Eccellenze Italiane a Londra

Anna Sergi e la ndrangheta dei suoi ricordi di bambina.
Pino Nano
“La spinta di questo libro -spiega l’autrice- è l’intenzione di mettere un po’ d’ordine in un guardaroba stracolmo di ricordi di infanzia. Un po’ come nel guardaroba di Narnia, sono entrata e ho iniziato a scavare la strada nel mio passato in modo da poter comprendere appieno i miei preconcetti, i miei punti di partenza e, soprattutto, le mie intuizioni – così percepite – quando si parla di Calabria e della sua mafia…”.
Venerdì prossimo,21 giugno, il lancio ufficiale dell’ultimo saggio della criminologa calabrese Anna Sergi,“L’inferno ammobiliato: di ‘ndrangheta, di memorie e di Calabria” (170 pagine, Edizioni Blonk), lei professoressa all’Università di Essex, nel Regno Unito, e studiosa di altissimo profilo scientifico della criminalità organizzata e delle sue proiezioni internazionali.
“Sono arrivata a fare la criminologa e dunque a condurre progetti di ricerca, scrivere articoli in riviste accademiche o libri, per tutta una serie di incastri e di scelte di vita. È però innegabile -racconta di se stessa Anna Sergi– che nella mia scelta un ruolo importante sia stato giocato dalle mie origini, dalla Calabria, e da ciò che in Calabria succedeva e succede ancora”.

Enzo Ciconte, che oggi viene considerato uno dei massimi interpreti studiosi e conoscitori del mondo della ndrangheta calabrese scrive di Anna Sergi cose molto belle: “Appena inizi a leggere le prime pagine di questo libro la sensazione è di avere in mano un romanzo; poi, man mano che t’inoltri nella lettura, avverti che il romanzo lascia il posto ad altro, ad una biografa molto particolare, “ad un libro di memorie sotto forma di auto-etnografa”, e poi ad altro ancora, a raffinate e sorprendenti analisi criminologiche e sociologiche per cercare di capire e di spiegare agli altri una terra, la Calabria, e un fenomeno mafioso, che lì è nato, è cresciuto e s’è fatto talmente forte da essere presente nel nord Italia e nelle lontane terre del Canada e dell’Australia: la ‘ndrangheta, che un tempo era una mafia sconosciuta ed ora è diventata debordante, al punto che ne parlano tutti e dappertutto. Un tempo “la ’ndrangheta era un ronzio di fondo, non un disturbo, ma una costante naturale, una di quelle cose che esistono e stanno là e fanno parte dell’arredamento”. Adesso non è più così, fa rumore. Tanto rumore”.
Da questa premessa scaturiscono complessi interrogativi di ricerca, ai quali l’autrice fornisce risposte non scontate, che sfidano stereotipi e visioni correnti. Si rievocano così ricordi di fatti ed eventi dai quali sono scaturiti interrogativi e domande inizialmente inespresse, ma che avrebbero poi indotto l’autrice, in qualità di ricercatrice e studiosa, a cercare di spiegare perché in Calabria – “anziché riconoscerlo come tale e combatterlo come molti si aspetterebbero – si continua tuttora ad ammobiliare l’inferno”.
Come si fa a non darle ragione: “Non molto faceva rumore nella mia infanzia. La ’ndrangheta era un ronzio di fondo, non un disturbo, ma una costante naturale, una di quelle cose che esistono e stanno là e fanno parte dell’arredamento. Alessandro Pizzorno scrisse che si può ammobiliare anche l’inferno, per indicare che ci si abitua anche alle condizioni di marginalità e di crisi quando non si riesce o neppure si prova a cambiarle. Nella mia infanzia e adolescenza in Calabria, in alcuni dei luoghi della ’ndrangheta, se inferno era, forse era ammobiliato. La crisi non era sempre percepita come tale, non da tutti; l’emergenza dichiarata era spesso dichiarata da altri, distanti, fuori. Quasi sempre si riusciva a stare lontano dal rumore della mafia. E per capire se così ancora può essere serve anche capire se fossi io a non sentirlo, il rumore, o davvero non ce ne fosse. La prima e più lampante contraddizione tra il mio vissuto e la mia ricerca – il rumore, la crisi, l’emergenza mafiosa, e le loro assenze, in Calabria – richiede di tornare “indietro” con il pensiero, con la memoria, per quanto possibile.
“A nonna Mimma, per sempre nella nostra Montagna. E’ dedicato alla nonna Mimma questo nuovo lavoro di Anna Sergi, un saggio che è un momento narrativo di alto spessore, alternato alla solidità di una ricerca e di una conoscenza del mondo organizzato del crimine fuori dal comune, e che riconferma il peso specifico del lavoro accademico di questa giovane intellettuale calabrese emigrata da anni a Londra.
Un saggio che ribalta vecchie letture.
La premessa al volume, che ne fa la stessa Anna Sergi, è una vera e propria lezione di deontologia professionale per chi come noi fa il giornalista per mestiere: “Alcuni dei fatti raccontati in questo libro -precisa la studiosa- fanno riferimento a indagini e/o processi attualmente in corso. Le persone citate sono quindi da ritenersi non colpevoli fino al terzo grado di giudizio della Suprema Corte di Cassazione”.
C’è un passaggio della prefazione del prof.Enzo Ciconte al libro che vale per tutto il resto, dove lui scrive: “Il libro è la storia della bimba, della fanciulla, dell’adolescente, della donna ricercatrice che scopre via via la ‘ndrangheta e la Calabria, e impara che certe cose non si debbono fare. Ad esempio, le è stato detto che mai avrebbe dovuto accettare un caffè pagato che è un’abitudine che esiste in Calabria ed in altre zone del Sud che consiste nel fatto che una persona entra in un bar a consumare un caffè, o qualsiasi altra cosa, e quando va alla cassa a pagare si sente dire “caffè pagato… Ma rifiutare un caffè pagato non è così semplice perché il rifiuto è un atto che può essere interpretato come un’offesa o una mancanza di rispetto. L’autrice racconta che spesso quando era in vacanza in Calabria si sentiva fare una domanda: “a cu apparteni?” E lei era costretta a recitare come un rosario i nomi dei parenti, i soprannomi per distinguerli dalle omonimie. Voglia di sapere con chi si ha a che fare, ma anche voglia di controllo”.
“Scrivendo questo libro, Anna Sergi -chiarisce ancora nella sua prefazione Enzo Ciconte– non solo ha aggiunto un altro titolo ai suoi tanti saggi, ma ha superato sé stessa perché è un testo davvero unico nel suo genere. Esso mescola generi diversi di scrittura e di lettura. Procede in modo inusuale con un ritmo particolare, ponendo domande, a volte retoriche, a volte taglienti, altre spiazzanti, altre ancora che aprono uno squarcio impensabile”.
Il lancio ufficiale del volume, in prima nazionale, avverrà nella prestigiosa cornice del “Festival Trame” di Lamezia Terme il prossimo 21 giugno, ma già oggi il saggio si preannuncia come un vero e proprio evento letterario.
Storie comuni a ognuno di noi, figli di Calabria, e che oggi diventano saggio sociologico e antropologico insieme. Un libro forte questo di Anna Sergi, assolutamente nuovo rispetto a mille altre analisi sul tema, e certamente provocatorio e coraggioso. Ma le donne, si sa, hanno più coraggio di noi uomini quando scrivono di queste cose.
Ma veniamo all’autrice
Anna Sergi è professoressa ordinaria di criminologia all’Università di Essex, nel Regno Unito. Calabrese di origine, laureata in giurisprudenza all’Alma Mater Studiorum di Bologna, ha poi conseguito il dottorato di ricerca in sociologia all’Università di Essex nel 2014. Ha pubblicato diverse monografie, libri e articoli scientifici in inglese e in italiano per riviste internazionali, su temi relativi alla ‘ndrangheta, la mafia calabrese, in Italia e all’estero, sul traffico di cocaina nei porti marittimi e sul rapporto tra mafia e potere. Nel 2021 ha pubblicato a quattro mani con suo padre, il giornalista Pantaleone Sergi storico inviato di Repubblica- “La Santa ‘Ndrangheta: da violenta a contesa”. Nel 2022 per Bristol University Press ha pubblicato “Chasing the Mafia: ‘Ndrangheta, Memories and Journeys” e nel 2023 con Alberto Vannucci per Routledge ha pubblicato “Mafia, Deviant Masons and Corruption: Shifty Brotherhoods in Italy”. Nel 2023 e 2024 ha pubblicato due libri divulgativi, “La ‘Ndrangheta” e “La Santa”, nella collana Mafie de La Gazzetta dello Sport e del Corriere della Sera e nel 2023 ha scritto e curato, con Stefano Nazzi per Il Post una serie podcast in tre puntate “Le Onorate: donne dentro e contro la ‘ndrangheta”, sponsorizzato da Disney+. Sempre nel 2023 ha vinto il premio “Early Career Award”, conferito ad accademici nei primi dieci anni della loro carriera per l’eccellenza della produzione scientifica, dalla Società Europea di Criminologia.
Una eccellenza tutta italiana.(Pino Nano)
Premio “Early Career ESC 2023”.
di Pino Nano

Londra-La motivazione del Premio è categorica «La professoressa Anna Sergi ha contribuito allo sviluppo della criminologia europea con studi su un importante problema criminale, ovvero la criminalità organizzata, in particolare la Ndrangheta, e le organizzazioni mafiose collaterali”.
Credo che un ricercatore -in questo caso una studiosa di alto profilo come lei, nata e cresciuta tra Limbadi e Cosenza- non potesse aspettarsi premio più ideale e motivazione più corposa e completa di questa.
Anna Sergi, a giudizio della Giuria Internazionale che ha deciso il Premio è «Pensatrice di spicco» e «autrice e saggista prolifica».
Per il mondo universitario inglese, dunque, la criminologa italiana, di origini calabresi, in questi anni ha superato sé stessa, conquistando un record di eccellenza unico nella storia della criminologia.
Nella motivazione ufficiale del prestigioso riconoscimento alla ricercatrice italiana si fa anche infatti l’elenco delle sue pubblicazioni, che sul tema è poderoso: “37 articoli su riviste internazionali, 7 volumi e 22 capitoli di libri”. Tutto questo, per la Società Europea di Criminologia (ES) è una «testimonianza della sua eccellenza», e con una motivazione che la dice lunga sul valore professionale di questa brillante studiosa che lavora presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Essex in Gran Bretagna: “Il Premio #EarlyCareerESC2023 riconosce e consacra il notevole contributo scientifico di un criminologo europeo nei primi dieci anni di carriera”.
È la stessa Direttrice del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Essex, professoressa Linsey MoGoey a manifestare tutta la soddisfazione del Campus inglese dove Anna Sergi ha percorso le tappe fondamentali della sua carriera universitaria: “Insieme a tutti i colleghi, sono felice per Anna. Questo riconoscimento del suo lavoro è meritato, e sono sicura che il Centro di Criminologia celebrerà il suo successo insieme a lei”.
La cerimonia di consegna del Premio si svolgerà il prossimo 6 settembre a Firenze, nel corso della Conferenza Internazionale della Società Europea di Criminologia che si svolge appunto in Italia. Il comitato del premio – riconosce che il «corposo lavoro» di Anna Sergi come ricercatrice nella sua carriera non solo soddisfa ma supera lo standard di «eccezionale produzione scientifica». Insomma, più di così si muore.
Le sue ricerche si focalizzano sullo studio della criminalità organizzata e della giustizia penale comparata. Ha pubblicato in numerose riviste ‘peer review’ in criminologia su argomenti relativi alle mafie italiane sia in Italia che all’estero, nonché sulle strategie di contrasto della criminalità organizzata. Nell’autunno 2015 ha lavorato come consulente presso l’Australian Institute of Criminology, a Canberra e come Research Fellow presso la Flinders Law School, ad Adelaide. Nel 2017 è stata visiting researcher presso l’Università di Montreal in Canada ed è Fellow internazionale all’Università di Melbourne. Anna Sergi è presidente del Early Career Researchers Network della British Society of Criminology (BSC), ed è membro del suo Comitato esecutivo in qualità di coresponsabile del comitato post-laurea. Tra novembre 2012 e dicembre 2015 è stata caporedattore della newsletter, membro del comitato esecutivo dell’ECPR Standing Group on Organized Crime.
“Sento che questo Premio – questa la prima reazione della professoressa Anna Sergi alla notizia del prestigioso riconoscimento- rafforza la mia identità Europea come ricercatrice. Premiandomi per la mia produzione scientifica, vengono riconosciuti anche il mio forte desiderio di contribuire alla conoscenza critica della mia Calabria tramite il mio lavoro di ricerca”.
Ma non soddisfatta di questo, la studiosa calabrese va ancora oltre e spiega quello che probabilmente è un dettaglio della sua sfera professionale più riservata: “I premi- dice- possono essere interpretati in tanti modi diversi, a seconda del momento in cui si ricevono, del motivo e anche di chi è presente a testimoniarlo. Questo premio arriva in un periodo di incertezze delle scelte. Partecipo alle Conferenze della Società Europea di Criminologia dal 2011 e alla cerimonia della premiazione vedrò molti volti della mia comunità. Mostrerò un volto serio e imparziale, ma sarò commossa e orgogliosa. Ringrazio l’Università di Essex e la Società Europea di Criminologia”.
-Ma una studiosa come lei ha mai immaginato di far rientro in Italia?
La risposta che dà la studiosa non lascia dubbi sul rapporto viscerale che la stessa ha conservato con la sua terra di origine e quindi con l’Italia.: “Da migrante all’estero il ritorno in Italia è un grandissimo punto fermo nella mia vita, e non escluderei la Calabria, ma a condizioni giuste”.
Il messaggio è chiaro.
Per la studiosa calabrese è questo l’ennesimo riconoscimento professionale alla carriera. Anna Sergi oggi è Vicedirettore del Centro di Criminologia all’Università di Essex. Dopo aver completato la laurea quinquennale in giurisprudenza in Italia, all’Università di Bologna nel 2009, laureandosi con il massimo dei voti (cum laude) in Procedura Penale Internazionale ed europea, finisce a Londra per un “Master of Law” (LL. M.) in Diritto Penale, più esattamente Criminologia e Diritto Penale, al King College, di Londra. Una volta chiuso brillantemente il suo Master inizia a lavorare nel settore privato per un anno, prima come stagista presso il “Dipartimento Forensics e Riciclaggio di denaro” di Pricewaterhouse Coopers a Milano, e subito dopo sbarca all’Ufficio Legale di Withers LLP a Londra.
Nel 2014, dicevamo consegue un PhD in Sociologia, con specializzazione in Criminologia, presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Essex, dove si specializza in Ricerca e Analisi dei grandi fenomeni di criminalità organizzata nel mondo, ma l’occasione è quella giusta anche per specializzarsi in Diritto Penale Comparato. Per Anna Sergi sono gli anni delle prime pubblicazioni importanti, e i suoi primi lavori finiscono sulle riviste più prestigiose di criminologia internazionale. Alla fine, nel settembre 2015, corona il suo sogno, diventa docente di criminologia presso la stessa l’Università di Essex, e qualche mese più tardi viene chiamata come consulente all’Australian Institute of Criminology di Canberra, e subito dopo, come se tutto questo già non bastasse da solo a dare l’idea delle sue capacità, ad Adelaide come Research Fellow presso la Flinders Law School.
Una carriera tutta di corsa, dunque, ma vissuta e costruita a migliaia di chilometri lontana da casa, tra uno scalo aereo e l’altro, tra un jet lag e un seminario internazionale, a diretto contatto, sempre e comunque, con il fior fiore della Giurisprudenza penale internazionale e della Sociologia. Ma è mai possibile mi chiedo che all’Università della Calabria, dove raccontano da mesi di cercare “cervelli di ritorno” – non ci sia un angolo utile per questa studiosa? Che poi,secondo me, tornerebbe utile per il Campus e la storia stessa dell’Università di Arcavacata. (Pino Nano)