Paolo Palma Presidente di ICSAIC

L’on.Paolo Palma oggi Presidente di ICSAIC

Alla guida di ICSAIC l’allievo di Renzo De Felice e Rosario Romeo

di Pino Nano

40 anni meravigliosamente ben portati. Più precisamente 42. Tanti ne compie quest’anno l’Istituto Calabrese per la storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, il cui Presidente è oggi Paolo Palma, giornalista e notista politico di grande tradizione, nato a Cosenza 73 anni fa, politico più che per mestiere per pura passione direi, storico e appassionato di ricerca storica per merito soprattutto dei suoi maestri all’Università La Sapienza di Roma, il prof. Renzo De Felice e Rosario Romeo. Ho detto tutto.

Come giornalista, Paolo Palma ha avuto il privilegio per lunghi anni di lavorare nei palazzi del potere, a diretto contatto con i grandi problemi del Paese, e questo ha fatto di lui un professionista perfettamente consapevole dello stato di salute del Sud del Paese, e del peso reale che la politica può svolgere al servizio delle aree più emarginate della Repubblica. Questo lo ha spinto, in una certa stagione della sua vita, a candidarsi anche alla Camera dei Deputati per poter rendere un servizio ulteriore alla sua terra natale e alla sua gente. Basta parlargli per un attimo e cogli immediatamente il senso e lo spirito di servizio che promana dalle cose che dice.

L’unica accusa che credo gli si possa fare senza temere di essere smentiti da nessuno è questo suo attaccamento viscerale alla sua Cosenza, la sua città natale, e a cui Paolo Palma ha dedicato nei fatti tutta la sua vita.

La sua qualità migliore credo sia la modestia e il senso del rispetto verso gli altri. Paolo Palma è davvero un signore d’altri tempi, sembra quasi incapace di far male a qualcuno, e oggi sono andato a cercarlo proprio per farmi raccontare e spiegare da lui come fa un Istituto di Ricerca come quello che lui dirige ad essere così conosciuto e così ammirato nei salotti culturali e accademici che oggi in Italia più contano.

Prima di lui alla guida dell’ICSAIC c’era stato un giornalista -che io ammiro molto per la verità e a cui sono molto legato- Pantaleone Sergi, giornalista e scrittore con un pessimo carattere ma di grande carisma, e come direttore c’è ancora uno storico illustre come lo è il professore Vittorio Cappelli, che all’Università della Calabria ha seguito e formato intere generazioni di studenti appassionati di storia.

Una eredità illustre, insomma, anche pesante sotto il profilo scientifico, ma che in tutti questi anni sotto il profilo culturale ha prodotto risultati davvero straordinari.

-On. Palma partiamo da lei. Che bilancio si sente di tracciare del suo impegno al vertice di Icsaic?

Un bilancio certamente positivo perché in questi sette anni della mia presidenza abbiamo realizzato tanto nella ricerca, nella divulgazione e nella didattica della storia nelle scuole di tutta la regione.

-Problemi, difficoltà, intoppi?

Devo dire che non è stato difficile, perché ho trovato un istituto bene organizzato da chi mi ha preceduto, il collega e amico Pantaleone Sergi, e il direttore scientifico, Vittorio Cappelli, che continua a svolgere lo stesso ruolo e dirige anche la Rivista calabrese di storia del ‘900, che abbiamo rilanciato. E posso contare sul sostegno di due ottimi vicepresidenti come Franco Spingola e Katia Massara, docente Unical subentrata all’indimenticabile Enrico Esposito, sui consigli del presidente onorario Giuseppe Masi, uno dei fondatori dell’Icsaic oltre 40 anni fa, su un tesoriere di prim’ordine come Letterio Licordari, che mi consente di dormire sonni tranquilli, e su un Direttivo ringiovanito e motivato.

-Che anno è stato questo per lei e per il suo istituto?

Intenso, su vari fronti. È appena uscito il volume Il Partito d’azione nell’Italia liberata. Dal Congresso di Cosenza allo scioglimento (1944-1947), da me curato insieme a Lorenzo Coscarella, che raccoglie le relazioni al convegno Icsaic svoltosi alla fine del ’24 in Unical, tra le quali quelle di intellettuali illustri come Luciano Canfora, Giovanni De Luna, Santi Fedele. A fine ottobre abbiamo svolto a Reggio Calabria un importante convegno sulla figura del cardinale Gennaro Portanova, arcivescovo di quella diocesi tra fine ‘800 e primi ‘900, grazie all’iniziativa del socio Giuseppe Palmisciano e dei soci reggini Alfredo Focà e Antonino Romeo. E a fine novembre s’è tenuto a Cosenza, a Villa Rendano, un convegno nazionale importante sul neoborbonismo, che abbiamo intitolato Unità d’Italia, Questione meridionale e mitologie neoborboniche, anche in questo caso con il contributo di storici illustri, specialisti della materia, quali Guido Pescosolido, Pino Ippolito Armino, Andrea Mammone e la nostra socia Marta Petrusewicz.

-Un tema questo ultimo non ricorrente, non crede?

Tenevo molto a questa iniziativa, perché ritengo, anzi, riteniamo che il fenomeno neoborbonico, molto diffuso nella rete, vada contrastato sul piano culturale poiché fondato su una controstoria scientificamente scadente, sull’assurda demonizzazione del Risorgimento e sull’incredibile idealizzazione di una monarchia reazionaria quale fu nell’800 quella borbonica nel Regno delle Due Sicilie. Tutto ciò non fa bene non soltanto alla cultura, ma alla coesione nazionale e danneggia, a mio avviso, la formazione delle nuove generazioni.

-Quanto la sua vecchia attività di politico conta in questo suo nuovo ruolo?

Qualcosa conta, nel senso di una riconoscibilità che qualche volta si rivela utile per realizzare alcune iniziative. Detto questo la politica è la politica, la storia è la storia; l’una è a volte anche faziosità, ed entro certi limiti ci può stare, l’altra non è storia se nella ricerca penetra il virus della faziosità, come nel caso dei neoborbonici di cui sopra.

-Davvero lei crede nella oggettività della storia?

Lo storico ha certo le sue idee politiche, la sua formazione culturale, l’oggettività è pertanto un inutile e fuorviante mito, poiché esiste il punto di vista dello storico che sceglie i fatti da narrare e con essi interagisce. Lo storico non è come lo scienziato davanti a un microscopio. Ma la serenità di giudizio non può mai mancare; e soprattutto non possono mai mancare l’onestà intellettuale e la consapevolezza della complessità della storia, i cui eventi non si possono tagliare a colpi di accetta. 

-Posso chiederle anche: quanto il mondo della politica militante le manca? E cosa le manca di più di quella stagione?

Non mi manca certo il logorio della politica, in una regione assai logorante, relativo ai rapporti con il ceto politico. Con le dovute eccezioni, naturalmente, che sono poche ma buone. Mi manca però il contatto con la gente, con il popolo, che nel mio caso fu intenso e umanamente ricco quale rappresentante di un collegio, Cosenza-Savuto-Serre cosentine, ovvero la mia città e poco più di venti paesi cui sono rimasto legato. A Rogliano, a Malito, a Mangone, a Dipignano, per citare i paesi che frequento ancora di più, mi sento a casa, come a Cosenza, e tutto questo è per me ancora molto gratificante.

-Lei viene da una importantissima esperienza maturata nel mondo del giornalismo. Se potesse tornare indietro rifarebbe la scelta che ha fatto di lasciare il giornalismo per la politica?

Qui il discorso si complica un po’. Devo raccontarle qualcosa della mia scelta professionale, che fu un ripiego, anche se poi ho amato il giornalismo e penso di essermela cavata abbastanza bene. Il mio orizzonte, dopo la laurea, era la ricerca storica. Avrei dovuto fare l’assistente di Storia del Risorgimento con il prof. Antonio Guarasci che mi aveva detto: laureati e vieni da me all’Unical, dove si era appena trasferito dall’Università di Lecce, se non ricordo male. Con Guarasci avevo aperto un dialogo, andavo a trovarlo nella casa di via Idria, a Cosenza, e parlavamo di storia. Mi fece conoscere i grandi storici francesi delle Annales. La sua morte prematura a Polla, dopo un incidente in autostrada, il 2 ottobre 1974, mi costrinse a cambiare i programmi. Grazie a Giacomo Mancini, che conoscevo da bambino, il direttore Piero Ardenti mi fece entrare al Giornale di Calabria, prima come collaboratore della redazione di Cosenza, poi come redattore nella sede centrale di Piano Lago. Comunque, per tornare alla sua domanda, in realtà non ho mai lasciato né il giornalismo né la politica. Li ho soltanto declinati in modo diverso.

-Quale è il suo ricordo più bello legato alla sua passione per il giornalismo?

Ho fatto il giornalista a tempo pieno in quattro testate, Il Giornale di Calabria, la Gazzetta del Popolo, a Torino, Il Globo, a Roma, che durò pochi mesi, e infine l’AGI, Agenzia Giornalistica Italia, come inviato speciale della redazione politico-parlamentare. In questa veste seguii, con altri giornalisti, il viaggio in Cile di Forlani e De Mita, rispettivamente segretario della Democrazia Cristiana e presidente del Consiglio nazionale di quel partito, a sostegno della candidatura del democristiano Patricio Aylwin alla presidenza della Repubblica nelle prime elezioni dopo la dittatura di Pinochet, nel 1989.

Deve essere stata una occasione molto speciale per un cronista politico ancora giovane?

Sì, è un ricordo speciale. Incontrammo Aylwin, naturalmente, ma anche il figlio di Eduardo Frei, il precedente leader della DC cilena. Vedemmo da vicino la transizione alla democrazia; partecipammo al comizio di chiusura al parco O’ Higgins, un’area immensa in cui convennero centinaia di migliaia di cileni. Fui anche testimone discreto del sostegno concreto che la Democrazia Cristiana italiana portò al partito fratello, che immagino fosse in difficoltà economiche dopo la dittatura. Fu un’esperienza professionale importante ed entusiasmante.

Ma lo sa che al Ministero dell’Interno ancora parlano di lei e del suo ruolo di responsabile della comunicazione?

Anche quella è stata una parentesi importante della mia vita, l’aver diretto per due anni l’ufficio stampa del Ministero dell’Interno.

Chie era il ministro del tempo?

Al Viminale c’era Nicola Mancino, che fu un ottimo ministro.

Se non ricordo male furono anni difficili per la vita e la storia del Paese?

Basti pensare ai risultati che lo Stato ebbe in quel periodo sul fronte della lotta alla mafia con la cattura dei grandi latitanti, a cominciare da Giuseppe Madonia, il primo boss arrestato dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, e poi Totò Riina il 15 gennaio del 1993 e Nitto Santapaola ad agosto di quello stesso anno. E poi, sempre sul fronte dell’antimafia, lo scioglimento di decine di Comuni inquinati dalle cosche, come mai prima d’allora. Un giorno Mancino in proposito mi disse, lungimirante come sempre: “Io scuoto l’albero, ma non saremo noi a raccoglierne i frutti”. E infatti di lì a poco vinse Berlusconi.  

-E l’incontro o l’occasione più importante che ricorda da parlamentare?

Furono essenzialmente cinque anni di intenso lavoro parlamentare, mi è difficile stilare una graduatoria di occasioni e incontri. Ricordo in particolare, con una certa soddisfazione, di aver portato a compimento quale relatore di maggioranza le riforme dell’Arma dei Carabinieri e della carriera prefettizia, ma anche la dura battaglia, non coronata però da successo, per l’approvazione di una proposta di legge contro la discriminazione dell’orientamento sessuale, di cui ero stato nominato relatore dal presidente della I Commissione, Antonio Maccanico.

Perché mi dice non coronata da nessun successo?

Era una proposta di civiltà che però mi fece piovere addosso critiche, anche aspre, all’interno del mondo cattolico, che era poi il mio mondo. Conservo ancora le lettere anonime che mi giunsero con accuse balorde di voler distruggere la famiglia e altre amenità di questo genere.

Mi regala un altro ricordo ancora?

Tra i momenti più importanti, ma anche tristissimo della mia vita parlamentare, ricordo la notte del 15 dicembre del 1999, quando durante le votazioni della finanziaria si accasciò in aula, a pochi metri da me, Nino Andreatta. La mancanza del defibrillatore nell’infermeria della Camera, l’accorrere con tanti colleghi al vicino ospedale San Giacomo, dove fu ricoverato d’urgenza. Per lui era l’inizio del lungo sonno che si sarebbe concluso con la morte sette anni dopo, il 26 marzo del 2007. Penso spesso ad Andreatta, alle emozioni di quella notte, all’incredibile destino di quella meravigliosa intelligenza oltraggiata così a lungo dalla malattia.

-Quali sono i nuovi progetti dell’Istituto, insomma cosa bolle in pentola per il futuro?

Le prime cose che bollono in pentola, ma ci vorranno alcuni mesi per completare la cottura, sono la pubblicazione del volume sul neoborbonismo e di una ricerca di Pantaleone Sergi sulla stampa italiana in Libia tra la fine dell’Ottocento e i primi anni ’20 del Novecento. A breve discuteremo nel Direttivo su altre iniziative. La nostra finalità principale resta la divulgazione della cultura storica in funzione democratica e per questo abbiamo istituito una Commissione didattica, coordinata da Giuseppe Ferraro, che ha ramificazioni in tutta la regione. Siamo infatti convinti che la progressiva perdita della memoria storica e della profondità temporale, il cosiddetto presentismo, siano funzionali all’imbecillimento dell’opinione pubblica perseguito da chi non vuole che i giovani siano formati e orientati dallo spirito critico tipico della cultura storica.

-Da storico e da presidente di Icsaic ha tutte le carte in regola per dirmelo: il giornalismo così come è cambiato nel giro di questi 20 anni le piace ancora?

Eccome se è cambiato! Ho cominciato a fare il giornalista al Giornale di Calabria, c’erano le linotypes in tipografia, facevamo il bozzone con l’inchiostro sul piombo, stampavamo il giornale con la rotativa che Hitler aveva regalato a Mussolini, in redazione le notizie delle agenzie di stampa arrivavano tramite telescrivente e gli inviati dettavano il loro pezzo al dimafonista. Linotype, telescrivente, dimafonista, parole sempre meno conosciute. La rivoluzione tecnologica è stata enorme e oggi si parla di democrazia digitale, i giornalisti cioè non sono più i soli custodi e detentori della notizia. Quanto al piacermi, che dire? È un altro discorso e il mio giudizio non è positivo. Vedo un progressivo impoverimento culturale della categoria in generale, e un sempre maggiore controllo su di essa da parte dei potentati economici. Certe interviste addomesticate di giornalisti ritenuti autorevoli, o addirittura “grandi”, danno un profondo senso di pena. Dilaga ormai il giornalismo sottopagato, e anche questo ha a che fare con il controllo. Si punta generalmente ad avere una vasta manovalanza obbediente e pochi “grandi” manovrabili.

-Se le chiedessero di dirigere un giornale come racconterebbe la Calabria?

Con amore e rigore.

-Se le chiedessi di ricordare i suoi maestri, quali nomi mi farebbe?

Con questa domanda rischiamo di far notte. Ho avuto maestri nel giornalismo, nella storia, nella politica. Ma il primo maestro è stato un quasi coetaneo, che aveva soltanto tre anni più di me. Si chiamava Cesare Roberti, è stato poi un magistrato e ci ha lasciati sei anni fa. Io, non ancora quindicenne, ero il più giovane redattore di “Diapason”, il nostro giornale studentesco del Liceo Telesio, e Cesare mi fece appassionare allo studio e alla lettura. Mi faceva leggere le riviste cattoliche di sinistra alle quali era abbonato, finanche Esprit e Témoignage chrétien, e mi insegnò a fare le recensioni. Poi, quando ho cominciato a fare il giornalista per professione ho avuto diversi maestri che mi hanno dato le basi.

Proviamo a fare qualche nome?

Ci provo, certo. Al Giornale di Calabria i primi rudimenti da cronista li ho avuti da Luigi Piccitto, il capo della redazione cosentina, poi a Piano Lago ho trovato Michelangelo Napolitano, indimenticabile collega per cultura e umanità, Pantaleone Sergi e Santino Trimboli, che mi formò come giornalista sportivo. Ma non posso dimenticare, oltre al direttore Ardenti, che era una grande “penna”, i tre redattori capo con cui ho lavorato, tutti importantissimi per la mia formazione: Lorenzo Salvini, Francesco Faranda e Paolo Guzzanti.

Che giornalisti erano?

I primi due erano formidabili “uomini-macchina”. Il terzo, Paolo Guzzanti, fantasioso e bizzarro, del quale ricordo con gratitudine un episodio molto formativo per me. Mi incaricò di scrivere un pezzo sulla “Rivoluzione dei garofani” in Portogallo, utilizzando i lanci delle agenzie.

Come andò a finire?

Gli portai il mio pezzo per il controllo, lui lo lesse, lo appallottolò e lo buttò nel cestino.

Lei come la prese?

Ci rimasi un po’ male, naturalmente.

Non chiese spiegazioni?

Fu lui subito a spiegarmi come avrei dovuto correggerlo.

E come andò con il secondo pezzo?

Per la seconda volta lo appallottolò di nuovo dandomi nuove indicazioni, ma alla terza lettura mi urlò finalmente compiaciuto un “bravo!” che spazzò via la mia preoccupazione di non essere capace, e mi fece capire naturalmente che la sua ruvidezza era stata utile.

Proviamo a ricordare qualcun altro?

Anche a Torino, alla Gazzetta del Popolo, ho avuto altri due grandi maestri, il direttore Alberto Torre e il suo vice, Claudio Donat-Cattin. E in AGI, infine, Vittorio Orefice, il maestro del giornalismo parlamentare, che credette in me e fece di tutto per farmi assumere dopo la breve esperienza al Globo, un quotidiano che chiuse pochi mesi dopo l’uscita.

-Torniamo alla sua passione per la storia, ebbe anche qui dei punti di riferimento importanti?

Per la storia le ho già detto di Guarasci, che fu il mio primo importante interlocutore. Poi all’università, era la facoltà di Lettere e Filosofia de La Sapienza, Rosario Romeo e Renzo De Felice, due giganti della storiografia. Con Rosario Romeo discussi la tesi di laurea sulla politica dell’ordine pubblico agli albori dell’età giolittiana e forse da allora ho sempre avuto interesse per i problemi dell’ordine pubblico e della sicurezza, che ho sempre cercato di affrontare, anche in politica, con l’obiettivo di non lasciarli nelle mani della destra.

Che rapporto aveva con il suo professore?

Con Romeo mi sentivo in soggezione. Una volta, nel suo studio dove mi trovavo con lui per discutere della tesi, dissi una frase con il “se” seguito dal condizionale in una interrogativa indiretta, ma subito dopo mi impappinai e corressi con il congiuntivo. Lui mi disse: “E allora? Condizionale o congiuntivo?”. Tornai sul condizionale precisando che si trattava di una interrogativa indiretta e Romeo commentò scherzoso: “Lei è meridionale come me e conosce quindi l’italiano. Sono i longobardi come questo signore qui (e indicò il suo assistente Vittorio Vidotto) che non lo conoscono”.

E Renzo De Felice come arriva nella sua vita?

Furono i miei interessi sulla storia dell’epoca fascista che mi portarono molti anni dopo la laurea, a prendere contatto con De Felice, con cui io avevo già sostenuto tre esami di Storia dei partiti politici all’università. E De Felice fu per me il maestro che tutti vorrebbero avere, non fosse altro che per la generosità, che profuse anche quando era gravemente malato, ma io non lo sapevo, e rispondeva al telefono con voce sofferente. Ho ancora scrupolo per questo.

Fu la stessa cosa anche per la politica?

I miei maestri politici, guardi le parlo qui di persone che mi hanno fatto crescere anche se non sempre le nostre idee combaciavano. Senza dubbio Nicola Mancino e Gerardo Bianco, con i quali ho collaborato, rispettivamente, al Viminale e nel Partito Popolare, ma vorrei aggiungere anche due maestri “indiretti”: Ciriaco De Mita di cui, per motivi professionali, ho resocontato decine di discorsi, e Randolfo Pacciardi, un personaggio straordinario che ho frequentato assiduamente negli ultimi tre anni della sua vita in qualità di biografo. Le lunghe conversazioni con lui, quasi ogni sabato a casa sua, sono state una miniera di conoscenze storiche e politiche. Avevo davanti a me una stella di prima grandezza della politica italiana, nonostante certi errori commessi nella sua lunga vita. Era stato il vice di De Gasperi al governo, e si vedeva!  

-Come vede oggi il futuro di questa regione?

D’istinto direi: passiamo all’altra domanda. Ma non voglio disertare. Il bene c’è, ma fa fatica ad affermarsi.

In che senso?

Ci sono eccellenze in tanti campi, ma troppo spesso sono emarginate, ostacolate, anche oltraggiate. C’è tanta solidarietà, ma anche in Calabria le disuguaglianze sociali e la povertà sono strutturalmente in aumento. Dodici anni fa sono stato uno dei fondatori, a Cosenza, della Associazione Dossetti-Per una nuova etica pubblica, che presiedo, ma ancora per poco. Dossetti, un altro maestro che purtroppo non ho fatto in tempo a conoscere. Ecco: oggi come allora penso che alla base delle maggiori negatività ci sia una grave carenza di etica pubblica. Si sentono tante lamentele ma poi, al momento del voto, prevalgono, diciamo così, i furbi. C’è qualcosa che non torna, ma così affondiamo!

-Quale è l’ultimo libro che ha letto dall’inizio alla fine? E perché le è piaciuto?

Il fuoco che ti porti dentro, di Antonio Franchini, edito da Marsilio. L’ho letto nell’ambito della “cinquina” finalista del premio letterario Corrado Alvaro-Libero Bigiaretti, della cui giuria scientifica faccio parte fin dalla fondazione, nel 2015. Il premio si svolge a Vallerano, nella Tuscia viterbese, dove il calabrese Alvaro e il marchigiano Bigiaretti sono sepolti dopo aver abitato, in successione, la stessa casa di campagna. Franchini ha vinto l’undicesima edizione con questo bel romanzo, molto originale, perché la protagonista è sua madre, una donna impossibile, sempre sopra le righe, che l’autore descrive e racconta magistralmente.

-Trova mai il tempo per andare al cinema e se ci va cosa va a vedere?

Amo molto il cinema, soprattutto il grande cinema italiano, che mi capita spesso di usare come fonte storiografica. Vedo di tutto, ma soprattutto in televisione, come ormai fanno molti, con le conseguenze negative che conosciamo per le sale cinematografiche. Vedere un film in sala, però, è tutt’altra cosa, e appena posso lo faccio.

-A chi sente oggi di dover dire grazie per tutto quello che ha fatto?

Innanzitutto, ai miei genitori per i valori che mi hanno tramandato e che ho cercato sempre di affermare, anche se non sempre ci sono riuscito. E poi un elenco lungo che comprende naturalmente i maestri di cui ho parlato prima e tante altre persone di famiglia, amici, colleghi. Mi limito a ricordare il mio nonno materno, Vincenzo Stancati, che fu per molti anni il capo del servizio acquedotti del Comune di Cosenza. Era di Lago, ma mi ha trasmesso un grande amore per Cosenza. I suoi racconti erano entusiasmanti; attraversava i boschi della Sila a dorso di mulo, anche di notte, in caso di guasti alla rete idrica; nel 1913 si ammalò di tifo durante lo scavo per le fondamenta del ponte sul Crati detto dei Pignatari. E fu lui ad aggiungere alla famosa fontana di via Petrarca, per i cosentini identitaria, il tredicesimo canale, a getto continuo ma di sezione inferiore rispetto ai dodici canali originari, per non sprecare troppa acqua! Lo vada a vedere anche lei, se non lo ha fatto finora.

-Che cosa direbbe di sé dopo questo straordinario percorso?

Fatte le debite proporzioni, ho avuto come modello da seguire e realizzare due frasi storiche abbastanza simili, che fonderei così: “Ho combattuto la buona battaglia e ho conservato la fede” (San Paolo) avendo avuto “la fortuna di conservare gli ideali di gioventù” (Enrico Berlinguer).

Devo dire che mi piace molto tutto questo. Auguri allora…

Buon Natale a lei e alla sua famiglia

Paolo Palma primo a inistra nella foto con i suoi vecchi amici e compagni di lavoro al Giornale di Calabria

Una vita, la sua, dedicata alla storia

Paolo Palma con Dario Franceschini e Romano Prodi

73 anni a maggio, la vita di Paolo Palma è nei fatti un concentrato di relazioni e di ruoli che alla fine hanno fatto di lui uno storico meridionale a 360 gradi. La sua biografia ufficiale parla di un “ragazzo” nato e cresciuto a Cosenza formatosi nell’Azione cattolica e nei movimenti della sinistra cattolica a Cosenza. Allievo di Renzo De Felice e Rosario Romeo all’Università di Roma La Sapienza, dove si è laureato con il massimo dei voti e la lode discutendo una tesi sulla “Politica dell’ordine pubblico agli albori dell’età giolittiana”. Ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento della storia e della filosofia nei licei e ha iniziato l’attività giornalistica al Giornale di Calabria. Ha collaborato per lunghi anni al quotidiano della Democrazia Cristiana Il Popolo e al settimanale L’Europeo. È stato capo dell’ufficio stampa del Ministero dell’Interno con i ministri Nicola Mancino e Carlo Azeglio Ciampi dal 1992 al 1994. Nel 1996 è stato eletto alla Camera dei Deputati per la coalizione dell’Ulivo nel collegio uninominale di Cosenza con 31.902 voti (49,11%). Ha fatto parte delle commissioni Lavoro, Attività Produttive e Affari Costituzionali e della commissione bicamerale per l’attuazione della riforma amministrativa presieduta da Vincenzo Cerulli Irelli. È stato relatore della riforma delle carriere diplomatica e prefettizia e della riforma delle forze di polizia, nonché della prima proposta di legge in materia di discriminazione dell’orientamento sessuale. Coordinatore provinciale del Partito Popolare Italiano a Cosenza e responsabile nazionale istituzioni e sicurezza del Partito Popolare Italiano (2000-2001). Candidato dell’Ulivo alla Camera nel collegio di Cosenza, nel 2001, non è stato rieletto.

Paolo Palma,secondo a destra nella foto, ai tempi in cui era portavoce del Ministro dell’Interno Nicola Mancino, qui con il Capo della Polizia del tempo Parisi

Come storico si è occupato prevalentemente dell’antifascismo italiano, con particolare riferimento alla figura di Randolfo Pacciardi. È stato tra i promotori del convegno di studi “Randolfo Pacciardi dalla politica alla storia. Un primo bilancio critico” (Università di Roma La Sapienza, 24/25 febbraio 2016), organizzato dall’Associazione ex Parlamentari della Repubblica e dalla sezione romana della Associazione Mazziniana Italiana, di cui è socio. In questa sede ha svolto la relazione: “Dai campi di battaglia della I Guerra Mondiale alla lotta antifascista. L’Italia Libera e la Centrale di Lugano”. Nel 2018 ha partecipato alla stesura del volume collettaneo (ristampa anastatica) Eccellenza distruggete Diapason! Un giornale studentesco nella stagione ribelle, firmando il saggio storico introduttivo Un giornale studentesco cattolico tra post-Concilio e ’68. Quale presidente dell’ICSAIC ha promosso il convegno nazionale di studi storici Alla scuola di don Sturzo: il popolarismo nel Mezzogiorno. A cento anni dall’Appello ai Liberi e Forti, svoltosi all’Università della Calabria il 13 novembre 2019; il 24 e 25 novembre 2021, in Unical-Biblioteca Tarantelli, il convegno nazionale Il Pci dalle origini al “partito nuovo” in Calabria e nel Mezzogiorno e a novembre 2024, sempre in Unical, un convegno storico per gli 80 anni del congresso di Cosenza del Partito d’Azione (agosto 1944) intitolato Il Partito d’Azione nell’Italia liberata. Dal congresso di Cosenza allo scioglimento (1944-1947). Il 28 novembre 2025, a Cosenza, nella Villa Rendano, ha introdotto, con una relazione intitolata La riscossa del Risorgimento, il convegno dell’ICSAIC Unità d’Italia, Questione meridionale e mitologie neoborboniche.

Paolo Palma a sinistra neella foto tra Sergio Mattarella, Ciriaco De Mita e in basso Mino Martinazzoli

Con il nickname “Tommaso Berra” è stato uno degli animatori del forum Scerbanenco Scrive, fondato da Tancredi De Caro, interamente dedicato al grande scrittore italiano del ‘900. Fa parte, fin dalla prima edizione del 2015, della giuria tecnica del premio letterario Corrado Alvaro-Libero Bigiaretti organizzato dal comune di Vallerano, in provincia di Viterbo.

ICSAIC 40 Anni di Ricerche e di Analisi

Sulla copia originale dell’atto di Costituzione dell’Istituto, Repertorio numero 75, redatto il dodici aprile del 1983 a Cosenza, nello studio del notaio Paolo Gullo, in Via Caloprese n.25, si leggono in calce le firme dei sottoscrittori presenti: Lombardi Satriani Luigi Maria, Cavalcanti Ottavio, Cozzetto Fausto, Sole Giovanni Mazza Fulvio, Sangineto Isolo, Tolone Maria, Cornacchioli Tobia, Paparazze Amelia, Volpe Francesco, Alimena Alfonso Francesco, Chiodo Maria Gabriella, , Grasso Maria, Greco Maria Marcella, Masi Giuseppe, Esposito Enrico, Aloi Alfredo, De Bonis Mario, ,e lo stesso Avv. Paolo Gullo Notaio in Spezzano della Sila.

L’atto notarile definisce anche quale sarà momentaneamente la prima Sede ufficiale del nuovo Istituto, e cioè a Cosenza in Via Montegrappа n.66, Sede che poi si è di fatto trasferita in Via Pietro Bucci nel cuore del Campus Universitario di Arcavacata, all’interno della Biblioteca Ezio Tarantelli. Oggi l’Istituto è associato all’Istituto nazionale Ferruccio Parri, Rete degli istituti per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea e questa attiva adesione alla rete permette all’Istituto Calabrese – riconosciuto, a sua volta, dalla Regione Calabria con legge regionale – di essere inserito in un organismo di ricerca di livello nazionale ed europeo, ricevendone interessanti sollecitazioni e non mancando di far conoscere i numerosi aspetti positivi che la Calabria ha offerto – ed ancora oggi offre – attraverso la riscoperta di una storia interessante e attraverso gli attuali circuiti culturali.

Paolo Palma con Papa Francesco il giorno in cui il Santo Padre ricevette l’Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani

Ma chi ne fa parte?

Questi sono gli attuali Soci effettivi dell’Istituto, e in questo elenco ci sono studiosi, storici, giornalisti famosi, scrittori, accademici, cultori della materia, professionisti noti, insomma “intellettuali” calabresi che con il proprio lavoro e il ruolo istituzionale che molti i loro svolgono ancora sono una parte “bella” della storia di questa regione. Secondo lo Statuto possono essere soci dell’Istituto tutti coloro che ne facciano domanda scritta al Presidente. Sulla domanda decide il Consiglio Direttivo a maggioranza, il quale si pronuncerà alla prima riunione utile; la qualifica di socio si intenderà acquisita con l’iscrizione del nominativo nell’elenco soci previo pagamento della quota associativa. In caso di rigetto della domanda, il Consiglio Direttivo deve motivare la relativa deliberazione e darne comunicazione all’interessato. Questi può, entro 30 giorni dalla comunicazione della deliberazione di rigetto, chiedere che sull’istanza si pronunci l’assemblea in occasione della successiva convocazione.

Nell’elenco qui di seguito, accanto al nome del socio dell’Istituto, troverete anche la provincia di riferimento e di appartenenza dei diretti interessati.

AMBROGIO Franco, Cosenza, AMBROSI Luigi, Vibo Valentia – Lombardia, ANTONUCCI Luigi, Cosenza, BERGAMO Alessandro, Cosenza, CAPPELLI Vittorio, Cosenza, CARIO Armido, Catanzaro, CHIATTO Sergio, Cosenza, COLANTUONO Gaetano, Bari, COSCARELLA Lorenzo, Cosenza, COSMANO Paolo, Reggio Calabria – Lombardia, D’AGOSTINO Nicola, Vibo Valentia, DALENA Matteo, Cosenza, DE VIRGILIO Alessandro, Catanzaro, FALBO Leonardo, Cosenza, FANELLI Carlo, Cosenza, FEDERICO Gaetano, Cosenza, FERRARO Giuseppe, Cosenza, FOCA’ Alfredo, Reggio Calabria, GENTILE Saverio Catanzaro – Lombardia, GIACCO Vincenzo, Cosenza, GIUSTI Gennaro, Reggio Calabria, GRANO Teresa, Cosenza, GUIDO Maria Cristina, Cosenza, IOZZO Giuseppe, Catanzaro, LICORDARI Letterio Antonio, Cosenza, LIPAROTO Gianmarco, Cosenza, LUPIA Ubaldo, Cosenza, LUPINARO Carmine, Cosenza, MADRIGRANO Francesco, Cosenza, MARVASI Vincenzo, Reggio Calabria, MASI Giuseppe, Catanzaro, MASSARA Katia, Cosenza, MAZZA Fulvio, Cosenza, MAZZA Prospero Francesco, Cosenza, MILITERNI Luciano, Cosenza, MILITO Francesco, Reggio Calabria, MURACA Salvatore, Cosenza, NAPOLITANO Saverio, Cosenza – Liguria, NOCE Tiziana,  Cosenza – Toscana, NUCERA Carmelo Giuseppe, Reggio Calabria, PALMA Paolo, Cosenza, PALMIERI Christian, Crotone, ALMISCIANO Giuseppe, Campania, PAOLINO Maria Maddalena, Cosenza, PERRICONE Antonio, Cosenza, PETRUSEWICZ Marta, Cosenza, PIERINO Giuseppe, Cosenza, PINO Bruno, Cosenza, POLICICCHIO Ferruccio, Salerno, PRANTERA Francesco, Cosenza, PRETA Mariangela, Vibo Valentia, PROCOPIO Paolo, Catanzaro, RENDE Pietro, Cosenza, RENNIS Francesca, Cosenza, RIZZO Martino Antonio, Cosenza – Toscana, ROMEO Antonino, Reggio Calabria, ROMEO Domenico, Reggio Calabria, RUSSO Giovanni, Cosenza – Toscana, SAMMARRO Giuseppe, Cosenza, SAPONE Antonino, Reggio Calabria, SCIRCHIO Vincenzo, Cosenza, SERGI Pantaleone, Vibo Valentia, SPERANZA Giovanni, Catanzaro, SPINGOLA Felice, Cosenza, SPINGOLA Francesco, Cosenza, TALARICO Bruno, Catanzaro, VADALA’ Antonino, Reggio Calabria, VALENTINO Elio, Cosenza, VELTRI Filippo, Catanzaro, VENNERI Liberata, Cosenza, VIOLI Roberto, Reggio Calabria – Lazio.

I Presidenti che si sono susseguiti dalla Fondazione

-Fausto Cozzetto, presidente (1983-1988), Giuseppe Masi, vicepresidente, poi (1988) Isolo Sangineto, vicepresidente;

-Isolo Sangineto, presidente (1988-1992), Maria Gabriela Chiodo, vicepresidente;

-Ferdinando Cordova, presidente (1992-2004), Maria Gabriela Chiodo e Tobia Cornacchioli, vicepresidenti;

-Maria Gabriela Chiodo, presidente (2004-2010), Luigi Intrieri, vicepresidente;

-Pantaleone Sergi, presidente (2010-2018), Enrico Esposito e Luigi Intrieri, vicepresidenti. Francesco Spingola, vicepresidente dopo la scomparsa di Luigi Intrieri (2017);

-Paolo Palma, presidente (dal 2018 fino ad oggi) Katia Massara e Francesco Spingola, vicepresidenti;

-I Direttori

-Fulvio Mazza (1983-1987)

-Fausto Cozzetto (f.f. 1987-1988)

-Giuseppe Masi (1988-2017)

-Vittorio Cappelli (2017…)

Il giorno del Quirinale

Mattarella “La Calabria ha avuto grandi padri costituenti”.

21 Ottobre 2021, una data storica per la vita dell’Istituto. Una delegazione dell’Icsaic, infatti, viene ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal presidente della Camera Roberto Fico, ai quali viene consegnata una copia del volume “I Costituenti calabresi”.

“La Calabria ha avuto grandi Padri costituenti”. E’ con queste parole che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha accolto al Quirinale la delegazione dell’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, che gli ha fatto dono del volume “I calabresi all’Assemblea Costituente”, a cura di Vittorio Cappelli e Paolo Palma, edito per l’ICSAIC da Rubbettino.

La delegazione era composta oltre che dal Presidente Paolo Palma e dal Direttore Cappelli, dall’ex Presidente dell’Istituto, il giornalista Pantaleone Sergi storico inviato speciale della Repubblica e autore di decine di saggi sulla stampa d’oltre confine.

Paolo Palma ha ringraziato il Presidente Mattarella per l’udienza concessa e ha illustrato la ricerca che ha impegnato diversi soci dell’Icsaic e alcuni specialisti esterni sulle biografie dei ventiquattro costituenti calabresi e sui lavori parlamentari che fotografano la  Calabria del tempo: le mulattiere, i tuguri, le condizioni primitive della povera gente, i signori del latifondo, l’occupazione delle terre, i tumulti del pane; e malaria, tubercolosi, ferrovie insicure, reti idriche ed elettriche fatiscenti e carenti.

La delegazione dell’Icsaic è stata poi ricevuta a Palazzo Montecitorio dal Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, al quale ha fatto dono dello stesso volume. Il Presidente Fico ha espresso apprezzamento per il lavoro svolto dall’Istituto e ha sottolineato l’importanza del ruolo che la Calabria e il Mezzogiorno hanno svolto nell’edificazione delle istituzioni repubblicane.

Ma ICSAIC non è solo libri, e non solo ricerche sul campo, ma anche tanto altro ancora, come per esempio i seminari di aggiornamento sulle nuove tematiche della didattica della storia, per gli insegnanti di ogni ordine e grado di scuola della regione; le conferenze e i dibattiti – anche con proiezione di filmati – rivolti agli studenti sui temi della storia del ‘900 e in particolare sul passaggio alla democrazia. E anche -novità questa di grande valore culturale- la realizzazione di filmati su particolari aspetti della storia contemporanea calabrese.

Qualche titolo soltanto: “La Calabria dal fascismo alla Repubblica” realizzato in collaborazione con il Centro Radio-televisivo dell’Università della Calabria; “Fausto Gullo: un comunista calabrese” realizzato in collaborazione con la sede Regionale della RAI; interviste a personalità della storia calabrese e video-presentazioni di libri prodotte in collaborazione con emittenti televisive locali.

Paolo Palma, Vittorio Cappelli e Pantaleone Sergi parlano al Presidente Roberto Fico dei fondi di grande interesse storico di cui gode l’Istituto, quello della Federazione Provinciale del PCI di Cosenza (1943-1980); della Federazione Regionale del PSI (1970-1992); di Paolo Cinanni; Florindo De Luca, Nicola Lombardi, Francesco Malgeri, Emanuele Terrana, eminenti personalità politiche calabresi; e poi ancora Nina Rotstein, internata a Ferramonti, e, in fotocopia, le carte di Fausto Gullo e di Francesco e Saverio Spezzano. Una vera miniera di notizie e di avvenimenti che oggi sono il copro centrale della Storia di questa regione. (Pino Nano)

Il Presidente Paolo Palma con Vittorio Cappelli e Pantaleone Sergi ricevuti dall’allora Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico

La Mission di ICSAIC

L’attività dell’ICSAIC – si legge sul sito ufficiale dell’Istituto- “si manifesta in un’intensa opera di ricerca, riflessione e divulgazione sulla storia contemporanea della Calabria e sui nuovi temi della didattica della storia e si svolge lungo quattro direttrici: la ricerca storica, la conservazione del materiale documentario; la divulgazione dell’attività; la didattica della storia, che vede l’Istituto in posizione di avanguardia rispetto alle tematiche didattiche proposte a livello nazionale ed europeo, grazie ai rapporti intrattenuti con la Commissione per la didattica della storia dell’INSMLI e con il Laboratorio nazionale per la didattica della storia (LANDIS) di Bologna”.

Questi invece gli “strumenti” in dotazione all’Istituto, per la sua opera di documentazione e di diffusione.

  • la “Collana di studi e ricerche”; la “Collana di testimonianze: La memoria e la storia”; i Quaderni dell’ICSAIC; la collana “Prime edizioni”;
  • il “Bollettino dell’Istituto (1985-1996); Rivista Calabrese di storia contemporanea” (1998);
  • la “Rivista Calabrese di Storia del ‘900” (2005);
  • le borse di studio e i premi di incentivazione indirizzati alla comunità scolastica per favorire la conoscenza della realtà storica regionale;
  • i seminari di aggiornamento sulle nuove tematiche della didattica della storia, per gli insegnanti di ogni ordine e grado di scuola della regione;
  • le conferenze e i dibattiti – anche con proiezione di filmati – rivolti agli studenti sui temi della storia del ‘900 e in particolare sul passaggio alla democrazia.
  • la realizzazione di filmati su particolari aspetti della storia contemporanea calabrese (“La Calabria dal fascismo alla Repubblica” in collaborazione con il Centro Radio-televisivo dell’Università della Calabria; “Fausto Gullo: un comunista calabrese” in collaborazione con la sede Regionale della RAI; interviste a personalità della storia calabrese e video-presentazioni di libri prodotte in collaborazione con emittenti televisive locali);
  • la biblioteca e l’emeroteca, specializzate nella storia della Resistenza, dell’antifascismo e della Calabria, e ricche di numerosi volumi e testate e, in particolare, i fondi Perruso e Commisso;
  • l’archivio cartaceo, video, fonico, con preziose testimonianze originali della storia contemporanea calabrese; segnaliamo i seguenti fondi: Federazione Provinciale del PCI di Cosenza (1943-1980); Federazione Regionale del PSI (1970-1992); Paolo Cinanni; Florindo De Luca, Nicola Lombardi, Francesco Malgeri, Emanuele Terrana, eminenti personalità politiche calabresi; Nina Rotstein, internata a Ferramonti, e, in fotocopia, le carte di Fausto Gullo e di Francesco e Saverio Spezzano.

I suoi Organi direttivi

  • Presidente: Paolo Palma
  • Presidente onorario: Giuseppe Masi
  • Vice presidenti: Katia Massara, Francesco Spingola
  • Direttore: Vittorio Cappelli
  • Tesoriere: Letterio Licordari
  • Consiglio Direttivo: Lorenzo Coscarella, Carlo Fanelli, Giuseppe Ferraro, Letterio Licordari, Katia Massara, Paolo Palma, Christian Palmieri, Bruno Pino, Francesca Rennis, Antonino Romeo, Pantaleone Sergi, Francesco Spingola.
  • Comitato scientifico| Vittorio Cappelli (coordinatore), Luigi Ambrosi, Carlo Fanelli, Giuseppe Ferraro, Oscar Greco, Davide Infante, Brunello Mantelli, Katia Massara, Tiziana Noce, Paolo Palma, Antonella Salomoni, Pantaleone Sergi.
  • Commissione per la didattica della Storia | Giuseppe Ferraro (coordinatore, CS), Giulia Sara Aiello (CS), Michela Boccuti (CS), Lucia Callello (VV), Vincenzo Cataldo (RC), Gaetano Colantuono (BA), Luana Collacchioni (Università di Firenze), Elisa Conversano (CS), Nadia Falbo (CZ), Marilena Fera (CS), Giuseppe Macrì (RC), Anna Chiara Monardo (CS), Salvatore Muraca (CS), Giacinto Oliva (CS), Rosita Paradiso (CS), Antonio F. Pistoia (CS), Mariangela Preta (VV), Paolo Procopio (CZ), Francesca Rennis (CS), Eugenio Ricchio (CS), Giovanna Ripolo (KR), Antonio Verri (CZ).
  • Soci corrispondenti| Luigi Ambrosi (Milano), Alfredo Focà (Reggio Calabria), Francesco Madrigrano (Serre-Savuto), Saverio Napolitano (Liguria), Giuseppe Palmisciano (Napoli), Mariangela Preta (Vibo Valentia – Serre), Paolo Procopio (Catanzaro), Martino Antonio Rizzo (Firenze), Gianni Speranza (Lamezia Terme), Roberto Pasquale Violi (Roma).
  • Centro di Ricerca sulle Migrazioni | Pantaleone Sergi (presidente), Vittorio Cappelli (direttore)
  • Rivista Calabrese di Storia del ‘900 | Vittorio Cappelli (direttore), Lorenzo Coscarella (direttore responsabile), Giuseppe Ferraro (vicedirettore), Letterio Licordari, Prospero Francesco Mazza, Salvatore Muraca, Bruno Pino, Francesca Rennis (redattori).
  • Redazione Online| Lorenzo Coscarella e Bruno Pino (coordinatori), Letterio Licordari, Prospero Francesco Mazza.
  • Segreteria | Liberata Venneri
Paolo Palma con il Direttore della Fondazione per il Giornalismo Paolo Muriadi

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