Paride Leporace,”Vi racconto Cosenza“
Pino Nano
Appena fresco di stampa l’ultimo libro del giornalista Paride Leporace, “Cosenza nel ’900. Storie e personaggi”.

“Ricordo come un sogno le case di viale del Re diventato della Repubblica, piazza Fera che cambia arbitrariamente il suo nome in Bilotti, i giardini alberati della Villa nuova, i leoni del serraglio della Villa Vecchia governati da Ciccio Fred Scotti, la fontana dei leoni, Cosenza glaciale di gennaio sotto le montagne innevate della Sila e arsa dall’afa con le strade vuote a Ferragosto, le insegne luminose della Standa e di Bertucci, il primo gelato da Zorro nocciola e torrone, le domeniche erranti sovrastate dalle radiocronache di Giuseppe Milicchio e Federico Bria, una violinista veneziana che cerca alloggio per l’inaugurazione del Rendano con tutti gli alberghi pieni, tutta la mia giovinezza passata nei cinema di Cosenza e Rende e il tetto del Citrigno che si apre in cielo a far vedere le stelle che ancora non sapevo riconoscere e quell’applauso dal pubblico al cinema Astra quando Volontè-Vanzetti prima di sedersi sulla sedia elettrica dice: “Viva l’Anarchia”. In quante altre città d’Italia si sarà levato quell’applauso?”
Avete voglia di conoscere la storia di Cosenza? Quella vera? Quella dei quartieri, quella dei mercati rionali, quella delle piazze? La Cosenza della politica, del giornalismo, della musica, degli spettacoli, delle prime radio libere, della movida, delle guerre di campanile, delle chiese e dei suoi fedeli, delle processioni, delle feste, degli asili nido, del suo tribunale? La Cosenza della contestazione degli anni 70, quella della nascita dell’Università della Calabria, o quella dei partiti, dal PCI alla DC al PSI, o ancora di più quella del movimento sindacale e delle scuole di ogni ordine e grado? Davvero avete voglia di conoscere tutto questo mondo?
Allora, vi consiglio di andarvi a cercare l’ultimo libro di Paride Leporace, giornalista scrittore e personalità eclettica del mondo della cultura calabrese, e vi assicuro che troverete quello che cercate.
Da dove cominciare? Dall’indice dei nomi. Quando in un libro trovate un indice dei nomi così completo e importante è il segno che il libro parla di moltissima gente diversa, racconta la vita di centinaia e centinaia di personaggi -noti o meno noti di una città, questo conta poco- e di una città come Cosenza che nel bene e nel male ha profondamente segnato la storia dell’intera Calabria.
Poi andate a guardarvi l’indice e troverete tante di quelle “parentesi” legate alla vita della città da doverle leggere tutte, una per una.
“E a loro e a tutti i morti e vivi del Novecento dedico questo mio scrivere, alla Cosenza della mia vita, una litania infinita, una ricerca che ancora prosegue”.

Capitolo dopo capitolo, Paride Leporace ricostruisce un secolo di vita cittadina. Come abbia fatto a farlo è abbastanza intuibile: complice -immagino io- il direttore della Biblioteca Civica di Cosenza, complici i suoi tanti amici professori e ricercatori universitari, Paride avrà passato giorni e notti nei sotterranei della vecchia biblioteca cosentina tra i giornali d’epoca, perché altrimenti non si spiegherebbe tanta dovizia di particolari e di dettagli legati alla storia di intere famiglie cosentine e di intere corporazioni. Mille nomi diversi, intrecci di ogni genere, luoghi e situazioni in cui si è dipanata la vita reale della città dei Bruzi.
Va detto, affascinante come operazione. E non solo perché il giornalista recupera una fetta di memoria perduta o sbiadita dal tempo, ma soprattutto perché ricostruisce per intero la vita di una città che nel 900 viveva ancora un sua autonomia culturale, pura, quasi elitaria, a tratti anche sofisticata ed eccessivamente borghese, ma lontana come lo era da Reggio Calabria e da Catanzaro.

Ecco come Paride Leporace ricostruisce per esempio la stagione, esaltante e in parte ormai dimenticata purtroppo, delle prime radio libere in città.
“Chi ha mappato il fenomeno indica il 30 novembre 1975 come primo vagito nell’etere di Radio Bruzia. Ma dopo soli 6 giorni la polizia postale dell’epoca sequestrava gli impian ti di Muoio Piccolo considerata l’assenza di legislatura. Una sentenza del pretore di Cosenza, Michele Quagliata, fa parte del novero di quelle che in tutt’Italia anticipano la decisione della Cassazione che liberalizza le radio libere in Italia. Radio Bruzia riprende i suoi programmi il 7 marzo 1976 e tante altre 158 Giornali, radio e tv antenne nasceranno del corso del tempo. Sorgeranno aziende di lungo corso ed esperienze effimere. Clamorosa la vicenda di Radio Sila, che nel 1977 è al cen tro di un’inchiesta giudiziaria che trovò nella sede di Laurigna no armi e armamentario dei rapinatori del clan locale Sena. L’emittente si era fatta notare per una rubrica in cui lo spea ker leggeva i bigliettini di saluti che uscivano dalle finestre del carcere di Colle Triglio. Un’eccezione vistosa ma in linea con quella mafiosità sempre presente a Cosenza. Comunque la radiofonia privata cosentina ha ormai una storia di mezzo secolo e la municipalità locale nel 2022 ha dedicato alla toponomastica il “Parco Radio libere 1976”, ri vendicando di essere stato il primo comune capoluogo di pro vincia ad avere questa attenzione”.
Dentro questo libro c’è la Cosenza che conta, ma c’è anche la Cosenza degli ultimi, i ragazzi di Padre Fedele Bisceglie, quella dei senza nome, dei senza tetto, dei poeti squattrinati, degli artisti costretti ad emigrare pur di affermarsi, dei grandi principi del foro cosentino, ma anche dei primi studenti universitari che sbarcano sulle colline di Arcavacata, dei primi vagiti politici di un leader come Franco Piperno, di Nicola Adamo per anni ai vertici della politica regionale, di Enza Bruno Bossio e della sua scalata in parlamento, in anni in cui la vera stella polare della sinistra cosentina alla Camera, sul fronte comunista, era quella di Francesco Martorelli.
“Ciccio Martorelli, in Parlamento è uno dei padri del 416 bis concepito insieme a Pio La Torre. Da avvocato militante ha difeso le ragioni dei giusti. Epigono di Fausto Gullo e Pietro Mancini, Martorelli ha rappresentato la parte civile di Rocco Gatto, Giannino Lo Sardo e Giuseppe Valarioti, uccisi dalla ‘ndrangheta per la loro opera di denuncia politica. Con la toga addosso sarà anche a fianco di Pietro Valpreda, l’anarchico additato come «mostro» che doveva pagare per la madre di tutte le stragi di stato. Ultrasettantenne ancora partecipava ai girotondi morettiani trovando sempre sostegno in Eduardo Simonetti, fulgida figura di sindacalista della Cgil per oltre mezzo secolo ma eretico al pari di Martorelli”.
Storia di uomini, quindi, e soprattutto storia civile.

Per me che non sono cosentino, e che sono arrivato a Cosenza per la prima volta nel 1982 -in realtà fu quando venni assunto alla RAI, che allora stava in pieno centro, in Via Montesanto- leggere questo libro è come aver ripercorso in una notte gli ultimi 40 anni della mia vita, perché dentro queste pagine ho ritrovato, sì ricordi importanti di quella mia lunga stagione in città, ma ho ritrovato soprattutto la magia del racconto che Paride fa di tutto questo, usando un linguaggio freschissimo, moderno, perfettamente aderente al suo carattere ribelle, a volte asettico, altre volte sarcastico dissacrante e ironico come solo lui sa ancora esserlo.
Addirittura, a pagina 201, ritrovo la foto di uno dei personaggi più incredibili che io abbia mai conosciuto a Cosenza vecchia, e che io ho amato moltissimo per averlo frequentato per anni. Era l’uomo che sapeva tutto delle vecchie radio a valvole, e di cui ero allora un collezionista incallito, e che oggi Paride ci restituisce nella sua originaria bellezza e all’interno di questa bottega artigiana dove io trascorrevo delle ore.
“Rammento la storia di Astra e Supercinema, sale gemelle dove fu proiezionista Paolino Pagliuso replicante reale del Noiret di Tornatore dai tempi di Rodolfo Valentino fino alla modernità e consegnando passione al figliolo Renato che si cimenta oggi con la regia”.
Non sono mai stato invece alla Ficuzza dove Paride Leporace invece sogna di ritrovare i suoi vecchi amici poeti.
“Certe notti in sogno mi ritrovo alla Ficuzza a Cosenza vecchia. Entro in una crepa e li trovo tutti seduti ad un tavolo, i poeti, come fossero alla cantina Bifarelli. Ci sono anche Ernesto D’Ippolito ed Ettore Loizzo che discutono animatamente di Massoneria e delle contumelie che ebbero su Licio Gelli. Gran liberale l’avvocato, comunista del Pci l’ingegnere costretto ad abbondonare il partito sono stati ai vertici delle obbedienze nazionali e hanno difeso pubblicamente la loro istituzione”.
Ma non solo loro. Il sogno di Paride riguarda anche Alfonso Rendano che suona al pianoforte, con Stanislao Giacomantonio “che a soli 12 anni era primo violino nell’orchestra della città, e poi Emilio Capizzano da Rende direttore d’orchestra a Buenos Aires al Teatro Colon e che incontrò Giacomo Puccini e Arturo Toscanini. Insieme a loro anche Maurizio Quintieri anch’egli direttore d’orchestra e autore di opere insieme a Mario Verdone, il padre di Carlo l’attore”.
E’ il romanzo che diventa poesia, e la poesia che si sostituisce al romanzo.
“La mano della poesia -scrive Paride- ha spesso bussato alla porta della creatività cosentina. Penso a Filippo Amantea Mannelli e al futurista Giuseppe Carrieri, anche presidenti dell’Accademia, al pasoliniano Francesco Leonetti, Carlo Cipparrone, Angelo Fasano benedetto da Luzi e Franco Dionesalvi ideatore di Invasioni di poesia negli uffici postali e sui bus, Raffaele De Luca “il maestro”, il metalmeccanico Franco Pasqua, Enzo Costabile paroliere dei Dedalus, Umile Peluso che scoprì il giovane Pasolini. Franco Dionesalvi. E tento di sollevare dall’oblio Michele Caruso, morto suicida a 44 anni nel 1934 e che almeno fu ricordato da un moscone di Matilde Serao che ne aveva celebrato in vita i versi nel 1910 esaltando “una vera poesia scritta da un vero poeta”.
Ma in un libro di Paride Leporace non poteva mancare Giacomo Mancini, “il monarca illuminato che per volontà popolare aveva reso possibile la rivoluzione di una città che aveva modificato il suo destino”. Pagine che trasudano di ammirazione e di affetto dichiarato.
“A questo pensavo la notte del 31 dicembre 1999, fine del secolo, stretto nei 40.000 scesi per la prima volta in piazza collettivamente a Capodanno per ascoltare il concerto di Franco Battiato e in tanti a stringere la mano al sindaco Giacomo Mancini. Per la prima volta nel calendario urbano una moltitudine di cosentini era scesa per le strade a salutare il nuovo secolo che arrideva ad una città del Sud in grado di liberare energie straordinarie costruendo opere materiali e immateriali di enorme potenza”.
Su questo libro si potrebbero scrivere dieci pezzi diversi. Perché i temi raccontati da Paride Leporace sono così tanti da meritare un approfondimento per volta. Vi lascio quindi alla lettura del saggio, perché ognuno scelga la parte che più preferisce leggere prima delle altre. Ma vale la pena di farlo. (Pino Nano)