Santo Versace, icona del Made in Italy

All’Università della Calabria la Laurea Honoris Causa in Ingegneria Gestionale

di Pino Nano

“La mattina ho l’abitudine di alzarmi presto. Mi immergo subito nella giornata che verrà. E in quella dopo. E in quella dopo ancora. Sono un uomo del presente e del futuro. Sempre stato così. Ero obbediente da bambino, disciplinato da atleta e coscienzioso da impiegato di banca, il mio primo lavo ro. Faccio mie le parole del grande scrittore calabrese Corrado Alvaro in uno dei suoi diari: «La disperazione più grave che possa impadronirsi d’una società e il dubbio che vivere rettamente sia inutile». Ognuno ha la sua pasta e la mia e questa. Non costeggio le incantevoli trappole della nostalgia, tendo a lasciare il passato dov’è, con i suoi gorghi di parole sbagliate o mai pronunciate, con i suoi lasciti di foto­ grafie bellissime o gesti rimpianti”.
Per l’Università della Calabria sarà un vero e proprio evento mediatico internazionale. Lo sarà per via della statura e lo spessore professionale dello “studente” che lunedì mattina, 10 marzo alle ore 11 in Aula Magna, riceverà dalle mani del rettore Nicola Leone la Laurea Honoris Causa in Ingegneria Gestionale, la seconda Laurea Honoris Causa decisa dalla Facoltà di Ingegneria dopo quella di Silvio Berlusconi. Era, allora, il 27 novembre del 1991.
È la laurea honoris causa a Santo Versace.
“A lui- spiega il rettore Nicola Leone- per la sua straordinaria carriera imprenditoriale nell’industria della moda e nella promozione del “Made in Italy” nel mondo”.
Francamente non si poteva scegliere “eccellenza” migliore, data la storia non solo di Santo Versace, ma dell’intera dinastia dei Versace, il cui nome oggi è in ogni angolo della terra sinonimo di bellezza e di tradizione tutta italiana. Una saga, la loro, che è anche una favola, una storia di successo, una pagina tutta italiana, che fa di Santo Versace ancora oggi uno dei punti di riferimento assoluti della moda nel mondo.
-Che vita è stata la sua e la vostra in Calabria?
“Mia madre, nata a Reggio Calabria nel 1920 voleva fare il medico, ma nel 1930, dopo aver conseguito la licenza elementare, mio nonno le disse: «Cara Francesca, basta andare a scuola, perché nella scuola ci sono gli uomini e non è un luogo per bene. Adesso vai a imparare un mestiere». E lei si scelse quello di sarta, andando a bottega dalla “parigina”, che era una sarta che aveva lavorato a Parigi. Prima della Seconda guerra mondiale aprì il suo primo negozio. Gianni nacque nel 1946, io sono del ’44, Donatella del ’55, Tinuccia, morta a dieci anni, del ’43. Vivevamo in via dei Muratori a Reggio Calabria dove c’era il laboratorio della mamma. Sembra un destino segnato: se mio nonno avesse mandato mia madre a scuola forse Gianni non sarebbe diventato un genio della moda. Tutta colpa, anzi tutto merito del nonno! Gianni ha da sempre respirato quest’aria, mentre io respiravo quella di mio padre, commerciante e atleta di valore: ciclista e corridore con diverse vittorie all’attivo ma anche calciatore nella Reggina in serie C”.
Santo Versace e Gianni Versace, due fratelli siamesi, due ragazzi calabresi impastati di genio e di amor proprio, educati al sacrificio e al rispetto verso gli altri, inseparabili, irrequieti, innamorati della vita, appassionati da tutto ciò che gli si muoveva attorno, manager di successo per il mondo, e fortissimamente ancorati alla loro Reggio e alla loro terra di origine. Dove c’era uno c’era l’altro, e se l’altro non c’era se ne coglieva lo stesso il profumo e la presenza. Senza Santo Versace Gianni Versace si sentiva sempre più solo. Il loro è stato un lungo viaggio nel tempo, che inizia a Reggio Calabria e che li porta insieme a Milano, e poi da Milano alla conquista del mondo intero.
“Mi sorprendo a pensare a come sarei, a come saremmo tutti, se Gianni fosse ancora con noi. Alle imprese straordinarie che lo aspettavano, ai progetti che avremmo potuto mandare avanti ancora insieme se la calibro 40 di un serial killer non lo avesse ucciso. A Miami, il 15 luglio 1997, e morta anche una parte di me”.
Quella di Santo Versace è la storia di un uomo, che di vite ne ha vissute mille, che ha maneggiato il potere, la ricchezza, la fama, ma che non ha avuto paura di rischiare, di credere nei sogni e nelle passioni, un uomo di un fascino incredibile che è stato capace di pensare in grande e attraversare le mille avversità della vita di famiglia senza mai farsi spezzare. Un industriale moderno che dava corpo reale alle visioni geniali del fratello più piccolo, e soprattutto un uomo così forte e caratteriale che non è mai fuggito dal suo ruolo principale, e che era quello di fratello maggiore. Santo ha saputo affiancare Gianni per tutta la vita e tradurre la sua arte in quell’azienda multinazionale che i tre fratelli insieme, Donatella insieme a loro, hanno poi trasformato in mito.
“Nostra madre -ricorda la stessa Donatella Versace- era una donna che veniva da una famiglia povera. Aveva sposato un uomo ricco ma si è data talmente da fare che, grazie alla sua sartoria, è diventata più ricca e più importante di lui. Ogni matrimonio da Roma in giù era suo. Faceva l’abito alla sposa, e a tutte le altre invitate. Così, di matrimonio in matrimonio, ha iniziato ad aprire boutique, a girare per comprare i tessuti, è diventata anche amica di Karl Lagerfeld. Ricordo però che tutte le mamme dei miei amici li accompagnavano a scuola, e lei non c’era mai. Mi mancava. E anche se era una donna calabrese dell’inizio del Novecento, mi diceva sempre: non pensare al matrimonio. Perché se credi che un marito ti possa risolvere la vita, hai sbagliato tutto. Ma questo mi ha reso una donna caparbia, e ha reso forti tutti noi”.
Oggi Santo Versace è davvero ancora un grande protagonista della storia della moda e del costume italiano, un alfiere del Made in Italy nel mondo, un uomo di un carisma debordante, che si respira nell’aria dovunque lui ci sia, e di una personalità da urlo che spesso ti incute soggezione. A me capita ogni qualvolta lo incontro, e quelle rare volte che è accaduto non sapevo mai se dargli del tu o dargli del lei, se chiamarlo dottore oppure onorevole, per i suoi trascorsi parlamentari. Santo Versace è il vero marchio di famiglia, un manager che ha tenuto dritto il timone della dinastia Versace anche nelle notti più buie, nei momenti più difficili, quando i dolori e le difficoltà hanno travolto tutti loro, soprattutto dopo la morte di Gianni, e la sua oggi, come quella della sorella Donatella Versace, non è solo la storia di un uomo o di una donna di successo, ma è anche quella del cognome famoso che portano, i “Versace”.
“Pensa che nel 1959-60 mio fratello Gianni convinse mia madre a vendere anche gli abiti confezionati, oltre a quelli su misura. A neanche 14 anni – ricorda Santo- Gianni aveva già capito che si andava verso quel tipo di consumi. Insieme al talento di stilista dimostrava di avere anche il senso del mercato. Poco dopo la convinse ad aprire il negozio che c’era in via Tommaso Gulli. Cominciò a farsi conoscere nell’ambiente. Un produttore di Martinafranca, in Puglia, capì subito che Gianni aveva talento e cominciò a commissionargli alcuni abiti. A quell’epoca i produttori erano pochi e si conoscevano tutti tra loro, perché era un’industria che stava nascendo. Negli anni ’60 Renato Balestra mandava a Gianni gli schizzi delle nuove collezioni e si confrontava con lui, un rapporto più di amicizia che di lavoro”.
Il curriculum di Santo Versace è il classico curriculum da primo della classe, un giovane imprenditore che scala la montagna della finanza internazionale con la stessa nonchalance con cui suo fratello diventava la star mondiale della moda, e con la stessa disarmante umanità con cui lui stesso, nel libro dedicato alla sua famiglia, racconta di sé stesso e dei suoi fratelli.
“Tutti sanno che mia madre era sarta e che Gianni ha iniziato ad appassionarsi alla moda nella sua sartoria, in quel tripudio di colori e frusciare di stoffe: mio fratello gattonava tra pizzi e merletti, mentre la mamma puntava spilli sugli abiti in prova delle sue clienti. Ricordo che quando Gianni era ancora all’asilo dalle suore che lui detestava e chiamava “teste di pezza”, la mamma venne convocata con toni di grande allarme. Secondo la suora, il bambino andava sorvegliato, era già un piccolo maniaco sessuale. La prova del reato erano i disegni che Gianni dedicava alle star del cinema, Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano. Le ritraeva con degli abiti di sua creazione che sottolineavano le curve delle attrici. Gianni spiego il concetto geometrico dei suoi disegni dicendo che aveva assegnato un certo numero di quadretti corri­ spondenti alla misura del seno di ciascuna: quattro qlJadretti per quello della Lollobrigida, cinque per la Loren e sei per la Mangano. Era un metodo quasi scientifico. Mia madre riferi, le suore si placarono. A casa ne ridemmo per giorni.
La loro vita è stata attraversata e percorsa dai ritratti e dai manifesti dei grandi fotografi di tutti i tempi. Da Richard Avedon a Helmut Newton, da Irving Penn a Bruce Weber, da Herb Ritts a Doug Ordway, a Steven Meisel. Ma anche dalle top model più famose del mondo. Erano gli anni delle Fab Four, da Linda Evangelista a Naomi Campbell, da Claudia Schiffer a Christy Turlington, da Carla Bruni a Stephanie Seymour, da Cindy Crawford ad Helena Christensen, da Yasmeen Ghaur a Karen Mulder, a Nadja Auermann. Ma sono anche gli anni in cui Lady Diana diventa la vera testimonial dei Versace per il mondo.
“Gianni – racconta Santo Versace- era entrato nella vita di Diana e viceversa qualche anno prima, nel momento in cui si era separata dal principe Carlo e aveva potuto iniziare a vestirsi senza tenere conto del ruolo ufficiale che prevedeva di indossare solo stilisti britannici. Anna Harvey, allora vicedirettrice dell’edizione UK di «Vogue», fece da tramite con noi e, da quel momento, in via Gesù a Milano avevamo un manichino con le sue misure, spedivamo i capi a Kensington Palace, la sua residenza. Spesso la premiere Franca Biagini si recava, insieme con altre due sarte, a Londra per gli ultimi ritocchi. Qualche volta ci andò direttamente Gianni. C’era un rapporto di stima e sostegno reciproco. Per lui vestire la donna piu fotografata del pianeta voleva dire avere conquistato una sorta di Sacro Graal della fama. Per lei significava celebrare la bellezza delle creazioni di Gianni ma anche segnalare al mondo la liberta ritrovata”.
Santo Versace, nasce a Reggio Calabria il 16 Dicembre 1944, ma viene registrato all’ufficio anagrafe solo il 2 gennaio 1945. Allora poteva anche accadere. Ed è a Reggio Calabria che incomincia a occuparsi degli affari di famiglia già dal 1958, coltivando nel frattempo anche una passione sfrenata per lo sport. È stato un indimenticabile e amatissimo campione di basket nella Viola Reggio Calabria, allora in serie B. Ma da ragazzo Santo ha anche fatto politica. Esordisce nel Partito Socialista Italiano, diventa vicesegretario provinciale del partito, e nel 1968 si laurea in Economia e Commercio all’Università di Messina. Trova il suo primo impiego alla filiale di Reggio Calabria della Banca di Credito Italiano, per poi aprire uno studio di commercialista a Reggio Calabria.
“I miei primi 32 anni sono stato a Reggio, dove avevo aperto uno studio da commercialista. Era una vita fantastica, ancora con la famiglia. Però l’esperienza più significativa è stata senz’altro creare un’azienda dal nulla a livello mondiale e poi difenderla, dopo la morte di Gianni. Il primo giro del mondo lo feci per l’apertura a Sydney, nel 1982. Il 4 gennaio da Milano andai a Fiumicino, poi ad Atene, Calcutta, Bangkok, e il 6 arrivai in Australia. Dopo volai a Melbourne, di nuovo a Sydney e da lì tornai indietro: una notte a Los Angeles, una a San Francisco, una a New York, una sull’Oceano Atlantico, una giornata a Parigi e il 16 ero a Milano. Dissi a Gianni che avremmo fatto meglio di Yves Saint Laurent”.
Il 1972 è l’anno in cui nasce ufficialmente la Gianni Versace SpA, di cui Santo è presidente dalla data di costituzione e fino al 2004, possedendo una quota del 30%, e il 1978 è invece l’anno della presentazione, a marzo, della “Linea Donna” e a settembre della “Linea Uomo”. Esistevano già sul mercato le prime borse, le prime cravatte ed i foulards che hanno poi fatto il giro del mondo. Nel 1976 Santo si trasferisce poi definitivamente a Milano, dove inizia a lavorare a tempo pieno con il fratello Gianni.
“La Gianni Versace -ricorda Santo Versace- costituita all’inizio del lavoro di Gianni nel 1972 come società, fu fatta per gestire il lavoro di Gianni, e per salvaguardare il marchio facendo tutte le opportune registrazioni del caso. Sin dall’inizio, pensai solo e sempre a tutelare Gianni e il suo lavoro”.
Negli anni ’90 Santo Versace trova anche il modo di lavorare in televisione per la Syndication Italia 7, partecipando come voce fuori campo alla trasmissione di seconda serata Le altre notti.
Ma al cuore non si comanda, e nel 1998 diventa azionista della Viola Basket di Reggio Calabria, società sportiva della sua città, e l’occasione è ideale per ritrovare i meglio della sua infanzia reggina tra amici e tifosi che lo considerano uno straordinario benefattore e mecenate dello sport. Di questa sua predisposizione e disponibilità eternamente goliardica Reggio Calabria gli è sempre stata grata e riconoscente.
Dal giugno 1998 all’ottobre 1999 diventa “Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana”, e poi presidente di Operation Smile Italia Onlus. Alle elezioni politiche del 2008 viene eletto alla Camera dei deputati nelle liste del Popolo della Libertà nella circoscrizione Calabria. Il 26 luglio 2011, durante l’iter di approvazione del disegno di legge volto a introdurre l’aggravante di omofobia nel codice penale italiano, esprime il suo voto contrario alla pregiudiziale di costituzionalità proposta da Rocco Buttiglione e sostenuta dalla maggioranza. Il 29 settembre dello stesso anno lascia il Popolo della Libertà con una lettera indirizzata al capogruppo alla camera Fabrizio Cicchitto e al Presidente della Camera Gianfranco Fini, aderendo al gruppo misto. Segno questo di una personalità forte, di uno spirito libero, e di un carattere eternamente ribelle ai soprusi o peggio ancora alle imposizioni delle lobby della politica.
Ma prima di lasciare definitivamente Montecitorio Santo Versace lascia un segno indelebile del suo percorso politico e della sua esperienza di parlamentare, dando il suo nome alla famosa “Legge Reguzzoni-Versace”, che firma e propone insieme al deputato leghista Marco Reguzzoni, e che nei fatti disciplina l’etichettatura “Made in Italy” e introduce l’obbligo della tracciabilità delle lavorazioni tessili. Una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’economia e dell’industria.
Il 9 marzo 2014 viene eletto per acclamazione Presidente dell’Assemblea Nazionale di “Fare per Fermare il Declino”, e dal 2015 al 2016 entra a far parte della direzione nazionale di Italia Unica, movimento politico dell’ex ministro Corrado Passera. Poi l’addio alla politica e il suo esordio come saggista e scrittore della storia di famiglia, ma su questo torneremo tra poco.
Successi dopo successi, insomma, questa è stata la sua vita e quella della sua famiglia.
“Siamo molto orgogliosi – dirà domani in Aula Magna il rettore Nicola Leone – di conferire questo riconoscimento a Santo Versace, uno dei simboli del talento calabrese nel mondo. La sua straordinaria carriera, partita proprio da questa terra, unita al suo impegno filantropico, sono un esempio per i nostri giovani ingegneri gestionali, che potranno trarre ispirazione dalla sua visione imprenditoriale e dalla sua capacità di coniugare successo e impegno sociale”.
Trionfi dopo trionfi. Il brand Versace diventa un must in tutto il mondo, e questo soprattutto grazie a lui e alla sua profonda conoscenza dei mercati internazionali. Dovunque e comunque si parla di lui e di suo fratello Gianni, dei colori sgargianti delle loro collezioni, delle figure mitologiche scelte da Gianni per i tessuti più sofisticati, delle sue meduse, dei suoi ricami, dei suoi abiti d’alta moda, della sua raffinatissima e sfrontata genialità nel vestire sia donne che uomini.
A dicembre del 1997 viene inaugurata al Metropolitan Museum of Art di New York la “Grande Esposizione Gianni Versace” e per i due fratelli Versace fu un trionfo planetario.
“Nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo. L’esposizione, curata da Richard Martin, è la prima vera retrospettiva dedicata alla carriera di mio fratello Gianni dopo la sua morte. In mostra c’erano oltre cinquanta abiti tratti dalle sue collezioni più sofisticate e dalle sue continue collaborazioni teatrali. Alla serata inaugurale riferì la stampa newyorkese parteciparono quasi tremila persone. Molti intervennero per ricordare e salutare Gianni. Per tessere le sue lodi. Indimenticabili e superbe le testimonianze di Anna Wintour, celeberrima direttrice di Vogue America, quella di Franca Sozzani direttrice di Vogue Italia, dello stilista Karl Lagerfeld, del grande coreografo francese Maurice Béjart, dei suoi amici cantanti Elton John, Sting e la moglie di Sting, Trudie Styler, di Cher, e infine delle nostre top model preferite, Naomi Campbell, Eva Herzigová e Valeria Mazza”.
Gianni e Santo, Gianni Santo e Donatella, fratelli insieme per sempre.
“Ti racconto questa, nel ’78 io e Gianni, fondiamo, la Maison Gianni Versace. Il 28 marzo 1978, Gianni presenta la prima collezione firmata con il suo nome e nasce un’icona alla prima sfilata al palazzo della Permanente di Milano, e il logo del brand. Una Medusa. Esattamente così, una medusa che attira immediatamente il pubblico di tutto il mondo. Così mi trasferisco definitivamente a Milano. Anni pazzeschi, di lavoro e di dedizione assoluta al servizio della estrosità e del genio che albergava nel corpo di Gianni. Pensa che aveva vinto anche il cancro nel ’94, e si sentiva invincibile. Nei prossimi anni, mi ripeteva in continuazione, finalmente ci divertiamo. Oggi mi manca lui, mi manca il suo genio. Ma Gianni manca alla moda, all’Italia. Manca a tutto il mondo”
Un cerchio che si richiude su sé stesso, per ricominciare immediatamente dopo “da dove eravamo partiti”.
“L’elaborazione del lutto di mio fratello Gianni e stata un viaggio lungo, difficile, intimo. Nei venticinque anni che sono trascorsi da quel giorno maledetto, in tanti mi hanno domandato, e ancora mi domandano, che cosa mi manca di lui. Mi mancano la sua genialità, il suo sorriso, il suo estro, ma soprattutto il suo affetto. Il tempo guaritore mi ha aiutato a metabolizzare la sua scomparsa e oggi, nei giorni migliori, riesco a sentirmi più forte di prima, come “raddoppiato” dalla sua presenza costante dentro di me”.
Lunedì 10 marzo, quindi domani, per Santo Versace arriva proprio dalla sua terra di origine, la Calabria, la “beatificazione accademica” di questa vita interamente spesa al servizio del Made in Italy nel mondo.
Alla cerimonia in programma all’Università della Calabria interverranno Francesca Guerriero, direttrice del dipartimento di Ingegneria meccanica, energetica e gestionale (Dimeg) e Giuseppina Ambrogio, coordinatrice del corso di laurea in Ingegneria gestionale. La “laudatio” sarà tenuta dal professore Luigino Filice, ordinario di Tecnologie e sistemi di lavorazione presso il Dimeg, e a rappresentare il mondo delle imprese sarà Francesco Cicione, presidente di Entopan.
La laurea “honoris causa” a Santo Versace- dice il prof. Luigino Filice- rappresenta, infatti, l’occasione per celebrare il contributo straordinario di Versace all’industria della moda italiana, frutto di una combinazione unica di visione imprenditoriale, strategia e innovazione gestionale. Grazie alla guida di Santo Versace e al genio creativo del fratello Gianni, la “Maison Versace” si è affermata come un’icona mondiale del “Made in Italy”. Ma l’opera di Santo Versace – aggiunge il professore- si distingue anche per la sua attività filantropica. Attraverso la Fondazione che porta il suo nome, “Santo Versace ha agito, infatti, in modo concreto, contro le diseguaglianze sociali, mettendo in campo iniziative di inclusione sociale a sostegno delle persone fragili”.
L’evento – precisa una nota ufficiale del campus calabrese- vedrà la partecipazione non solo dei componenti della comunità accademica dell’Università della Calabria, ma anche dei rappresentanti del mondo industriale e di numerose realtà imprenditoriali locali e nazionali, partner del corso di laurea in Ingegneria gestionale, “a testimonianza di un solido legame tra ateneo e mondo produttivo per lo sviluppo di innovativi progetti ed idee d’impresa”. Bellissima storia umana prima ancora che accademica.

“Noi Versace abbiamo inseguito il vento”

“Fratelli, Una famiglia tutta Italiana” è il titolo del libro che Santo Versace ha pubblicato qualche anno fa con la Rizzoli, e che ha dedicato alla storia della sua famiglia. E’ un libro bellissimo, a tratti shoccante, a tratti invece avvolgente e dolcissimo, ma così pieno di ricordi personali da sembrarne un vero e proprio diario segreto, intimo, riservato, ricco di amore immenso per il fratello Gianni, per la sorella Donatella, e soprattutto per suo padre e sua madre.
-Versace, perché un industriale come lei eternamente in giro per il mondo ad un certo punto si ferma e decide di raccontare in pubblico la sua storia?
“Perché avevo bisogno di chiudere un’epoca, una volta per tutte, soprattutto la tragedia di Miami”.
-Si sarebbe mai aspettato una tragedia simile?
“Come fai ad aspettarti una fine così violenta! A quel tempo io avevo la gestione di tutto, tutto quello che non appariva lo gestivo io. Gianni gestiva dall’inizio della collezione alla sfilata e la comunicazione. Il resto poi era tutto compito mio. Quel giorno lui non doveva andare a Miami. Eravamo a Parigi, Elton John lo invitò in Costa Azzurra. Gianni aveva voglia di andare in America, non era previsto Miami, doveva tornare. A Miami avevamo una casa bellissima. Non era previsto Miami e non era prevista la sua fine. Lui mi diceva sempre “io sono più giovane di te, io sono immortale, quando non ci sarai più mi occuperò dei tuoi figli”.
-Come reagì dopo alla morte di suo fratello?
“Quando arrivò la notizia la mia risposta fu secca, Gianni non è morto, Gianni è immortale!”.
-Cosa ricorda di quel giorno?
“Io mi trovavo all’Hassler. A un certo punto, arrivò l’allora presidente della Camera della Moda, piangendo, disse che Gianni Versace era morto. Io risposi come le ho già detto: ‘Gianni è immortale’. Da lì partimmo per Ciampino e quando arrivammo a Miami volemmo vedere il corpo di Gianni. In quel momento ho preso coscienza del fatto che lui non c’era più veramente. Fui io a decidere per la cremazione. Dall’agosto 1997 all’ottobre 2021, tutti i fine settimana liberi andavo nella nostra casa sul Lago di Como e piangevo”.
-Immagino che il ritorno a Miami per riconoscere suo fratello sia stata una cosa terribile?
“Arrivato a Miami mi sono finalmente reso conto che Gianni se ne era andato davvero. Una volta sbarcati a Miami, sono voluto andare a vedere Gianni, era notte, l’ospedale era chiuso ma abbiamo fatto il ‘diavolo a quattro’. Ci hanno aperto e abbiamo visto Gianni ed era finita, ho preso coscienza che non c’era più… Da quell’evento ci ho messo tantissimi anni a superarlo. Questo libro mi libera completamente anche dalla tragedia di Miami. Per quattro anni, quando non lavoravo, andavo ogni fine settimana al Lago di Como e dormivo nel suo letto, era come se cercassi di recuperarlo, di riprenderlo.”
-Dopo la morte di suo fratello lei è diventato paladino di una vera e propria battaglia giudiziaria che desse finalmente giustizia a tutti voi…
È vero, dopo la morte di Gianni ho rincorso la verità ad ogni costo.
-E come è finita?
“Che alla fine noi abbiamo dimostrato in ogni angolo del mondo. che quello che era stato raccontato o scritto era tutto falso. Qualunque situazione che era stata scritta su Gianni, abbiamo dimostrato tranquillamente che era totalmente falsa. Quell’uomo aveva già ucciso quattro persone lungo l’America, era un serial killer”.
-Impressionante….
“Subito dopo la sua morte, l’FBI ci disse subito che quel’uomo cercava un personaggio celebre per restare nella storia. Aveva pensato prima Tom Cruise, A Madonna, A Sylvester Stallone… Insomma, un mitomane.”
-Posso chiederle che rapporti avevate tra di voi?
“L’ho scritto a chiare lettere nel mio libro. I rapporti tra fratelli non seguono regole precise. Piuttosto, seguono le onde della vita. Ci si unisce e ci si disunisce, ci si allontana e ci si riavvicina. Si naviga a vista. Calma piatta o mareggiate. Qualcuno che casca fuoribordo e qualcuno che lo riacciuffa. Si arriva in porto navigando en souplesse o si è costretti a scappare, inseguiti dagli squali. Se devo dire qual è stato e qual è tuttora l’aspetto più straordinario della mia vita, più ancora dei risultati ottenuti, mi ha entusiasmato la navigazione”.
-In che senso lo dice?
“Nel senso che ho seguito il vento. Ho seguito il vento della nostra famiglia”.
-Confesso che è bello quello che mi dice…
“Vede, nella mia vita ho imparato a vivere dai miei genitori, ho incoraggiato i progetti di Gianni e poi di Donatella, e ho protetto fino in fondo il nostro patrimonio”.
-È vero che lei aveva un rapporto straordinario con suo padre?
“Le racconto un dettaglio della sua vita. Mio padre Antonino Versace non amava lo sfarzo e probabilmente non capiva nemmeno perché a un certo punto, Gianni, Donatella e io stesso avessimo scelto di vivere immersi in tanta ricchezza. Forse, addirittura, tutto quel lusso lo imbarazzava. Era uomo di poche parole ma di grande e profonda perspicacia, conosceva l’animo umano. In particolare, capiva perfettamente la dinamica affettiva tra i suoi figli. Proprio in occasione di un Natale a Moltrasio, sul Iago di Como, dove l’anno prima avevamo comprato Villa Fontanelle, durante una conversazione, Gianni e Donatella i rivolsero a lui per domandargli un parere su qualcosa: «Che ne pensi tu, papa?» e lui rispose: «Chiedete a Santo, è lui vostro padre».
-Bellissimo, non crede?
“Fu quasi una benedizione del mio ruolo all’interno del nostro terzetto Era un uomo che viveva dentro un’armonia straordinaria, bilanciava ii tempo dedicato alla professione, alla famiglia e ai suoi interessi culturali. Era un forte lettore e conosceva i classici a memoria. Recitava l’Odissea e l’Orlando Furioso con gusto, mi ha trasmesso l’amore per i libri, quel bisogno di avere sempre un mondo interiore ricco, qualunque mestiere tu faccia. Ricordo ancora i romanzi importanti che mi ha consigliato di leggere, abitudine che io ho poi trasmesso a Gianni. Lui stesso in un’intervista ricordò che ero stato io a mettergli in mano una copia della Metamorfosi di Franz Kafka, un libro che l’aveva sconvolto e illuminato”.
-Ma lei aveva un amico particolare a Reggio Calabria che oggi le piace ricordare?
“Era Pasquale Amato, lo chiamavamo Uccio, era un diminutivo affettuoso, ed era un amico di lunga data. Suo padre aveva una pasticceria in Corso Garibaldi e tutte le domeniche nostro padre portava Gianni e me a comprare le paste. Uccio è stato anche mio compagno d’università. Benché frequentassimo facoltà differenti, abbiamo condiviso la militanza nella stessa associazione studentesca”.
-E sua mamma?
“Mia madre Franca era una bravissima sarta. In realtà lei sognava di fare il medico ma erano altri tempi. Non era solo bella ma era anche, decisamente, la più elegante rispetto alle altre ragazze della città. Mio padre per conoscerla ricorse a uno stratagemma: chiese alla sorella Maria di andare a farsi fare un abito da lei. La conquistò, credo, grazie alla sua forza tranquilla. Credo che avessero molte cose in comune. Si sposarono nel 1943. Si erano conosciuti come ci si conosceva a quei tempi, guardandosi prima da lontano, prendendo informazioni da terzi, cercando di capire chi era e com’era l’altro. Una lunga danza di corteggiamento”. Da ragazza era andata a imparare il mestiere dalla “Parigina”, una sarta di Reggio che si faceva chiamare cosi perchè aveva studiato a Parigi. Nel 1940, dopo un lungo apprendistato, mamma apri finalmente il suo atelier, con il suo nome: Franca Olandese. Con noi figli, scendeva sempre in campo per difenderci, perchè ci conosceva come nessun altro”.
-Quale è oggi il modo più bello per ricordare suo fratello Gianni?
“Gianni era Gianni Versace, un sognatore, un eterno bambino. Io ero invece ipercinetico, smanioso di costruire, di affermarmi, di partecipare il prima possibile allo stesso tavolo dei “grandi”. Lui era un uomo davvero venerato come un imperatore. Ogni angolo del mondo lo ha pianto perché lui ha rivoluzionato il modo di pensare la moda. Mi creda, lui era un artista a tutto tondo, e non solo uno stilista. Ha disegnato abiti per il teatro, per l’opera, era questa la sua autentica passione. E poi c’era la casa. La “home collection”, perché chi compra Versace ne deve restare avvolto. Ci si deve svegliare, deve viverne lo stile, lo deve respirare, ne deve acquisire il modo di pensare. Questo ci ripeteva Gianni continuamente. Mi diceva sempre anche sorridendo: “’Non preoccuparti io continuerò a disegnare stracci”. Ma lui è sempre stato oltre, avanti. D’altronde è così che il suo talento ha trovato la luce: Era troppo luminoso per non venire fuori”.
-I successi dei Versace non hanno ormai confini, ma ci sono degli eventi speciali che legano indissolubilmente la sua vita quella di suo fratello?
“La prima cosa che mi viene in mente è la prima retrospettiva su Gianni, è del 1989, “L’abito per pensare “, ma a questa sono seguite poi tante altre rassegne diverse. Penso alla retrospettiva del Metropolitan Museum di New York, è un omaggio ed un riconoscimento al grande stilista scomparso. Ma penso soprattutto a tutte le Mostre fatte dal 1989 a prima della tragedia, sono state tutte incredibili e bellissime, e New York è stata una celebrazione quasi sacra del Genio scomparso”.

La Fondazione Santo Versace


“Fin troppo serio, quasi burbero e squadrato agli occhi di molti. Uomo di numeri e business, si è sempre detto di me. È vero, ma dietro alla velocita e alla lucidità di un imprenditore c’è, o almeno ci dovrebbe essere, un’idea del mondo, di etica e principi morali da consegnare alla collettività. Il mio punto di riferimento sono sempre stati gli uomini illuminati, come Adriano Olivetti. Uomini che sapevano conquistare ma anche restituire…”.
La notizia per ovvi motivi ha già fatto il giro del mondo.
L’8 Settembre del 2021 sotto la supervisione del notaio Fabiana Togandi nasce di fatto la Grande Fondazione Santo Versace, fortemente voluta e condivisa da sua moglie Francesca De Stefano Versace. Come dire? Una fondazione che suggella una bellissima storia d’amore, che realizza un sogno condiviso insieme, che proietta questo loro amore, intimo e privato, nel futuro del mondo che verrà, perché il mantra di questa loro “creatura d’amore” è la difesa e l’aiuto dei più soli e dei più poveri.
“Da ragazzo ero boyscout -racconta Santo Versace all’inviata del Corriere della Sera che l’8 gennaio del 2024 gli dedica un’intera pagina del giornale-. Da adulto mi sono allontanato. Soprattutto dopo quello che è successo a Gianni mi sono un pò perso. Ma grazie a Francesca ho ritrovato la fede: andiamo a messa tutte le domeniche e nei giorni festivi. Si lavora per il paradiso, lo si cerca per tutti i parenti…Della Fondazione me ne occupo con mia moglie. La cosa più bella l’abbiamo fatta a Fabriano, il giorno dell’Immacolata, alla messa per i 25 anni dell’ordinazione sacerdotale del nostro padre spirituale, don Aldo Bonaiuto. Abbiamo battezzato due bambine. Lei Sarah, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani: è una nigeriana di 5 anni la cui madre era stata vittima della tratta. Io Lyanna, con la moglie di Tajani, Brunella Orecchio: ha 9 mesi ed è nata su un barcone della speranza. Abbiamo aspettato luglio scorso per sposarci in chiesa: se avessi saputo che sarebbe stato così emozionante lo avrei fatto prima!”.
Dentro questa “nuova cellula di vita” che è la Fondazione Santo Versace c’è per intero lo spirito e la storia della grande famiglia Versace, che lascia Reggio Calabria per conquistare un piccolo spazio a Milano e nel giro di 30 anni diventa la perla per eccellenza in tutto il mondo della moda, e Santo Versace più di Gianni Versace o della stessa Donatella di questa straordinaria operazione di marketing mondiale è stato il vero grande artefice materiale.
“Un altro giro incredibile fu quando ci svegliammo a New York con Anne Marie Paltsou, che era direttore commerciale: dopo colazione andammo a La Guardia per prendere l’aereo per Toronto, lì scegliemmo lo spazio per la boutique nuova, pranzammo, andammo a Montréal per un’altra boutique, cenammo e prendemmo l’aereo per tornare a dormire a Vancouver. Tutto nello stesso giorno. Da Vancouver, dopo, San Francisco, Honolulu, Los Angeles, e infine Milano…Se Gianni non fosse stato ucciso avremmo creato un polo internazionale del lusso”.
Era questa la vita di Santo Versace. Oggi, passato, presente e futuro per lui sono la stessa cosa, perché Santo vive nel ricordo di ciò che è stato, ma programma il futuro della sua vita e della sua Fondazione con gli stessi criteri maniacali e matematici con cui ha costruito e difeso l’impero di famiglia, cocciuto, determinato, visionario, affascinante, eclettico, a tratti anche scontroso, probabilmente per il peso enorme del cognome che porta, perché i Versace ormai sono parte della storia del costume e della moda nel mondo, e ogni cosa che fa diventa, più di ieri, oscuro oggetto del desiderio. Sempre sotto esame, come se la sua vita scorresse sotto una immensa lente di ingrandimento. Ma questo forse è anche il prezzo altissimo di un successo planetario come il loro.
Oggi, tra i primi beneficiari sul territorio nazionale dell’attività della Fondazione Santo Versace ci sono, in particolare, due realtà che si occupano di accogliere e sostenere persone in stato di bisogno: il progetto Cittadella Cielo di Frosinone della Comunità Nuovi Orizzonti fondata da Chiara Amirante e la parrocchia San Nicolò di Fabriano (AN), gestita da Don Aldo Bonaiuto.
La Fondazione, di cui certamente sentiremo parlare nei mesi e negli anni che verranno, nasce dal legame che unisce i suoi fondatori, Santo Versace e la moglie Francesca De Stefano Versace, e dalla loro volontà di fare la differenza per chi è stato meno fortunato. Entrambi sono infatti da tempo attivi nel sociale sia a livello personale sia all’interno di organizzazioni non profit. Una storia d’amore senza confini e senza limiti di spazio o di tempo.
“Francesca mi ha fatto riscrivere nel vocabolario la parola amore. L’avevo cancellata il giorno di Ferragosto del 1969, quando la mia fidanzata di allora, Letizia, mi lasciò per telefono. Dopo 9 anni l’ho sposata civilmente, dopo 18 in Chiesa, per i 27 mi devo inventare qualcos’altro. Prima di incontrarla, non pensavo che esistessero ancora donne come lei. Per dire: non mi tradisce per rispetto di sé, mica per timore di essere scoperta”.
La mission della nuova Fondazione è quella di stare accanto ai più fragili.
“La Fondazione – aggiunge Francesca- è il figlio che non abbiamo avuto: ci piace conoscere chi aiutiamo. E con la casa di produzione Minerva ora inseguiamo l’Oscar”.
Una storia parallela, questa del sogno di un Oscar, parallela alla vita della Fondazione. In realtà non è altro che il sogno comune di poter realizzare un film da Oscar sul Made in Italy, probabilmente partendo proprio dalla leggenda di Gianni Versace, così come Santo e Francesca hanno già provato a fare, e con immenso successo di pubblico e di critica, con la fiction che in queste settimane sta andando in onda il lunedì sera in prima serata su RAI uno e dedicata alla giornalista Oriana Fallaci, una serie cinematografica interpretata da una Miriam Leone bravissima e credibile oltre ogni immaginazione. Chi vivrà vedrà, ma conoscendo i due c’è da giurare che dopo questo film bellissimo su Oriana Fallaci, al cinema o in televisione, leggeremo ancora nei titoli di testa “Prodotto da Santo Versace”. Un ennesimo motivo di orgoglio per il Paese.
È questo dunque l’obiettivo fondamentale e “visionario” della Fondazione Santo Versace, Ente filantropico di recente costituzione che si impegna nel sostegno diretto di progetti destinati a chi vive in condizioni di fragilità e di disuguaglianza sociale, in Italia e nel mondo.
“Lo facciamo per aiutare chi si trova in difficoltà, cosa che per noi è sempre stato molto naturale – dicono marito e moglie- grazie a quanto ci è stato trasmesso dalle nostre famiglie. Ci hanno insegnato –sottolinea Santo Versace- che quando si ha più del necessario è giusto e doveroso essere generosi verso chi, invece, manca addirittura dell’indispensabile. La Fondazione è nata proprio con questo scopo: sostenere i più fragili. Rappresenta per noi un progetto di vita, nato dal nostro amore e dal desiderio di lasciare qualcosa per il futuro”.
Gli obbiettivi della nuova Fondazione Santo Versace- si legge in una nota ufficiale – saranno diversi e variegati: “Realizzare interventi dedicati ai minori e a persone in condizioni di fragilità, dare impulso all’empowerment femminile, combattere ogni forma di povertà e favorire l’inclusione sociale attraverso un’educazione equa e una formazione di qualità”.
Ma la Fondazione Santo Versace si propone anche di sostenere progetti di enti non profit attraverso l’erogazione diretta di fondi, beni e servizi. Non solo questo. Nei progetti di Santo Versace e sua moglie, oltre a finanziare concretamente progetti dall’alto valore sociale, la Fondazione si propone per il futuro anche di avviare progetti propri sempre destinati alle fasce più deboli e svantaggiate della popolazione, “e tutto questo- sottolinea il grande manager italiano- nell’ottica di avere un rapporto sempre più diretto con i beneficiari e trasmettere loro una reale vicinanza ed empatia”.
La grande finanza italiana dunque al servizio dei bisogni degli ultimi, la riscoperta di un rapporto antico che la famiglia Versace ha sempre avuto con il mondo dei più deboli, quasi una rincorsa a fare del bene, comunque e dovunque, e nel nome di una casa di moda che il mondo intero ci invidia da sempre, una testimonianza di solidarietà e di amore dichiarato a chi più ha bisogno, una eredità morale che Santo Donatella e Gianni si portano dietro dalla nascita, quando ancora bambini giocavano per strada alle spalle del duomo di Reggio Calabria. E come se tutto questo già non bastasse a dare l’idea dell’importanza di questo annuncio Santo Versace sottolinea ancora che tra gli obiettivi dell’impegno filantropico della sua famiglia c’è anche quello di “mettere in contatto tra di loro organizzazioni meritevoli, fondazioni, imprese e donatori così da costruire una rete virtuosa di rapporti e aiuti in grado di massimizzare l’apporto di ciascuno”. Una straordinaria catena di solidarietà dunque firmata ancora una volta Santo e Francesca Versace.

”La nostra Mission”

La Fondazione – si legge nello statuto ufficiale della stessa- persegue esclusivamente, senza scopo di lucro, finalità di solidarietà e utilità sociale, mediante lo svolgimento in via esclusiva o principale delle attività di interesse generale qui elencate, in forma di azione volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni e servizi. I Fondatori sono Santo Versace e Francesca De Stefano, che sono membri del Consiglio di Amministrazione, rispettivamente nel ruolo di Presidente e di Vice Presidente, fino a quando sono in vita e sono legalmente capaci. In caso di decesso o sopravvenuta incapacità legale di Santo Versace, Francesca De Stefano assumerà il ruolo di Presidente. In particolare, la Fondazione si propone di:
a) erogare denaro, beni o servizi a favore di persone socialmente svantaggiate, di persone in difficoltà a causa di malattie, di persone in condizioni di bisogno, disabilità, disagio, anche derivanti da inadeguatezza di reddito, da difficoltà sociali e da condizioni di non autonomia;
b) sostenere e promuovere interventi e progetti nazionali e internazionali che aiutino le fasce più deboli della popolazione, le persone socialmente svantaggiate o in difficoltà a causa di malattie, di disabilità, disagio economico e/o sociale, in condizioni di povertà e di emarginazione sociale, anche attraverso iniziative a favore dell’accoglienza, della salute, dell’istruzione, dell’integrazione sociale;
c) realizzare interventi e gestire servizi e/o strutture, per rispondere ai bisogni di assistenza e cura delle persone sopra indicate, autosufficienti e non;
d) svolgere attività di educazione, istruzione e formazione scolastica e/o professionale, nonché attività culturali di interesse sociale con finalità educativa, anche tramite l’organizzazione e la gestione di attività di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato. Per il perseguimento dei propri scopi, la Fondazione potrà svolgere la propria attività sia direttamente che finanziando progetti umanitari promossi da altre fondazioni e associazioni, organizzazioni umanitarie ed Enti del Terzo Settore, nonché potrà collaborare con enti pubblici e privati.
In via secondaria e strumentale, la Fondazione può esercitare attività diverse da quelle di interesse generale, purché siano svolte secondo criteri e limiti prescritti dalla normativa vigente.
La Fondazione può esercitare attività di raccolta fondi, attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi, o anche attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico.
La Fondazione potrà nel perseguimento e per il raggiungimento dei propri fini istituzionali:
a) realizzare interventi e gestire servizi/strutture, a ciclo residenziale e semiresidenziale, per rispondere ai bisogni di assistenza e cura delle persone;
b) organizzare seminari di studi, convegni, presentazioni e altre manifestazioni pubbliche e private;
c) istituire borse di studio rivolte a soggetti in condizioni di disagio economico e/o sociale, sovvenzionare studi, ricerche, realizzare e distribuire prodotti editoriali, multimediali, video, su qualsiasi supporto;
d) contribuire alla realizzazione da parte di terzi di iniziative rientranti nello scopo sociale;
e) raccordare la propria attività con quella di altri enti aventi analoghe finalità, anche attraverso la partecipazione a istituzioni o organizzazioni, e attraverso lo sviluppo, il finanziamento e cofinanziamento di progetti specifici;
f) stipulare convenzioni di qualsiasi genere con enti pubblici o privati, che siano considerate opportune e utili per il raggiungimento degli scopi della Fondazione;
g) ricevere contributi e sovvenzioni da enti pubblici, territoriali e non, e da privati; h) partecipare a organismi ed enti nazionali ed internazionali di ogni genere;
i) compiere tutte le operazioni mobiliari, immobiliari, commerciali e finanziarie, nel rispetto della normativa vigente, che saranno ritenute necessarie o utili o comunque opportune per il raggiungimento dello scopo sociale;
l) concedere patrocini a titolo gratuito o oneroso.

Il sogno dei Versace


“La visione per il futuro -mi ripete Santo Versace- è quella di creare una rete della solidarietà, composta da enti, imprese e donatori che collaborino tra loro per il bene comune favorendo il rispetto della dignità di tutti gli esseri umani, ovunque”.
Parlare e discutere con Santo Versace della Fondazione e dei suoi progetti è quanto di più magnetico ci si possa aspettare da un manager come lui. Di ogni idea, di ogni iniziativa della Fondazione, di ogni progetto Santo Versace conosce i minimi dettagli, gli orizzonti interessati al progetto, le sinergie necessarie, i soggetti interessati e i paesi stranieri coinvolti, quasi fosse chiamato oggi a gestire una onlus di respiro internazionale, ma c’è tutto questo insieme nella motivazione ufficiale con cui l’Università della Calabria domattina, 10 marzo, gli conferirà la Laurea Honoris Causa in Ingegneria gestionale. Per darvi l’idea di cosa faccia oggi la sua Fondazione vi invito a leggere il proflo dei vari progetti già avviati dall’industriale reggino e da sua moglie Francesca( p.n.)
-Abbracci in Libertà
Progettiamo insieme spazi per “abbracci in libertà” nel carcere di Bollate. “Abbracci in libertà” è un progetto realizzato dalla Fondazione Santo Versace che prevede la riqualificazione di un’area esterna del reparto femminile della Casa Circondariale di Bollate. L’idea nasce dalla necessità di creare un luogo accogliente all’interno del carcere che diventi un punto d’incontro, relazione e socialità per le madri detenute e i loro figli.Uno spazio esterno “a misura di bambino”, che attraverso il linguaggio della bellezza sappia regalare dei momenti di serenità e amore per condividere degli “abbracci in libertà”. Attualmente gli incontri si svolgono in un ambiente non esclusivo, condiviso con gli altri detenuti del reparto maschile. Vogliamo che il progetto rispecchi la nostra vision e diventi un impegno collettivo. Per questo abbiamo deciso di coinvolgere giovani architetti e architette under 35 nello sviluppo di un’idea che possa riqualificare e trasformare l’area.

-Made in Carcere
La Cooperativa Sociale Officina Creativa, fondata da Luciana Delle Donne, ha sviluppato il progetto e social brand Made in Carcere con lo scopo di offrire una seconda opportunità alle donne in stato di detenzione. La Fondazione Santo Versace sostiene l’ampliamento del progetto all’interno del reparto femminile della Casa Circondariale di Taranto. L’ampliamento prevede due macrofasi: la prima di sistemazione e riorganizzazione di alcuni ambienti, la seconda di apprendimento e formazione. La prima fase consiste nell’abbellimento degli spazi di lavoro e di colloquio per renderli più a misura di persona, attraverso il decoro delle pareti, la sistemazione di nuovi arredi, l’acquisto di attrezzature professionali e materiali d’uso che permettano alle detenute di vivere in condizioni dignitose e di lavorare all’interno del carcere. La seconda fase si basa sull’apprendimento e offre a tutte le detenute l’opportunità di ricevere una formazione che permetta loro di acquisire nuove competenze, consapevolezza e dignità. Ad alcune di loro è inoltre proposta una formazione specialistica sartoriale per lavorare ed essere retribuite negli spazi appositamente allestiti.

-Il Miracolo della Vita
“Il Miracolo della Vita – Tabasamu la mama“, espressione che in lingua swahili vuol dire il sorriso della madre, è il primo progetto internazionale della Fondazione Santo Versace, realizzato in Kenya, nella baraccopoli di Nairobi, Kibera, in collaborazione con l’associazione Amani e Koinonia Community che da anni operano in loco. L’anima del progetto è una casa che si trova proprio al confine della baraccopoli dove sono accolte ragazze madri, con i loro bimbi, che vivono per strada, in condizioni di grave fragilità materiale ed emotiva ma che hanno scelto di mettere al mondo i loro bambini nonostante le loro enormi difficoltà. La Fondazione ha scelto di affiancare al nome locale “Il Miracolo della Vita”, per celebrare la scelta coraggiosa di queste donne di abbracciare la vita, nonostante le difficoltà che le hanno costrette a vivere in strada. Nella casa le giovani madri trovano innanzitutto un rifugio dove sentirsi protette e non essere più costrette alla dura vita di strada, sono curate e seguite in tutti i loro bisogni essenziali e viene inoltre facilitato l’accesso a servizi sociali e medici, per garantire un supporto completo al benessere fisico e mentale delle mamme e dei bambini. Il percorso di riabilitazione prevede anche il reciproco sostegno, un supporto psicologico per affrontare traumi e dipendenze e l’aiuto nel rafforzamento delle capacità personali e sociali. Il periodo di permanenza delle donne nella struttura è di circa 6 mesi al termine dei quali, se le condizioni lo permettono, si attiva un programma di uscita e semi autonomia della durata di ulteriori 6 mesi, che mira al reinserimento delle beneficiarie nella comunità con l’obiettivo di renderle indipendenti, anche economicamente, per poter costruire un futuro più sereno per sé stesse ed i propri bambini.

-Il “Gusto del Bene”
Un vasetto di marmellata può contenere il sapore della libertà, della rinascita e della speranza. Il progetto della Fondazione Santo Versace realizzato insieme all’Associazione Pace in Terra ETS fondata da Don Aldo Buonaiuto. Le confetture e i succhi di “Nonna Marina” realizzano il sogno di una nuova vita di giovani donne vittime di tratta accolte nella Comunità Papa Giovanni XXXIII, fondata da don Oreste Benzi. Il progetto è stato avviato nelle Marche, grazie alla collaborazione solidale con l’Università Politecnica delle Marche, e ha fin da subito riacceso una luce in fondo al tunnel delle sofferenze subite da queste vittime che ora ritrovano dignità e fiducia in sé stesse e nel mondo che le circonda. Nonna Marina è la corresponsabile della Casa Famiglia Rifugio della Comunità Papa Giovanni XXIII. Lei ha lasciato le comodità della propria casa, per mettersi in gioco ogni giorno e diventare la mamma di queste ragazze che, con molto coraggio, scelgono di essere aiutate per poter scappare da una vita di sofferenza. Condivide con loro quotidianamente sia le gioie sia i dolori, aiutando quelle che considera delle vere e proprie figlie a ritrovare serenità e pace, donando loro quell’affetto sincero di cui hanno tanto bisogno.

-Ragazzi al centro
La Fondazione Santo Versace cofinanzia il progetto triennale “Ragazzi al centro”, selezionato dall’impresa sociale Con i bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, insieme all’azienda Dolce&Gabbana, rivolto a giovani tra i 13 e i 18 anni in condizioni di grave disagio psico-sociale e dispersione scolastica. Il progetto si realizza e sviluppa all’interno della Cittadella dei Ragazzi, situata a Villa Lazzati a San Vittore Olona, una struttura accogliente e stimolante immersa in un ampio parco di proprietà della Fondazione Minoprio alla cui nascita la Fondazione Santo Versace ha dato un importante contributo e gestita in comodato d’uso dalla Cooperativa Sociale Piccolo Principe di Busto Arsizio. Ragazzi al Centro nasce dall’esigenza sempre maggiore di contrastare la dispersione scolastica e assicurare al contempo il raggiungimento di un benessere fisico e psicologico per i ragazzi e le ragazze accolti e prevede la ristrutturazione di una parte antica della villa, dove saranno realizzati dei laboratori professionalizzanti con finalità sociali e riabilitative, il sostegno scolastico e attività sportive. I giovani partecipando alle diverse attività avranno una straordinaria occasione di crescita e realizzazione, acquisiranno diverse competenze che consentiranno loro un pieno inserimento a livello sociale e lavorativo. Il principale obiettivo è il contrasto alla povertà educativa e l’inclusione sociale dei ragazzi, ma l’elemento innovativo del progetto è rappresentato dal proposito di tenere i minori in famiglia, attuando un lavoro su di loro e nel contempo coinvolgendo i genitori e la scuola.

-Metamorfosi
“Metamorfosi” è un progetto ideato dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, presieduta da Arnoldo Mosca Mondadori, in collaborazione con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli. Il progetto, sostenuto dalla Fondazione Santo Versace, pone lo sguardo sul tema della migrazione attraverso una metamorfosi vera e propria: quella del legno delle barche dei migranti, trasportate dal molo Favaloro di Lampedusa in alcune carceri italiane, che viene trasformato da persone detenute in strumenti musicali. Nel progetto sono coinvolti i laboratori di liuteria delle carceri di Opera e di Secondigliano ed i laboratori di falegnameria nelle Case di Reclusione di Monza e Rebibbia, dove vengono realizzati oggetti di carattere sacro come i rosari. Si è così creata una rete che consente ad alcune persone in stato di detenzione di essere formate, rieducate e di lavorare, dando applicazione al principio costituzionale contenuto nell’art. 27 della funzione rieducativa della pena. A Roma, il progetto coinvolge anche il Centro Astalli e la Fabbrica di San Pietro, le parti che compongono i rosari, prodotte in carcere, sono assemblate e confezionate da due donne rifugiate accolte presso il Centro. La Fondazione Santo Versace supporta la formazione dei detenuti e il lavoro delle donne rifugiate. Vi pare poco tutto questo?

(Pino Nano)

https://mega.nz/file/I3wHHaBC#3VfFILGqmzdrjjT3oW4myVcWL3gpdFX4vHbUsjlyggo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *