrato per la prima volta Natuzza, era il 1993, ero sacerdote da poche settimane e sono stato costretto ad accompagnare mia zia Bice, che è come la mia seconda mamma, è la sorella di mia madre, perché mi ha detto, “portami da Natuzza, perché poi vado in Australia e non avrò più la possibilità di vederla”. E allora, ricordo, mi sono messo seduto, e Natuzza anziché parlare con mia zia Bice si è messa a parlare con me, e mi sono sentito assalito da quella stessa paura di cui ha parlato Pino Nano. Perché? Perché qualche tempo prima mi era stata detta qualcosa che non volevo assolutamente che accadesse, e che invece poi mi è accaduta. Cioè, sono diventato un Vescovo, e Natuzza ha avuto il buon gusto di non dirmi niente. Perché? Perché sapeva già che io non volevo saperla questa notizia. E Natuzza su questo è stata molto, molto discreta.

 Natuzza mi ha detto soltanto “io so che tu vuoi che io stia zitta”. E ricordo che mentre parlava con me, guardava accanto a me. In realtà lei parlava con qualcuno altro, che io non vedevo, ma che lei vedeva. “Ma c’è una cosa che devo dirti”, e quella cosa me l’ha detta. Ma questo rimane un segreto tra me e lei. Poi mi sono alzato e me ne sono andato, anche un pò indispettito. Poteva stare zitta, insomma, e lei invece ha parlato.

C’è stata invece una chiacchierata bellissima tra lei e mia zia. Mia zia Bice tutto questo me lo ha detto quattro giorni prima di morire, perché io sono andato a trovarla in Australia, lei era molto molto malata, e ricordo che mi ha detto “Natuzza mi ha chiesto di pregare per te, e per il resto della tua vita. Mi ha detto di assumere questo ruolo, questo ministero”, cosa che io ho fatto, e mia zia mi diceva questo appunto quattro giorni prima di morire.

Io l’ho lasciata il 6 agosto a Melbourne, e mentre ritornavamo, tra una pausa e l’altra del volo, mi è arrivata la notizia che era entrata in coma, e poi, dopo poche ore, è morta. Ma il pensiero che Natuzza abbia il potere di trasformare tutte le persone che incontra in una fucina di preghiere, in un vero e proprio cenacolo di preghiera, mi ha colpito talmente tanto che poi ho capito dopo, quando il Nunzio mi ha chiamato e mi ha detto “Lei non fa più parte del clero di Roma”. Mi ha preso un colpo. Trentasei anni a Roma! Ho detto, “Perché, che ho fatto?”. “Lei è il nuovo vescovo, se accetterà, della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea”.

Natuzza! ho pensato subito a lei, a Natuzza.

Ho pensato a mio padre, che era morto da tempo, e al legame profondo che aveva mio padre per Natuzza. Una devozione fortissima. E per me è stato quasi impossibile celebrare la mia prima messa da vescovo, perché sull’altare c’era il calice di mio padre. Il calice che mio padre, da bravo apprendista falegname aveva regalato proprio a Natuzza, e quel giorno mi hanno fatto celebrare con quello stesso calice. Per cui, tutto sommato, il fatto di sentire che il Signore ogni passo che fai ti benedice, ogni parola che dici ti benedice, ogni passo che fai anche nelle tenebre, contro le tenebre, contro le nostre difficoltà, è sempre con te, è più che altro un’esperienza, più che una confessione di fede.

Questo serve a capire una cosa apparentemente banale, ma è per questo che tante volte nella nostra vita servono le difficoltà. Servono a farci superare noi stessi. E quando noi abbiamo superato queste difficoltà, ci rendiamo conto che non eravamo soli. Perché da soli non ce l’avremmo mai fatta. E la cosa bella è che possiamo vedere come il Signore riesce a trasformare il male in bene.

Io ho ereditato questa diocesi e la stessa Fondazione in una condizione molto complessa. Mons. Oliva mi ha dato una mano, ma poi, a un certo punto, sono rimasto solo a decidere, in una situazione così difficile, cosa fare. E allora abbiamo deciso.

Inauguriamo immediatamente questa chiesa! Consacriamo questo altare! E quanto prima facciamola diventare Santuario. E la cosa è venuta fuori naturale, bella, spontanea.

Anche quando ho condiviso questa cosa, questa intenzione con il Santo Padre lui non mi ha risposto. Mi ha detto, “Il Vescovo sei tu”. Ma dal sorriso che mi ha fatto, ho capito di quanto lui fosse molto contento di questa realtà, e di questo cambio di passo micidiale che c’è stato nella Diocesi, ma anche nel rapporto con lui.

Concludo dicendo che io sono grato nel cuore, perché questo è un dono che io non ho assolutamente meritato, si parlava prima giustamente di meriti. Questo è un dono.

È stato un dono il mio primo incontro con Natuzza.

E’ stato un dono l’aver condiviso con lei quei pochi momenti, ma soprattutto quando lei ha trasformato mia zia nel mio angelo protettore.

Ringrazio il fatto di aver conosciuto delle persone splendide come don Michele e don Pasquale che hanno portato avanti questa nostra impresa. Anche Don Pasquale è stata una persona che all’inizio ha dubitato di Natuzza. Se ne è tenuto a distanza. Ha avuto enormi dubbi su di lei e sul suo rapporto con gli altri, ma il fatto di essere accompagnato in questi anni anche dall’esperienza e dall’equilibrio di due persone che hanno saputo soffrire, e che hanno saputo trasformare questa sofferenza in una gioia ancora più esplosiva, ancora più dirompente, mi fa ben pensare nel futuro.

Non solo di Natuzza, c’è bisogno. C’è bisogno della sua testimonianza, del suo esempio, ma di tante altre persone che, come ha fatto mia zia, si trasformano in una fucina e continua di preghiera.

La Calabria, soltanto così, attraverso persone che sanno piegare il cielo e farlo scendere su questa terra, così martoriata, soltanto così potremo compiere veramente degli altri miracoli.

 Miracoli che sanno di casa, che sanno di famiglia, che sanno di figli, di procreazione, di generatività, che sanno di responsabilità, che sanno di legalità. E allora il sangue, questo è il mio desiderio, il sangue della gente comune, di noi gente comune, si unisca al sangue di Cristo, come diceva monsignor Maniago. Si unisca al sangue dei tanti martiri.

 In questi giorni abbiamo dedicato il giardino della diocesi al beato giudice Rosario Livatino. Anche il suo sangue urla, urla la sua sete di giustizia, la sua sete di santità, ed è un ponte bellissimo. Quindi concludo dicendo una cosa.

 La vita, la storia, le testimonianze di Natuzza, tutto questo ci dice che Dio ama tutti indipendentemente, a prescindere.

 Non è importante che siamo persone laureate. E’ importante invece che siamo persone. E ciò che è davvero importante è vedere quale è il vero miracolo di Natuzza.

 Noi che stiamo ascoltando decine e decine di persone per la causa di beatificazione lo possiamo ben dire, il vero miracolo di Natuzza è l’ascolto.

 Chiunque si sedesse davanti a lei, a cominciare da me, si sentiva a casa. E questo è il dono che ti fa sentire il cuore di Dio. Il fatto che questo santuario sia dedicato al cuore di Maria, rifugio delle anime, dice qualcosa non solo su Maria, non solo su Natuzza, ma anche e soprattutto sul cuore di Dio. Questa è una casa dove tutti noi possiamo trovare rifugio. È una casa dove c’è posto per tutti. Se non fosse così, “te l’avrei detto”, dice Gesù, “nella casa del Padre mio, nel cuore del Padre mio, ci sono molti posti, e li possiamo davvero entrare in tutti”.

 Allora, il mio desiderio non è solo che voi veniate al Santuario dedicato al Cuore Immacolato di Maria, Rifugio delle Anime, per visitare la tomba di Natuzza. Ma che voi possiate entrare nel cuore di Dio.

 Questo è ciò che San Francesco faceva ogni notte quando era possibile. Si infilava in un’apertura nella roccia per andare a dormire. Così gli sembrava di poter entrare finalmente nel cuore di Cristo. E lì dormiva, anche se in un luogo umido, bagnato, malsano, o con qualche situazione non facile. San Francesco entrava lì dentro perché questo era il cuore di Dio.

 Oggi, allora, il mio augurio è che voi possiate fare un’esperienza -come quella che sto facendo io in questi anni-meravigliosamente bella

 Entrare nel cuore di Dio e viverci dentro. Viverci dentro.

(testo trascritto integralmente da Pino Nano)

-Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo di Catanzaro.

Mons. Claudio Maniago Arcivescovo di Catanzaro

Natuzza Evolo io non l’ho mai conosciuta. Ne ho sentito parlare, come se ne può sentire parlare stando lontani, quando leggendo o ascoltando, certamente, o vedendo, servizi televisivi a lei dedicati, oppure leggendo anche qualche libro, perchè no? che è stato scritto sulla sua persona, sulla sua vicenda.

 Devo dire che ho” incontrato” meglio questa persona arrivando in Calabria.

 E’ ovvio, che non puoi abitare e vivere in questa terra senza fare i conti con lei.

 E allora, anche guardando il documentario di Pino Nano, mi ha fatto piacere che sia stato lui per primo a riconoscere che al di là dei fenomeni straordinari raccontati per immagini forse ci sono altre cose, tra virgolette, molto più importanti da raccontare su Natuzza Evolo.

 E la cosa più importante, ed è quella che io mi sento di dire per questa conoscenza molto recente che ho fatto di questa donna, sono le parole di Natuzza, sentite poco fa, la grande elaborazione delle sue espressioni, le usava su sé stessa.

 L’espressione che ci riporta sempre nella sua vera dimensione, è quando lei dice “Io sono una povera donna, una povera donna, una povera donna. Credo che questa sia la sua grandezza.

 Natuzza era una “povera donna”. Dove “povera donna” mi fa pensare al Vangelo di cui abbiamo parlato più di recente, quella donna che aveva, forse, solo due pagliuzze, umanamente parlando. Il suo grande amore per il Signore, non c’è dubbio, e la sua immensa generosità, che si traduceva nell’attenzione verso le persone, nel condividere la passione, passione nel senso di quei sentieri di dolore che a volte segnano la vita delle persone.

 Natuzza non è mai stata una superdonna. Non ha mai mostrato le sue proprietà straordinarie. Non si è messa su un piedistallo. Ma ha sempre ripetuto “Sono una povera donna”, anche un “verme”, “un verme di terra”. E che vuol dire “essere vicino alla terra”. Più in basso di così, non si può. Eppure, Natuzza è uno strumento. Lo dice lei, “Sono diventata uno strumento del Signore”. E questo è ciò che più mi colpisce, l’idea di come una povera donna sia diventata uno strumento nelle mani del Signore per aiutare i poveri. I poveri che siamo noi, i poveri di speranza, i poveri di salute, i poveri del corpo e dello spirito, i poveri del Signore. Poveri perché privati della vita. Poveri perché abbandonati. Poveri perché emarginati.

 Ecco, Natuzza era una “povera donna” per i poveri. È lei per prima che lo dice chiaramente, “Io non faccio cose, ma la Madonna fa miracoli, e il Signore attraverso di lei”. Perché poi i semi che lei ha portato sul suo corpo sono i semi del Signore.

 Le sue parole e i segni che portava sul suo corpo più che essere un’esaltazione di una donna, sono i segni del Signore. E sono un rimprovero per noi, per tutti noi, che seguiamo la Passione di Gesù.

 Ci ricordano semmai l’amore che salva, che è quello del Signore, e di cui lei era la prima destinataria, e la prima a condividere, direi le finalità e la forza, tanto da sentirle vivere impresse nella sua carne. 

 Segni che non esaltavano la sua umanità.

 Ma il Signore si serviva di lei per continuare ad annunciare come la passione del Signore sia la nostra salvezza. E come attraverso il sangue, non il sangue di Natuzza, ma il sangue di Gesù, lei ha davvero aperto l’orizzonte di una vita nuova. E quindi anche tutti gli altri fenomeni, straordinari, umanamente parlando, non c’è dubbio, non hanno un valore in sé, ma sono un valore importante perché richiamano un segno di una presenza.

 Pensate alla bilocazione. Si potrebbe dire di lei “una donna che era dappertutto nello stesso momento”, ma non era forse di nuovo la sua povertà l’annuncio di un Dio che è sempre con noi, dappertutto, che non ci abbandona mai, che è sempre alla porta di casa, e bussa, e ci bacia, un Dio che ci porta sempre la sua parola, che è consolazione, un Dio che ci aiuta sempre a superare e vivere anche momenti drammatici, preparandoci forse anche ad eventi importanti. Non è la presenza del Signore che garantisce tutto questo per noi ed è la nostra speranza?

 Ecco Natuzza! Una povera per i poveri. Uno strumento nelle mani del Signore. Lei, lo abbiamo sentito, avrebbe voluto sparire, perché rimanesse quello che è la verità di chi è testimone. Che il Signore ci ama davvero con un amore infinito e grande, che scaturisce prima di tutto da quel sangue versato per noi, e che continua ad aprirci una strada di vita, sempre e comunque.

 (testo trascritto integralmente da Pino Nano)

 

La prima uscita pubblica del Cardinale Mimmo Battaglia

                  di Pietro Melia*

Come nasce “Noi con Natuzza” del 12 novembre? Se lo sono chiesti in tanti. Eravamo in maggio e col Direttivo della mia Pro Loco conveniamo di mettere in piedi una iniziativa pubblica sull’amatissima Mistica di Paravati perché tra i “contatti” del Presidente Chiaravalloti c’è anche il prof. Ciro Di Nunzio, già docente all’Università Magna Grecia di Catanzaro, che per primo esaminò le tracce ematiche riscontrate sul viso e sul corpo di Natuzza, disponibilissimo a “relazionare” a Soverato. Si concorda, con lui, la data del 17 giugno. C’è però un ma…Chi affiancargli per “allargare” il dibattito su un tema di altissimo spessore morale e religioso? Penso a don Mimmo Battaglia, il “prete di strada” elevato da Papa Francesco al rango di Vescovo di Napoli. Lo raggiungo al telefono, forte del mio antico e consolidato rapporto di amicizia personale. Non mi dice di no, anzi si mostra entusiasta, anche lui è un “devoto” di Natuzza Evolo, e gli farebbe piacere aderire alla nostra manifestazione. Purtroppo, però la sua “agenda” è zeppa di impegni. “Scegli tu la data”, lo rassicuro, “noi restiamo in attesa della tua disponibilità”. L’attesa non sarà lunga, e quando mi richiama don Mimmo mi fissa il suo “ritorno a casa” (Satriano-Soverato) per il 12 novembre: “E’ l’unico giorno libero”, e noi tiriamo un sospiro di sollievo. Ma con una “raccomandazione”: “avverti anche il mio Vescovo, non vorrei scavalcarlo…”. Tranquillo, anche Monsignor Claudio Maniago sarà della “partita” e, visto che ci siamo, a lui affiancheremo anche il neo Vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera e Tropea Attilio Nostro, dalla cui “testimonianza” verranno fuori particolari interessantissimi: si può anticipare che fu proprio Mamma Natuzza a ipotizzarne il suo futuro di “uomo di chiesa”…Per il collega Pino Nano, e il suo preziosissimo lavoro su Natuzza Evolo (fin dagli albori, è sua l’unica intervista che ha fatto il giro del mondo…), non vi è stato alcun problema, ha detto subito di si a prescindere e, sia pure con grandi sacrifici, ha mantenuto la promessa iniziale: “Ci sarò comunque”…Per la “conduzione” potevamo scegliere giornalista migliore di Domenico Gareri, che conosce questo mondo alla perfezione, è stato un “direttore d’orchestra” delizioso, competente e sensibile…

Potrei chiudere qui? Certamente no, perché due “chicche” hanno arricchito e dato maggiore eco e visibilità (anche mediatica) alla nostra giornata: innanzitutto la nomina, proprio alla vigilia del 12 novembre, di don Mimmo Battaglia, che ha così potuto abbracciare, per la prima volta e in esclusiva, il suo “popolo” nella sua nuova Veste, e poi l’aneddoto “svelato” a tavola dal prof. Di Nunzio col concorso della sua gentile Signora: il 17 giugno fu ricoverato d’urgenza in ospedale a Napoli e sottoposto ad un delicatissimo intervento al cuore (superato brillantemente) …Al capezzale la moglie lo tranquillizza…Ricordi, proprio oggi dovevamo essere a Soverato a parlare di Natuzza, e oggi Natuzza è invece con noi… Don Mimmo Cardinale e Di Nunzio scampato alla morte: coincidenze o altri…due “miracoli” di Natuzza?

*Giornalista – Presidente Onorario Pro Loco Soverato

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