Giovanni Amendola, 100 anni dopo la sua morte, nei ricordi della nipote Antonella Amendola
Pino Nano

di Pino Nano
Giovedì 25 settembre 2025 a Palazzo Montecitorio, Sala della Lupa, il Presidente della Camera Lorenzo Fontana ricorda la vita la storia e il ruolo che ebbe Giovanni Amendola a un secolo dalla sua scomparsa.
Un evento di altissimo livello culturale e politico, perché ha permesso di riaffrontare con maggiore serenità di giudizio l’analisi storica degli anni che videro Giovanni Amendola protagonista di primo piano della storia del nostro Pese.
Mi piace ricordarlo anche qui, ma i giornalisti italiani hanno poi dedicato alla memoria di Giovanni Amendola il loro Istituto di previdenza, l’INPGI, e questo dà ancora meglio il senso dell’ammirazione profonda che la grande famiglia dei giornalisti italiani ha sempre nutrito e manifestato per lui.
A ricordare la figura di Amendola alla Camera sono stati intellettuali e studiosi di grande carisma: Emma Giammattei, “Giovanni Amendola intellettuale integrale. Etica e politica della cultura”; Elio d’Auria, “Giovanni Amendola: parlamentare liberale, difensore delle libertà costituzionali, oppositore e vittima del fascismo”; Giovanni Amendola,” Verso il centenario della morte di Giovanni Amendola”. Presenti anche il vicepresidente Inpgi, Mattia Motta, il segretario generale della Fondazione Murialdi sul giornalismo Giancarlo Tartaglia, e per i vertici della FIGEC il giornalista Pierlugi Roesler Franz membro dell’esecutivo del nuovo sindacato dei giornalisti italiani. Insomma, un parterre delle grandi occasioni.

Ma chi era Giovanni Amendola?
È bello riproporre qui oggi, soprattutto per le nuove generazioni, il profilo che ne fa la Treccani sulla sua Enciclopedia Universale e che ha già fatto il giro del mondo: “Nato a Napoli nel 1882, morto a Cannes nel 1926. Giornalista e docente di filosofia, volontario e decorato nella prima guerra mondiale, fu avverso allo squadrismo e all’illegalismo fascisti, e divenne fra i demo-liberali uno dei capi dell’opposizione in Parlamento. Costretto all’esilio, morì in Francia per le conseguenze di una delle tre aggressioni subite dai fascisti”.
Giovanni Amendola in realtà ebbe una vita piena di incontri di occasioni e di pulsioni, ma non poteva che essere così per un grande giornalista come lui, e che fecero di lui un testimone del suo tempo. Oggi la sua eredità morale e il bagaglio di tutta la sua vita passata e passato ai nipoti che avevano con lui un rapporto speciale e di grande amore familiare.
Il centenario di Amendola si inserisce, dunque, dentro una storiografia ormai articolata, che intreccia l’eredità politica e culturale di Amendola con le vicende turbolente dell’Italia del Novecento. “Fu in questo contesto che “l’altra famiglia amendoliana”, quella giornalistica, decise di intitolare a lui l’INPGI nel Dopoguerra, ricordandone il sacrificio come tributo-simbolo della comunità giornalistica italiana al totalitarismo fascista.
“La memoria di Giovanni Amendola non riguarda solo il passato ma richiama ancora oggi alla responsabilità di una stampa libera, di un pensiero critico e di un impegno civile che sappia misurarsi con la storia e con le sfide del presente –commenta il vicepresidente Inpgi, Motta – Un uomo che ha creduto che la parola potesse essere più forte della violenza, che il giornalismo potesse educare alla libertà, che la politica dovesse restare servizio al bene comune e uno strumento per cambiare le cose. Amendola – conclude – ci ricorda che non basta opporsi al male: bisogna costruire il bene. È questo il lascito che portiamo con noi oggi”.
Ma presto avremo anche un francobollo di Stato che sacralizzerà una volta per sempre il rapporto viscerale e ombelicale tra Giovanni Amendola, il mondo del giornalismo italiano e il nostro Istituto di Previdenza INPGI.

Al convegno di Montecitorio accanto a Giovanni Amendola -il nipote maschio, che ha tenuto una vera e propria lectio magitralis sul nonno- c’è anche Antonella Amendola, figlia di Pietro Amendola, la nipote nata ad Arezzo nel 1951 e formatasi a Roma, dove ha studiato Filosofia alla Sapienza ed è sempre vissuta. Antonella è giornalista professionista dal 1976, giornalista anche famosa che ha lavorato al Mondo, Amica, La Domenica del Corriere, Oggi, scrivendo di cultura e spettacoli, una vera protagonista del giornalismo femminile italiano.
È a lei che chiediamo un ricordo del nonno, e soprattutto delle tante iniziative in itinere per ricordare Giovanni Amendola a 100 dalla morte.
-Antonella, oggi più che mai si parla del vostro Archivio storico, di grande valore, e che racconta per intero la vita di suo nonno…
L’Archivio conservato dalla famiglia Amendola consta di circa quattromila pezzi, mai esposti, tra lettere, documenti di attività politica, documenti di attività giornalistica, scritti filosofici o letterari, cartoline postali, biglietti da visita, telegrammi, fotografie della vita pubblica e di quella privata. In questo ricchissimo quadro è possibile allestire una mostra che, tenuti fissi alcuni elementi, riguardanti i punti salienti della biografia di Giovanni Amendola, può variare a seconda del territorio che la ospita.
-Mi fa un esempio concreto per favore?
Vede, se la mostra va a Firenze, ci sarà la documentazione, del rapporto di Giovanni Amendola con i protagonisti del dibattito culturale di quegli anni nelle riviste fiorentine, La Voce e L ’Anima, e in particolar modo il legame di amicizia con Papini e Prezzolini. Ma le faccio ancora un esempio, quando a Milano verrà celebrato il centocinquantesimo anniversario della fondazione del Corriere della Sera, che coincide con la drammatica fine di Giovanni Amendola, possiamo fornire brani del folto epistolario tra il direttore Albertini e il capo dell’ufficio romano Giovanni Amendola, un materiale prezioso per delineare l’idea di democrazia quasi di stampo anglosassone che accomunava il direttore e la sua penna più brillante.
-Ha già immaginato come dovrà essere l’allestimento di una ipotetica Mostra?
Credo che la mostra con le sue variazioni dovrà poter contare almeno su una quarantina di pannelli di grande formato. Lo storico Elio d’Auria, il maggior studioso di Giovanni Amendola, sarà a capo dell’ideazione degli argomenti, affiancato per l’agibilità di pannelli e siti espositivi dall’architetto Giorgina Amendola. In ogni tappa ci affideremo a ditte specializzate. Ma vogliamo anche in concomitanza con la mostra itinerante editare piccoli opuscoli gratuiti rivolti al pubblico giovane e delle scuole.
-Avete già immaginato una prima location?
Assolutamente sì, Roma Capitale. La faremo spero a Palazzo Braschi e sarà un grande evento per come una città come Roma merita. Il Comitato promotore delle celebrazioni per il centenario della morte di Giovanni Amendola, composto dai noi nipoti, che ne abbiamo studiato la biografia e l’opera con particolare dedizione, vuole coinvolgere soprattutto i giovani, i ragazzi delle scuole e vuole coinvolgerli con argomenti che non siano una semplice lezione di storia. Poi ci sarà certamente Salerno, città ricca di cimeli amendoliani e di testimonianze di alto pregio artistico, come la statua posta di fronte al Tribunale. Dopo Roma e Palazzo Braschi i pannelli, compresi quelli focalizzati sull’attività politica di Giovanni Amendola nel suo collegio elettorale, saranno esposti nel superbo Salone dei Marmi di Salerno, dove nel 1944, divenuta Salerno la Capitale del Regno, si riunì il primo Consiglio dei Ministri del Governo di Unità Nazionale. Una scelta quasi obbligata per il suo valore simbolico, l’esule morto a Cannes, in Francia, bramando la sua Italia, torna a casa, nella sua terra liberata. E poi ancora immagino a Firenze o a Montecatini dove mio nonno è già stato ricordato in passato con tutti gli onori possibili e immaginabili.
-Immagino che la mostra sarà un evento di portata nazionale?
Vede, a volte non tutti se lo ricordano, ma Giovanni Amendola ebbe come suoi interlocutori i maggiori intellettuali della sua epoca, da Croce a Salvemini, a Papini, Prezzolini, Missiroli e tanti altri. Sul piano politico i suoi corrispondenti spaziano da Turati a Nitti, da Gobetti ad Albertini. Un nucleo consistente di carte riscrive la storia dell’Aventino che non riuscì a spodestare Mussolini solo per i traffici della Corona. Dell’Aventino abbiamo quasi lo svolgersi in presa diretta, con i foglietti per le convocazioni degli interessati, il calendario delle riunioni. Noi nipoti conserviamo con affetto disegni, album, sculture in ceramica, opere di alunni di scuole sarnesi realizzate nel 1996.Una mostra su di lui è una rassegna sulla storia e sulla vita del Paese.
-E da Salerno poi a Milano?
Anche Milano farà la sua parte, con un evento nella sala storica del Corriere, a Solferino, dove hanno sempre conservato le foto di Giovanni con Albertini. Nel gruppo editoriale si preparano a festeggiare i 150 anni di attività e hanno incaricato Carioti di preparare un libro che metta a fuoco l’ultimo Amendola con le sue idee sulla riforma dello Stato e la nuova democrazia. A Firenze si tratterà di Amendola e le riviste fiorentine. A Roma le celebrazioni cominceranno dal Quirinale in un evento in partnership con i giornalisti che festeggiano i 100 anni dell’Inpgi intitolato a Giovanni. Mi pare già abbastanza carne al fuoco, non credi?
-Posso chiederle cos’era per lei nonno Giovanni Amendola?
Per noi Giovanni Amendola è un uomo a tutto tondo, è un marito innamorato della moglie Eva, un’intellettuale lituana cosmopolita, è un padre tenerissimo che chiama i figlioletti a giocare nel letto matrimoniale. Sa anche essere severo Giovanni Amendola e quando il figlio maggiore, Giorgio, si infila nell’automobile ministeriale lui lo rimprovera aspramente perché l’automobile è un bene dello Stato e non si può farne un uso privato. Che avrà pensato Giovanni Amendola quella notte di luglio a Montecatini quando i fascisti lo ghermirono? Avrà chiesto al Cielo di poter rivedere i propri figli?
-Ci sono ancora spazi per rileggere Giovanni Amendola?
Amendola non era un rinunciatario, arroccato su una posizione morale politicamente infruttuosa. Scelse di lasciare l’Aula parlamentare perché non voleva dare il pretesto ai fascisti di perpetrare violenze sempre più marcate e far da miccia a una guerra civile. Ha lottato solo con le risorse di uno stato di diritto. Il principio della non violenza era radicato nella sua coscienza e dopo il delitto Matteotti era riuscito a mettere in crisi Mussolini che si salvò solo grazie alle manovre della Corona.
-Il vostro obiettivo principale oggi?
Intendiamo avvicinarci ai giovani con un audiovisivo, uno spettacolo teatrale. Vogliamo saggiare la loro risposta impegnandoli con piccoli testi, disegni, fumetti. Siamo convinti che i giovani se sollecitati nella maniera giusta rispondono a loro modo. E le dirò una cosa che solo in pochi ancora sanno, ma di nonno Giovanni Amendola faremo anche un fumetto, e questo ne siamo certi, avvicinerà lui e la sua storia alle generazioni del futuro.
-C’è qualcosa che secondo lei va ancora approfondito della storia e del pensiero di suo nonno?
Credo che sia utile oggi più che mai, data la grande attualità del suo messaggio, approfondire il pensiero filosofico di Amendola che intuisce la dirompente potenzialità della nascente psicologia del profondo, si addentra nell’esistenzialismo. Da consapevole pensatore novecentesco Amendola rifugge dai sistemi filosofici granitici e crede che l’arte, i grandi artisti schiudano nuovi orizzonti. Va studiato il rapporto di Amendola con Croce e il sodalizio con la moglie Eva, ambientalista, legata agli insegnamenti di Lev Tolstoj, il grande scrittore russo con il quale era imparentata.
-Quale è il ricordo più amaro di famiglia?
L’agguato fatale di Montecatini, e le ore disperate di nonno Amendola. Mussolini dette l’ordine di legnare nonno Giovanni e ad eseguire l’agguato furono i fascisti della Lucchesia. I colpi al polmone sinistro causarono una massa cancerosa inoperabile.
-E’ vero che non pagò nessuno per quel delitto?
La Corte di Assise di Perugia, con sentenza pronunciata il 27 luglio 1949 condannò in via definitiva sei imputati, tra cui Scorza, per omicidio preterintenzionale, non essendo in grado di stabilire con certezza la volontà omicida degli imputati. Il reato di omicidio preterintenzionale per motivi politici rientrava però tra quelli per cui si poteva beneficiare dell’amnistia concessa da Togliatti nel giugno 1946. Gli assassini di Giovanni Amendola furono così scarcerati, cavandosela con 3-4 anni di carcere. Alcuni di loro, come Scorza, erano latitanti e non scontarono neanche un giorno di carcere.
Da bambina come le venne raccontato quell’agguato?
Come lo racconta la storia ufficiale. C’erano una quindicina di uomini che aspettavano Giovanni Amendola. Lo aggredirono selvaggiamente, colpendolo con meticolosità. Lui non poté far altro che raggomitolarsi, mettendosi tra il sedile anteriore ed il sedile posteriore, cercando di proteggere la testa. In questo modo espose però la schiena ai colpi di bastone che avrebbero provocato il trauma fatale. La bastonatura non durò però quanto programmato: gli squadristi furono infatti indotti a dileguarsi nelle campagne circostanti dall’avvistamento dei fari di una vettura in avvicinamento. Allora l’autista ripartì e portò Giovanni Amendola, ferito al volto e al corpo, alla stazione di Pistoia. Da qui fu poi condotto all’ospedale di questa città dove venne effettuata la prima medicazione.
Sembrava tutto superato in un primo momento?
Amendola rientrò in treno a Roma. Arrivò alla casa di via di Porta Pinciana 6 la mattina del 21 luglio. Quando il figlio Giorgio gli chiese come avesse fatto a fidarsi delle rassicurazioni date da un mascalzone come Scorza, gli rispose che non era stato così ingenuo, ma che “nell’albergo vi erano molte signore e molti stranieri ed egli non poteva accettare di essere motivo, involontario, di tanto fastidio”. La ripresa dai postumi dell’aggressione fu molto lenta. La fine la conoscono tutti.
Per chi volesse rivedere e riascoltare le tante cose dette alla Camera dei Deputati questo è il link ideale :
https://webtv.camera.it/evento/29007#

Lettera di Filippo Turati ad Amendola
Milano, martedì 26 maggio 1925
Riservata
Caro Amendola, un mio carissimo amico il prof. Alessandro Levi, aveva preparato per il Controllo democratico la unita lettera aperta al re da pubblicarsi con firme in occasione del 7 giugno.
Pare, però, a noi, ed egli ne conviene, che l’atto acquisterebbe una importanza molto maggiore se divenisse invece l’atto delle opposizioni costituzionali. Poiché voi state decidendo qualche cosa di simile, ve lo mando perché, se vipare, ne disponiate. A me sembra efficace, e in ogni caso è sempre possibile rivederlo. Lo mando anche a Baldesi perché ne parli a qualcun altro; e altre copie direttamente a De Gasperi e a Di Cesarò. Vedete quindi di intendervi. Mi sembra che la firma degli unitari sia inutile e forse nociva per più ragioni. Tale è il parere di Treves.
Sappimi dire qulcosa presto ed abbimi aff.mo FTurati.Occorrendo, il Levi, nella settimana pross. potrebbe venire a Roma.
Ringraziamo Antonella Amendola per la sua disponibilità, e soprattutto per questo regalo, la copia di questa lettera di Filippo Turati al nonno Giovanni Amendola nel maggio del 1925, e che fa parte oggi del Grande Archivio Storico Giovanni Amedola.







Eva e Giovanni Amendola con i figli Giorgio e Ada, 1915. Photocredit: Wikipedia.org da sacampania.beniculturali.it, immagine di Pubblico dominio

Marco Amendola, Giovanni Amendola e Piergiorgio Amendola