Una donna Vice Presidente Nazionale dell’USPI

Lei è Rosa Rubino Lombardo:“…Il mio giornale, “Il Vomere”? Sono 128 anni di giornalismo siciliano…”.
Pino Nano
Non so se si può dire, ma Rosa Rubino, giornalista e Direttore Responsabile de “Il Vomere” è una professionista che ha negli occhi e nel portamento i colori caldi e avvolgenti e affascinanti della sua Sicilia. Bella come il sole. Se non si fosse laureata in biologia, e non fosse poi diventata il Direttore Responsabile del più antico giornale di Sicilia, avrebbe potuto tranquillamente fare l’attrice cinematografica, con questi suoi capelli biondissimi e il portamento austero da star.

Cordiale, eternamente sorridente e disponibile, un eloquio elitario, una cultura umanistica importante, e “una conoscenza – ripeteva quel grande cronista parlantare che era Mario Nanni-quasi maniacale del mondo per via dei mille viaggi fatti da ogni parte, con alle spalle una famiglia borghese, importante, che ha segnato la storia di Marsala e dell’intero territorio siciliano”.
Rosa Rubino Lombardo è oggi una delle poche direttrici di giornale in Italia, ma anche in Europa non è che di donne alla guida di un giornale ce ne siano tante. E lo è da ormai 37 lunghi anni.Da una settimana lei è anche Vice Presidente Nazionale dell’USPI, l’Unione Stampa Perodica Italiana che ha come suo “guru” storico il Segretario Generale Francesco Saverio Vetere, un uomo che ha letteralmente rivoluzionato e ripensato il futuro dei giornali periodici italiani.
-Buongiorno Direttrice…
Vedo che anche lei preferisce adeguarsi all’uso corrente e ossessivo del femminile a tutti i costi, ma non è obbligato a farlo. Mi chiami tranquillamente Direttore.
-Perché preferisce il maschile?
Perché credo che usare il femminile sempre e comunque sia un vezzo superfluo. Direttore, al maschile, dà il senso pieno dell’impegno e della responsabilità che si ha nella guida di un giornale.
-Che lei guida da quanti anni esattamente?
Da trentasette anni ininterrotti.
-Una bella fatica immagino?
Un bellissimo lavoro e un impegno civile straordinario, almeno per me.
-Se tornasse indietro rifarebbe questo mestiere?
Ancora di più e ancora meglio. Non mi stancherò mai di fare questo mestiere che considero uno degli impegni professionali più gratificanti del mondo.

-Come nasce la passione per il giornalismo?
Fattore genetico. Mio padre era il direttore di questo giornale prima che io ne prendessi le redini. E prima ancora di mio padre mio zio e mio nonno.
-Quanti anni aveva quando lei incominciò a fare questo mestiere?
A dieci anni aiutavo mio padre a scrivere a macchina gli indirizzi dei nostri abbonati in Italia e all’estero a cui poi andava il nostro giornale.
-Ancora bambina?
A dieci anni mio padre mi mise per la prima volta alla macchina da scrivere e mi insegnò come pigiare sui tasti. Poi mi spiegò che era fondamentale usare la carta carbone per la doppia copia, e poi mi disse che avrei dovuto essere sempre più veloce alla macchina da scrivere, perché la fortuna del giornale stava tutta in quei nomi da digitare ogni qualvolta il giornale usciva.
-E il suo primo servizio firmato?
Se non ricordo male a diciotto anni, ma già prima mi piaceva scrivere di tutto e di più.
-Ma lei poi all’Università sceglie di fare biologia?
Il mio secondo amore. Avevo frequentato a Marsala il liceo scientifico, e dopo la maturità non ebbi nessun dubbio, dovevo diventare una biologa?
-Non pensò mai di fare lettere moderne o un’altra laurea umanistica?
A che pro?
-Forse per fare meglio il mestiere della giornalista…
Ma io già sapevo che da grande avrei fatto prevalentemente la giornalista, ma non potevo non inseguire la mia grande passione per le scienze biologiche. Ho pensato che mi sarei laureata in biologia, e che la conoscenza della biologia mi avrebbe permesso di fare meglio la giornalista.
-Così è stato?
Assolutamente sì. Così è stato.

-Il giorno più emozionate della sua storia di cronista?
Il giorno in cui andai a ritirare il mio primo tesserino professionale.
-Quel giorno cosa ha pensato?
Che ora avrei potuto fare questo mestiere a tempo pieno, e con grande consapevolezza del mio ruolo.
-Che gavetta aveva alle spalle?
Vuole dire oltre agli indirizzi che mio padre mi chiedeva di battere a macchina?
-Più o meno sì
Per anni ho scritto quello che mio padre mi passava. Rivedevo il giornale, ne correggevo le bozze, avevo imparato ad impaginarlo, e soprattutto avevo incominciato a capire che questo mestiere si fa per strada non stando seduti in redazione.
-E lei per strada c’è mai andata?
Lo faccio tuttora. Esco da casa per venire in redazione e se vedo che c’è qualcosa che non va, allora prendo la mia macchina fotografica, che oggi è prevalentemente il mio cellulare, e scatto le foto da mettere in pagina.
-Da donna è più facile fare questo mestiere?
Donna o uomo, non cambia nulla. Se lo sai fare lo fai. Se non sei capace o sei donna o sei uomo alla fine ti rendi conto che non è il tuo percorso.
-Ma lei come donna si è mai sentita privilegiata?
Glielo dico da donna, qualche volta mi sono resa conto che quello che una donna riesce a fare non sempre piò farlo un collega maschio.
-In che senso?
Che forse noi donne sappiamo aspettare il momento giusto per fare la domanda più feroce e più diretta al nostro interlocutore. Abbiamo una capacità dell’ascolto che non sempre i colleghi maschi sanno avere.
-Conta anche la bellezza fisica?
In che senso scusi?
-Nel senso che una giornalista che è anche una bella donna apre porte che nessun altro potrebbe aprire?
-Qualche volta è anche possibile, perché negarlo.
-Nel suo caso è accaduto?
Qualche volta credo di sì.

-Lei non ama invece parlare delle minacce subite in tutti questi anni?
Fanno parte del mestiere e del gioco.
-Vuole minimizzare Direttore?
Chi scrive di mafia, di appalti truccati, di scandali al sole, di coste violentate dalla mano dell’uomo deve mettere in conto di essere seguita e minacciata.
-Quante volte le è capitato?
Tante, forse troppe volte, ma ci ho fatto l’abitudine.
-L’incontro più bello della sua vita?
Forse qui a Marsala con Paolo Borsellino.
-Me ne indichi un altro?
Meraviglioso il rapporto con il giudice Caponnetto e con la sorella di Borsellino dopo la morte del fratello.
-Se dovesse indicare una icona della storia di questo Paese a chi pensa?
Al nostro Presidente Sergio Mattarella. E dopo di lui a Giovanni Falcone.
-Non le pare di essere eccessiva nella sua sicilianità?
Scusi lei è mai stato a Marsala? Ha mai visitato la provincia di Trapani? E’ mai stato a Mozia?
-Francamente no.
-Allora trovi il tempo per venire da queste parti e capirà cos’è la Sicilia e perché io le dico che è la terra più superba e più bella del mondo.
-Ma c’è ancora tanta mafia dalle sue parti?
La mafia sta dovunque ormai, e soprattutto: la mafia sta cambiando. Guai a immaginarsela vestita di velluto nero con i panciotti e la coppola in testa.
-Che vuol dire?
Che oggi la mafia vera fa transazioni internazionali di ogni tipo, e forse i suoi collettori vanno cercati nelle grande università del mondo, le facoltà di economia, di giurisprudenza, di relazioni internazionali.

-Cosa farà da grande?
Spero il direttore di questo giornale per tanti anni ancora, e da oggi anche spero di essere anche un ottimo Vice Presidente della Stampa Periodica Italiana.
-Come ha reagio alla sua elezione ai vertici dell’USPI?
Mi sono scappate le lacrime, e ho pianto di gioia e di riconoscenza per chi ha deciso di pensare a me.
-Che consiglio si sentirebbe di dare una ragazza che oggi sogna di fare la giornalista?
Di attrezzarsi per vivere per strada, di imparare l’inglese perché questo l’avvicinerà sempre di più al resto del mondo, di saper ascoltare la gente che incontra, e di pensare che in ognuno di noi c’è un angolo di umanità che vale la pena di cogliere e di raccontare? Il resto poi verrà da solo.

-Direttore qual è il ricordo più dolce della sua vita al giornale?
Mia madre. Era una donna straordinaria. È stata la salvezza del giornale. Quando si rese conto che mio padre stava dilapidando il nostro patrimonio di famiglia per il giornale, allora lei prese in mano le redini dell’impresa e decise di comprare le prime macchina da stampa?
-Vorrà dire una linotype?
Scelse di comprare la migliore in commercio allora, la Eildbergh.
-Alla fine, aveva ragione sua madre?
Assolutamente sì. Mentre prima eravamo alla mercè di un tipografo o di uno stampatore che ogni mese cambiava le tariffe e aumentava i costi, da quel momento noi siamo diventati la più importante impresa tipografica di Marsala.
-Stampavate solo il giornale?
Stampavamo di tutto, soprattutto manifesti elettorali, partecipazioni di nozze, biglietti da visita, carta da regalo, persino i primi libri di Marsala. Un successo senza pari e del tutto inimmaginabile.
-Giornalismo local o giornalismo nazionale?
Il futuro è il giornalismo local. Più saremo capaci di raccontare il territorio e la gente con cui condividiamo la nostra quotidianità e più saremo vincenti. Anche perché la carta stampata sopravviverà ao tempi che cambiano. Inevitabilmente e ineluttabilmente.

-Di cosa va più fiera lei oggi?
La nostra testata è stata negli anni pluripremiata. Ha ricevuto gli elogi di Papa Francesco, del Presidente Mattarella, della Presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, e questo mi riempie di orgoglio contunuamente. Perché dovrei negarlo? La storia del Vomere rappresenta per questo motivo, oltre che per la sua longevità, un unicum nel panorama editoriale e nella storia del giornalismo italiano, e di questo mi permetta di andarne fiera.
-È vero che la sua famiglia è alla guida del giornale dal primo giorno della sua uscita?
Pubblicato senza soluzione di continuità dalla data di nascita fino a oggi, fatta eccezione per un breve periodo, in seguito al tragico bombardamento di Marsala durante la Seconda guerra mondiale, l’11 maggio 1943, il periodico è stato sempre diretto dalla mia famiglia.

-Direttore,128 anni sono tanti per un giornale non crede?
Quello che oggi le posso dire è che il periodico ha attraversato i secoli accompagnando, con la sua voce indipendente e libera, le fasi più importanti della storia siciliana e nazionale e rappresenta dunque una delle fonti più rilevanti per la ricostruzione della memoria collettiva della città di Marsala e dell’intero Paese. Dopo il 1923, la direzione è passata ad Alfredo e quindi a Riccardo Rubino (con la stretta collaborazione della moglie Olga). L’attuale Direttrice, Rosa Rubino, appartiene alla terza generazione del fondatore e ha assunto la direzione della testata nel 1987. Il Direttore editoriale è Alfredo Rubino, fratello di Rosa. Il Condirettore è Riccardo Rubino, figlio di Alfredo, la 4^ generazione.
-Posso chiederle qual è la linea editoriale del suo giornale?
Glielo spiego con grande senso di umilità, soprattutto per quello che faccio ogni giorno. Ma raccontare il mondo, locale o globale, richiede sensibilità, intuito, capacità di ascolto, competenza di sguardo. Quanto più è alta e nutrita di valori, l’informazione contiene sempre un plusvalore di formazione.
-E l’obbiettivo finale?
Promuovere il progresso, far crescere il territorio su cui operiamo, emancipare la nostra gente, rafforzare le identità e le aggregazioni le più varie in comunità, preoccupandoci di legare saldamente il futuro alle origini. È quello che io chiamo “il primato del noi”, che si oppone al narcisismo della contemporaneità.
-Non crede sia un tantino retorico?
Assolutamente no. È il richiamo costante alla continuità e alle radici, che si oppone alla volatilità e alla leggerezza della modernità. È l’esigenza insopprimibile di identificarsi e vivere, sentendosi parte di uno stesso organismo, fatto di memorie, linguaggi e valori condivisi.
-Lei ritiene che il giornale abbia assolto bene il suo compito?
Il giornale fondato da mio nonno Vito Rubino nel 1896 e diretto oggi da me certamente è stato e continua ad essere lo strumento che ha reso e continua a rendere tutto questo possibile.

-Partiamo dall’inizio?
Il primo numero del periodico, inizialmente a uscita settimanale gratuita, nel giorno di domenica, fu stampato a Marsala, dalla Tipografia di Giacomo Martoglio. Stamparono 2500 copie. La foliazione era di 4 pagine. Obiettivo del fondatore era quello di offrire, attraverso un nuovo giornale, un orizzonte di riferimento e uno strumento di rinascita sociale, civile e culturale in una delle fasi di maggiore criticità della storia siciliana e nazionale.
-Erano per giunta tempi difficilissimi?
Le dico solo questo, alle spalle il giornale si portava la sconfitta di Adua e la repressione violenta dei Fasci dei Lavoratori; da fronteggiare, l’invasione della fillossera – che aveva distrutto in Sicilia 96.240 ettari di vigneto, con una perdita di 3/4 delle giornate di lavoro – ma anche la piaga dell’analfabetismo e i crescenti flussi migratori, che stavano allontanando dalla loro patria centinaia di migliaia di lavoratori. Abbastanza carne al fuoco.
-Ma Il Vomere non era la prima esperienza di suo nonno?
Mio nonno Vito Rubino aveva già fondato due giornali, il ‘Boeo’ e ‘La Nuova Età’, e con Il Vomere decise di dar voce alle istanze e alle esigenze della sua comunità, sostenendone e favorendone la crescita culturale e civile, anche attraverso l’apertura di Scuole serali e l’avvio di numerose iniziative di formazione per i coltivatori. La testata divenne, in breve tempo, un imprescindibile punto di riferimento in grado di seguire e supportare quotidianamente lo sviluppo della società, fino a essere considerato familiarmente e per antonomasia, ‘il diario di Marsala’.
-Una trasfomazione radicale rispetto agli esordi?
In origine la testata era nata come bollettino di pubblicità e annunci economici, organo della “Agenzia Popolare del Prof. Vito Rubino&stamp; che si occupava di transazioni e atti commerciali, amministrativi e legali. Solo successivamente poi il giornale assunse una vita autonoma.
-Fu subito un grande successo editoriale mi pare di capire?
Dopo alcuni anni‘Il Vomere’ aumentò il numero delle pagine, la tiratura e l’area di diffusione, e venne stampato in proprio dalla mia famiglia grazie all’acquisto di una delle più antiche linotype siciliane. Collaboratori del Direttore furono, da subito, Vincenzo Pipitone, poi deputato e senatore del Regno, Sebastiano Cammareri Scurtie moltissimi altri intellettuali di punta della cultura siciliana. Fra gli altri, Salvatore Struppa, Giacomo Dell’Orto e Biagio Bonomo.
-Dove nasceva di fatto il giornale?
La prima sede del giornale si trovava in via Garibaldi n. 15, nel cuore del centro storico della città. Successivamente la redazione si trasferì all’interno di ‘Palazzo VII Aprile’, l’edificio del XVI secolo inizialmente denominato la ‘Loggia’ – oggi luogo delle sedute del Consiglio comunale – che il 7 aprile del 1860, pochi giorni prima dello sbarco dei Mille, vide l’insurrezione del popolo contro il sovrano delle Due Sicilie. Da qui, poi, Giuseppe Garibaldi pronunciò lo storico discorso con il quale dichiarava decaduto il governo borbonico.
-È vero che i cittadini poteva leggere il giornale appena uscito?
Pensi che sotto i portici di ‘Palazzo VII Aprile’, negli ultimi anni del XIX secolo e, a lungo, poi, nel corso del XX, i Direttori del Vomere erano soliti affiggere le prime quattro pagine del giornale appena pubblicato, affinché i cittadini potessero immediatamente leggerle e commentarle. Era segno del legame forte tra il giornale e il popolo.
-È ancora lì il giornale?
Dopo trent’anni, la redazione è stata spostata in via Fici, a poca distanza da ‘Palazzo VII Aprile’, quindi nella sede attuale, in via Trapani 125, dove si trova anche l’omonima Casa Editrice ‘Il Vomere’.
-Se uno studioso fosse oggi interessato ai i numeri della prima ora cosa deve fare?
La collezione storica della testata, di proprietà della famiglia Rubino, prima collocata all’interno di ‘Palazzo VII Aprile’, è attualmente conservata a Marsala, nella residenza dei Direttori del giornale, ed è costituita da 105 volumi.
-Ma i tempi cambiano, e Il Vomere oggi è anche in rete?
Oggi ‘Il Vomere’ ha una versione a stampa cartacea, ma ha anche un sito web (www.ilvomere.it) e un profilo Facebook.
-Direttore, centinaia di riconoscimenti illustri?
Pensi che già nel 1899, appena tre anni dopo la sua fondazione, la testata era stata già premiata con un ‘Diploma al Merito’ all’Esposizione Agraria di Roma. Nel 1902, il giornale ricevette altri due riconoscimenti importanti: la Medaglia d’Argento assegnata dal Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio all’Esposizione Enotecnica di Marsala, e il Diploma di Benemerenza nella Prima Esposizione Agraria Siciliana di Palermo.
-Le è arrivato mai qualche riconosimento internazionale?
Grazie al successo della testata e all’impegno sociale, civile e culturale di cui era espressione, mio nonno Vito Rubino fu nominato Cavaliere del Regno. Nel 1918 il giornale ricevette una lettera di elogio da parte della Regina Margherita e un prestigioso riconoscimento dal Primo ministro dell’Impero britannico Lloyd George per la “Galleria patriottica”.
-Eppure, parliamo di un giornale locale, per quanto influente?
Vorrei ricordarle che sin dai primi anni della sua fondazione “Il Vomere” ebbe corrispondenti anche in Inghilterra e in America, a BrooKlyn, rappresentando un ponte tra la Sicilia e i moltissimi emigrati costretti a lasciare la madrepatria. Una storia davvero meravigliosa.
-Crede che si possa dire senza problemi che Il Vomere è sempre stato un giornale in prima linea contro la mafia?
Certamente è stato il primo giornale a pubblicare “10 anni di Cosa nostra a Marsala“. È stata la prima testata ad entrare nelle scuole pubblicando gli articoli scritti dagli studenti, e fra i quali mi piace ricordare la preziosa intervista rilasciata dal Procuratore Paolo Borsellino e da Rita Bartoli Costa agli allievi della scuola media “V. Pipitone”. Notevole da parte della testata è stato sempre l’impegno per la diffusione della cultura della legalità nelle scuole. È nostro un progetto di straordinaria rilevanza sociale che ha visto la collaborazione, fra gli altri, di Rita Borsellino e dei giudici Antonino Caponnetto, Pierluigi Vigna, Alessandra Camassa, Massimo Russo.
-E sui temi caldi della giustizia?
Costante è stata anche l’attenzione per tutti i temi relativi alla giustizia, affrontati con una serie di convegni organizzati con il Centro Studi ‘Cesare Terranova, e alla difesa del patrimonio ambientale. Pensi per esempio alla tutela dell’Isola di Mozia e della Laguna dello Stagnone di Marsala. Ma proprio per questo costante è sempre stata l’attenzione da parte delle più alte Istituzioni nazionali e del mondo editoriale per la storia e l’esperienza giornalistica del Vomere.
-Mi dicono che lei conservi gelosamente lettere illustri?
Apprezzamenti importanti ci sono stati espressi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per l’edizione speciale del Vomere pubblicata nel 150° anniversario dello sbarco dei Mille a Marsala. Lettere di elogi al giornale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e chi più ne ha più ne metta.

-Direttore, possiamo parlare oggi di una vera e propria testata storica?
Le do un dato significatico. Il Vomere raccoglie l’epopea garibaldina e gigantografie del giornale sono esposte nel Museo Garibaldino al Complesso S. Pietro. Percorrendo e vivendo con coraggio, fermezza e spirito di libertà gli ultimi anni del XIX secolo, tutto il XX e il primo ventennio del XXI, la testata è riuscita ad attraversare gli eventi e le sfide della storia, contando sempre e soltanto sulle proprie risorse, spirituali e materiali.
-Una lunga storia di racconti e di inchieste anche coraggiose dunque?
Vede, le battaglie del Vomere sono state ispirate sempre dall’ottimismo della volontà e dalla fermezza della ragione, ma accompagnati dalla fiducia profonda di tutti noi, di tutta la mia famiglia, di poter trasformare la realtà con la forza della parola.
-Ambiziosissimo come progetto?
Mio nonno Vito Rubino si proponeva di dare inizio a una autentica ‘rivoluzione culturale’, da combattere insieme ai suoi concittadini, per un nuovo ‘Risorgimento’ sociale, civile ed economico di Marsala e della Sicilia.
-Gliene parlava mai?
Più che parlare, i saggi e i vecchi di un tempo scrivevano. Legga per favore queste poche righe, che io tengo sulla mia scrivania dal primo giorno in cui sono stata chiamata alla guida del giornale. È un passaggio fondamentale del primo editoriale che mio nonno scrisse il 12 luglio del 1896.
-Me lo legge lei per favore?
“Noi sentiamo il bisogno vivo, costante, di fissare lo sguardo in alto, spaziare in un orizzonte vasto e ridente, per sollevarci da quanto sa di volgare e, infine, mai non perdendo lena, sentirci riscaldare l’anima dalle alte idealità della vita. Sembrerà un sogno a chi ci guardi, ma noi non intendiamo sognare. Vogliamo invece muoverci per muovere, lavorare per vivere e vivere per lavorare”.
-E la cosa che lega invece il giornale alla realtà internazionale?
Senza dubbio, i rapporti forti e radicati con la Terra Santa. Basti pensare all’importante reportage sulla Palestina che è stato premiato ad Assisi da Padre Ibrahim Faltas, ambasciatore di pace e Custode della Chiesa di Betlemme. E la Menzione d’onore ricevuta da mio nonno nel 1900 all’Esposizione Universale di Parigi.
-È assai recente una delle manifestazioni più solenni in onore della testata?
Non so se parliamo della stessa cosa o pensiamo allo stesso avvenimento, ma il 16 novembre del 2018, nella Sala della Lupa di Montecitorio, si è svolto un convegno per celebrare i 122 anni di vita del ‘Vomere’, che fra i suoi primi abbonati le ripeto annoverava il Re Vittorio Emanuele III. Sulle pagine di questo giornale sono stati pubblicati preziosi documenti storici, e fra questi una lettera di Francesco Crispi, che rappresentano fonti primarie per la ricostruzione della storia siciliana e nazionale.

-Direttore, dalla lotta alla mafia, alla salvaguardia dei beni culturali mi pare di capire?
Guardi, un altro traguardo straordinario nella più recente storia del giornale è stata la cerimonia che ha visto, il 9 dicembre 2019, la consegna della più antica copia della testata di Marsala all’Emeroteca del Senato, che raccoglie giornali quali il Caffè, fondato da Pietro Verri nel 1764, il Conciliatore,che erala più prestigiosa testata del Romanticismo, nata nel 1818 per volontà di Silvio Pellico e Giovanni Berchet, l’Antologia, rivista letteraria e scientifica sorta nel 1821 grazie a Giampietro Vieusseux, e molti altri periodici che hanno scritto la storia culturale del nostro Paese. Si è trattato certamente del più alto riconoscimento che le Istituzioni italiane hanno tributato alla nostra testata. Le ricordo che alla cerimonia, che si è svolta nella Sala Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato della Repubblica, a Piazza della Minerva, coordinata dal giornalista parlamentare Mario Nanni, nell’ambito di un convegno dal titolo “L’informazione locale voce dei territori. Il dovere della verità”, ha preso parte anche la Vicepresidente del Senato Paola Taverna.
-Come vede il futuro del giornale?
Come lo immaginava mio nonno, fiero, forte, gagliardo, libero, indipendente, autorevole, aggressivo con i prepotenti e accondiscendente con i più deboli, voce di speranza, ma soprattutto megafono di chi non ha mai avuto voce da queste parti, e mi creda quelli senza voce in Sicilia come nel resto del Sud del Paese sono ancora tantissimi.
-In bocca al lupo allora, e buon Compleanno.
Se torna a Marsala l’anno prossimo saranno 129 anni di storia per noi. Bello, non crede? Ma venga prima. Il prossimo 21 giugno festeggeremo la Seconda Edizione del Premio Internazionale Mozia, è un premio alle eccellenze italiane e sarà l’occasione giusta per toccare con mano una realtà che lei forse neanche immagina. Venga davvero, non ne restera deluso.
(#Pino Nano)