Franca Melfi in Calabria

Alla chirurga robotica Franca Melfi il Brutium 2025

La professoressa Franca Melfi chirurga robotica all’Università della Calabria, Premio Brutium Fidapa 2025
“Eccellenza della Chirurgia Italiana nel mondo”, così la motivazione del Premio che la Fidapa di Cosenza ha riconosciuto alla studiosa calabrese.

di Pino Nano

A proposito di “Eccellenze”, è dell’altra sera all’Hotel Europa di Rende una manifestazione di alto valore non solo scientifico, per via della presenza degli ospiti invitati, ma soprattutto di alto valore culturale e accademico soprattutto per l’eleganza e lo stile per come la serata si è svolta. Perché la vera “regina” della Tredicesima Edizione del Premio Brutium 2025, promosso dalla Fidapa BPW Italy, che è la Federazione italiana donne arti professioni affari, è stata la professoressa Franca Melfi, uno dei medici chirurghi tra i migliori che abbiamo oggi in Italia.

Non mi si rimproveri per favore se uso il termine al maschile, ma forse dà meglio il senso della storia di questa studiosa calabrese, e credo che Lucia Nicosia, Presidente della Fidapa, non potesse scegliere di meglio per questa tredicesima edizione del Brutium dedicato appunto al mondo delle eccellenze.

Partirei dalla motivazione del premio, che dice testualmente: “Eccellenza calabrese nel mondo, Pioniera della Chirurgia Toracica Robotica, Scienziata e Docente di fama internazionale per l’impegno instancabile nella ricerca e nella medicina, per il contributo straordinario al progresso scientifico e per aver tracciato nuove strade nel campo della salute, mantenendo sempre vivo il legame con le proprie radici. Modello di competenza, determinazione e visione per le nuove generazioni e simbolo del valore delle donne nelle professioni e nella società”.    

Siamo soddisfatte -dice oggi la Presidente della Fidapa Lucia Nicosia– “perché questo prestigioso riconoscimento ha celebrato ancora una volta il merito, la cultura, la scienza e l’impegno sociale, illuminando le figure che, con passione, competenza e dedizione, hanno contribuito in modo significativo al progresso della società. È stato insomma un tributo a chi ha saputo trasformare il talento in azione concreta, lasciando un’impronta duratura nella comunità e nel panorama internazionale”.

Parterre delle grandi occasioni per questa serata così speciale, straordinario padrone di casa il giornalista Attilio Sabato, direttore di Teleuropa Network ma soprattutto icona del giornalismo televisivo in Calabria. Con lui e accanto a lui anche il Rettore dell’Università della Calabria, Nicola Leone, il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza Vitaliano De Salazar, la fondatrice del Premio Brutium Tania Frisone, e la presidente del Distretto Sud Ovest della Fidapa Franca Dora Mannarino.

Il giornalista Attilio Sabato, direttore di Teleuropa Network apre il dibattito della serata. A destra nella foto aaccanto a lui il Rettore dell’Unical Nicola Leone.

Per Franca Melfi una vera e propria standing ovation, ma assolutamente scontata e meritata. Professore ordinario di Chirurgia Toracica all’Università della Calabria e all’Università di Pisa, nonché direttrice del Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare e delle Specialità Chirurgiche dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, Franca Melfi -spiega in sala Attilio Sabato– ha segnato una svolta storica nella medicina europea.

Parliamo infatti della prima donna chirurgo che in Italia ha eseguito i primi interventi toracici con il robot Da Vinci, aprendo nuove frontiere nella chirurgia minimamente invasiva. Basti pensare che la sua dedizione alla formazione -e questo glielo riconosce il mondo scientifico che oggi più conta in Italia- “ha proiettato l’Italia al centro della chirurgia toracica mondiale, plasmando decine di medici provenienti dai quattro angoli del pianeta e trasformando la conoscenza in un patrimonio condiviso di eccellenza e innovazione”.

Ma ciò che ha distinto davvero la studiosa Franca Melfi dal resto del suo mondo accademico – sottolineano i vertici della Fidapa- non è stata soltanto la sua straordinaria competenza tecnica, ma “E’ stato l’equilibrio tra eccellenza scientifica e umanità, tra rigore chirurgico e attenzione costante per ciascun paziente”.

Perché negarlo? La sua carriera ha riflettuto i valori cardine della Fidapa, che sono “merito, solidarietà, inclusione e servizio”, la professionalità coniugata dunque a responsabilità sociale e impegno verso il prossimo. “Sono questi – sottolinea la Presidente Lucia Nicosia– i principi hanno ispirato ogni azione, ogni progetto e ogni iniziativa della Federazione, trasformandosi in pratiche concrete per costruire una società in cui le donne possano esprimere pienamente il proprio potenziale, contribuire al progresso collettivo e vivere in un ambiente di rispetto, equità e opportunità”.

C’è ancora molta gente che in Calabria non crede a queste cerimonie, ma queste cerimonie servono per spiegare ai più giovani che non tutto “laggiù” va letto in chiave negativa. Da quando Franca Melfi è arrivata all’Università della Calabria e all’Ospedale di Cosenza ha eseguito centinaia e centinaia di interventi chirurgici che altrimenti ci saremmo solo sognati. È evidente, non da sola e mai da sola, perché dietro un grande chirurgo come lei c’è sempre un team di assoluta grandezza.

“La mia vita con i robot”

di Pino Nano

Origini calabresi, figlia unica, un nonno medico, nasce e cresce a Oriolo, minuscolo paesino della provincia di Cosenza, alto ionio cosentino, uno dei borghi più belli d’Italia, poi spicca il volo, lascia la Calabria per una laurea in medicina a Pisa e oggi quella della professoressa Franca Melfi è la classica storia di una straordinaria “eccellenza italiana nel mondo”.

Copertina quasi obligata. Classe 1959, segno zodiacale “Acquario”, soggetti “amanti del rischio senza paura, sempre i primi a offrirsi volontari, protagonisti sempre e comunque, niente di meglio per loro che vivere la vita al limite”. Ma secondo gli esperti, “I nati il 18 febbraio del segno zodiacale dell’Acquario sono addirittura più felici quando spingono le cose oltre, ma devono chiedersi perché sentono il bisogno di vivere in questo modo. Spesso, dietro la maschera di indistruttibilità sono nascoste paure ed insicurezze”.

Ma sarà vero tutto questo?

Per capirlo siamo andati a cercare all’Università di Pisa, una ricercatrice di origini calabresi, che è una nuvola di elettricità, strabordante, magnetica, biondissima, altera, a tratti avvolgente e romantica, lo sguardo fiero, a tratti anche arrogante, di una donna che ha viaggiato per il mondo, che ha toccato con mano situazioni e casi umani al limite, chiamata ad analizzare e interpretare lastre e referti ad altri impossibili da decifrare e decodificare, a suo modo un genio, intelligenza viva e incontenibile,una vita frenetica e in corsa da se stessa, studiosa accademica e manager di grande successo.

Ma non solo questo.

Oggi Franca Melfi è un numero uno della medicina moderna, vanto e icona di uno degli Atenei storici più famosi d’Europa, professoressa ammirata coccolata e invidiata dai grandi centri di ricerca robotica di tutto il mondo, per via delle sue conoscenze avanzate in tema di telemedicina.

La osserviamo accanto al suo “robot”, che è quello che usa ogni giorno per trattare e sezionare i tumori più aggressivi del polmone esistenti oggi in natura, e ci sembra lei stessa parte integrante della macchina infernale che ha davanti. Camice verde, luci soffuse, lo sguardo piantato sui monitor che riproducono i dettagli del corpo umano colpito e scolpito dal cancro. Da questa postazione la Calabria sembra davvero molto lontana.

-Professoressa ma lei ha ancora un rapporto con la Calabria?

“Vorrà mica scherzare? In Calabria ho la casa di famiglia, che sta proprio nel borgo antico di Oriolo, e chiaramente torno ogni anno in Calabria perché tutti i miei ricordi di infanzia sono legati alla mia casa di Oriolo, e al mare di Trebisacce”.

-È rimasto ancora qualcuno dei suoi a Oriolo?

“Ci sono i miei cugini, purtroppo tutti i miei zii non ci sono più, o tranne qualcuno che è ancora sopravvissuto. Non so come dirglielo, ma a questa parte di Calabria io sono ancora molto legatissima: E non solo per via della mia casa. A Oriolo ho fatto tutte le mie scuole, dall’asilo alle elementari, dalle medie al liceo”.

-Il liceo a Oriolo?

“Certo. A Oriolo c’era anche il Liceo classico”.

-Ma lo sa che io a Oriolo conoscevo Pia Basile? Pia aveva sposato Franco Santo che in quegli anni era anche sindaco della città di Cosenza, e se non ricordo male Pia aveva un fratello fortemente impegnato in politica?

“Lei mi riporta davvero a casa e indietro nel tempo con questi ricordi. Pia era sorella di Peppino Basile, lui era allora Consigliere Provinciale della Democrazia Cristiana, e a casa mia era praticamente sempre di casa. Ma a questo proposito devo dirle anche che se lei avesse conosciuto mia mamma, e se mia mamma avesse saputo del suo legame con i Basile, mia madre l’avrebbe certamente abbracciata forte, perché non c’era donna come lei allora impegnata in politica che non facesse il tifo per loro. Faceva soprattutto la campagna elettorale per Peppino. Mamma era una vera democristiana d’altri tempi, battagliera e visceralmente impegnata in prima persona.

-E lei da che parte stava professoressa?

“Diciamola così: io ero ribelle da piccola, e mamma sapeva bene che non avrei mai votato per come lei forse sperava che facessi. Pensi che la mia mamma, sapendo bene che le mie idee non sempre collimavano con le sue, ogni qualvolta in paese c’era da votare e io le dicevo “mamma prendo il treno e da Pisa torno a casa”, lei mi rispondeva puntualmente “Franca non è necessario che tu venga a votare. Stai a Pisa a studiare. Qui bastiamo noi da soli”. Questo le dà il senso dell’appartenenza che aveva questa donna d’altri tempi, un sentimento quasi sacro. Una vera passionaria. E quando nei periodi di campagna elettorale io chiamavo a casa per parlare con lei e mi rispondeva mio padre, mio padre mi diceva “la mamma è in giro per fare voti”. Altri tempi, davvero”.

-Che rapporti amicali ha conservato con la sua terra di origine?

“Rapporti fortissimi. Lei pensi che quando io torno già in Calabria rivedo tantissimi vecchi amici di allora. Il rapporto, per esempio, con i nostri vecchi compagni di liceo è rimasto tale e quale quello di allora. Come se il tempo per noi non fosse mai andato avanti. E poi ci sono i miei cugini, con cui io sono praticamente cresciuta. Uno di loro, il più grande dal punto di vista anagrafico, anche lui di origine alessandrina, ha fatto il medico condotto a Cerchiara di Calabria. Come vede c’è tutto un pezzo di Calabria prepotentemente sempre presente nella mia vita”.

-Che idea si è fatta dei medici del passato?

“Non mi dica che sono una donna romantica, ma i medici del passato erano dei grandi ricercatori da una parte, ma erano soprattutto anche grandi umanisti dall’altra. Uomini di grande valore professionale, e di grande spessore culturale. Ricordo che mio zio Paolo si era laureato nel ’48, e ricordo che aveva un bagaglio culturale straordinario e aveva soprattutto un animo romantico nel senso più bello del termine”.

-Quanta Calabria professoressa si porta dietro in giro per il mondo?

“Vorrà dire quanta Calabria incontro di solito in giro per il mondo? Tantissima. Ho trovato conosciuto incontrato e ammirato calabresi in ogni parte del mondo, intere colonie di intelligenze calabresi hanno conquistato i paesi più diversi e più lontani, e questo mi riempie di orgoglio”.

Questa sua sala operatoria all’Ospedale di Pisa sembra a prima vista il set di un film di fantascienza, ma in realtà siamo nel cuore più tecnologico del reparto chirurgico dell’Ospedale di Pisa dove Franca Melfi è Direttore del Centro Multidisciplinare di Chirurgia Robotica, Chirurgia Toracia Robotica e Mininvasiva, il top della chirurgia avanzata.

È come stare e muoversi al Global Robotics Institute Florida, hospital Celebration Health, uno dei centri con la maggiore esperienza internazionale in campo di chirurgia robotica per il trattamento del tumore della prostata, o alla Cleveland Clinic, alla Mayo Clinic, al Mount Sinai di New York, alla MD Anderson di Houston; o all’OLV Institute di Aalst in Belgio.La differenza è che qui siamo in Italia, e questo Centro diretto da Franca Melfi è conosciuto in tutto il mondo.

Franca Melfi oggi è docente di Chirurgia toracica all’Università di Pisa, Direttrice del Centro robotico multidisciplinare dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Coordinatrice del Comitato tecnico scientifico del Polo di Chirurgia robotica della Regione Toscana nonche’ Ass. Editor della Journal of Cardiothoracic Surgery, e past  “Chair del Thoracic Domain”  della societa’ scientifica  europea EACTS ( European Association of Cardiothoracic Surgery  (EACTS) e del “Board of Directors della “Societa ‘ Scientifica Internazionale di Chirurgia Mini-Invasiva Cardiotoracica (Ismics). E nel 2019 diventa Presidente della prestigiosissima Società Italiana di Endoscopia Toracica (SIET), fondata il 14 febbraio del 1980 dai padri fondatori della Chirurgia Toracica Italiana. Primo Presidente donna della storia della SIET, il che la dice lunga sul suo ruolo e sulle sue capacità. Chi più ne ha più ne metta.

-Torniamo per un attimo in Calabria. Liceo quindi a Oriolo, il che vuol dire che lei parte da Oriolo a diciotto anni compiuti?

“Ne avevo esattamente diciassette di anni quando lascia Oriolo per la prima volta. Perché avevo fretta di andare all’Università. Non vedevo l’ora che si aprissero per me nuovi orizzonti, e allora al Liceo io feci due anni in un solo, allora si poteva fare, e presi la maturità classica con un anno di anticipo. A diciassette anni, quindi, presi il treno e partii per Pisa. Mi iscrissi a medicina e incominciai la mia nuova vita. Per altro, a Pisa in quegli anni ho anche conosciuto l’uomo che sarebbe poi diventato mio marito, calabrese anche lui, di Pedace; quindi, come vede una colonia calabrese lungo il corso dell’Arno”.

-Qual è il ricordo più bello che del suo passato si porta ancora dentro?

“Sono le mie estati in Calabria, i miei primi bagni nel mare di Trebisacce, dove noi avevamo casa, e dove non abbiamo mai smesso per tutto il resto della nostra vita di tornare. E poi, le nostre estati. Allora incominciavano a giugno e finivano a settembre, tre mesi di mare, di sole, di meravigliose e indimenticabili amicizie. Ricordo le mie vacanze in Calabria e la mia casa sempre piena di tanta gente intorno”.

-Dunque, non solo Oriolo?

“In effetti la storia della mia giovinezza è di fatto legata a tre luoghi diversi. A Oriolo, le ho già detto, avevamo la nostra casa di famiglia. A Trebisacce c’èra la nostra casa del mare, ma poi io ho anche origini alessandrine”.

-In che senso lo dice?

“Ad Alessandria del Carretto vivevano i miei nonni, e con cui io avevo un rapporto bellissimo. Pensi che la mia passione per la medicina nasce in realtà proprio ad Alessandria del Carretto”.

-E come nasce?

“A inculcarmi la passione per la medicina è stata mia nonna, che stava proprio ad Alessandria del Carretto. Il primo medico, diciamo della nostra famiglia alessandrina, era proprio il fratello di mia nonna. E mia nonna aveva per questo suo fratello quasi una venerazione. Questo sentimento così forte per lui l’ha poi portata a credere nel grande valore della medicina come missione sociale. Ma anche mia mamma aveva la stessa passione di sua madre per la medicina, perché anche zio Paolo, il fratello di mamma, faceva il medico anche a lui”.

-Due medici in casa, non sono pochi per la verità…

“Due medici, ma solo all’inizio. Da lì siamo partiti. Pensi che oggi noi siamo dodici cugini, e siamo tutti medici”.

-Eppure, sua madre sperava che lei non facesse il medico?

“Mia madre probabilmente pensava che una donna non fosse tagliata per fare il medico, e comunque non voleva che io facessi il medico. Probabilmente, ripeto, aveva del medico una concezione eccessivamente romantica, il medico di un paese come il nostro non aveva mai un attimo di tregua, doveva correre dappertutto, di giorno e di notte, persino in campagna o nei boschi, e questo forse era per mia madre un elemento di preoccupazione per una figlia che sognava invece di fare quel mestiere”.

-Alla fine, però, ha vinto lei professoressa?

“Non è stato semplice. Ho dovuto lottare molto. Inizialmente lei voleva che io mi scrivessi a Lettere, e che diventassi magari una insegnante, insomma lei sognava per me un lavoro più tranquillo rispetto a quello del medico”.

Pioniera nel campo della chirurgia robotica, Franca Melfi esegue il primo intervento per il trattamento di un tumore polmonare esattamente venti anni fa, nel 2001, ricevendo numerosi premi nazionali ed internazionali. Tra questi, il “Premio Internazionale Bio WomenTech”, destinato alle donne che dedicano la propria passione e il proprio talento alle biotecnologie, ed il premio “TeleHealth Innovation Italy’s First Surgical Telementoring Network” per la sua dedizione al telementoring e la telemedicina servendosi delle più recenti tecnologie disponibili nella chirurgia toracica. Ma poi ancora, il Petyryvalsky Award “For development of international scientific cooperation in surgery” alla BRNO University, cuore più antico della Repubblica Ceca.

Nel 2005, insieme a un gruppo di professioniste, dà vita all’Associazione “AIDAcp”, sta per Associazione Italiana Donne contro il cancro del polmone,con l’intento di condividere le esperienze e i dati relativi alla patologia polmonare neoplastica nelle donne, oltre che per guidare giovani tirocinanti e diffondere informazioni mediante programmi e iniziative sociali.

Il 3 ottobre 2021 Calabria Live dedica la sua Cover domenicale alla professoressa Franca Melfi

La medicina al servizio dei più deboli.

Attualmente Franca Melfi lavora su molti progetti di ricerca dell’Università di Pisa, che sono innovativi e sovranazionali, di grande respiro scientifico, guardati con ammirazione dal mondo internazionale della ricerca per i risultati che ne potrebbero derivare, progetti nati in collaborazione con grandi Istituzioni Europee e finalizzati alla ricerca del tumore polmonare, alla cura delle patologie polmonari e mediastiniche. Ma contemporaneamente continua a dedicarsi all’insegnamento, come docente universitario e come tutor e proctor autorizzato europeo per le procedure toraciche robotiche nei centri più qualificati d’Europa.

-Professoressa, come chirurgo lei si sente oggi finalmente arrivata?

“Devo dire che nonostante sia passato così tanto tempo dall’inizio del mio percorso professionale, non mi sento mai arrivata, come dice lei. Ma questo probabilmente è dovuto al fatto che non riesco mai ad essere totalmente soddisfatta di quello che faccio. Pertanto, potrei descriverle la mia vita professionale come una ruota che non riesce ad arrestarsi. Prima ancora che io porti a conclusione un determinato progetto, sono già pronta per iniziarne un altro…”.

Proviamo a spiegarle che abbiamo sentito parlare di lei non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, dove di fatto è stato inventato il robot “Da Vinci” e che oggi lei tratta come se fosse la sua ombra riflessa in sala operatoria, prolungamento immaginifico e fantastico delle sue mani e dei suoi occhi sulla parte malata del paziente, ma lei smorza sul nascere ogni tipo di tono enfatico.

“Sono solo addestrata ad usare una macchina che mi permette di fare quella che di fatto è una “chirurgia computer assistita” che ci aiuta, come chirurghi, ad essere piu accurati, più precisi. …Vede, questo sistema robotico consente al chirurgo di controllare strumenti miniaturizzati, posti all’interno delle cavita’ anatomiche attraverso piccole incisioni inferiori al centimetro, con una straordinaria precisione difficilmente raggiungibile con altre tecniche”.

-Professoressa vogliamo partire dall’inizio di questa sua avventura?

“Gli inizi? Un caso, come spesso accade nella vita. Da quel giorno sono volati via venti anni. Era il 2001, a quel tempo lavoravo come assistente, nel Dipartimento cardiotoracico dove fu acquisito uno dei primi robot da Vinci in Europa, il secondo in Italia con la finalita’ di sviluppare un programma di cardiochirurgia mini-invasiva. A quel tempo devo dire i sistemi robotici erano piuttosto rudimentali, soprattutto se confrontati con gli attuali modelli, pertanto, non era semplicissimo effettuare interventi complessi. In ogni caso, per svariati motivi il nostro sistema robotico venne ben presto abbandonato “. 

-Professoressa, mi pare però di capire, che fu un inizio infausto?

“Si, gli inizi non furono semplici, se non altro perche’ allora non vi erano programmi di training dedicati, soprattutto in chirurgia toracica. Ciononostante, avendo pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica i nostri primi risultati relativi all’applicazione della tecnologia robotica in chirurgia toracica (Franca M.A. Melfi et Al. Early Experience With Robotic Technology For Thoracoscopic Surgery. Eur. J. Cardiothorac. Surg., May 2002; 21: 864 – 868), venni invitata, 3 anni dopo a Lipsia per effettuare un intervento di chirurgia robotica nel corso di un convegno internazionale. Eravamo all’EACTS Meeting 2004”.

-Posso chiederle come andò a finire in quella occasione?

“È andata benissimo. Fu l’inizio di un lungo percorso, a tratti accidentato ma senza dubbio ricco di opportunita’ e spesso carico di emozioni e soddisfazioni” Fu l’inizio di quanto ho avuto modo di realizzare negli anni, dall’attivita’ di tutoraggio che tuttora esercito in Europa oltre che in Italia, fino alla realizzazione del Centro che ho il privilegio di dirigere e dove ho modo di condividere con tanti colleghi questa straordnaria esperienza”.

-Un bel riconoscimento per lei?

“Sì, devo dire che tutto questo ha creato i presupposti perchè Pisa, e quindi il Centro di chirurgia Robotica, così come la Chirurgia Toracica nella sua componente robotica diventasse Centro di riferimento Europeo, con grande attenzione anche da parte degli Stati Uniti. Questo ha fatto sì che io venissi riconosciuta come primo tutor autorizzato europeo di Chirurgia Robotica Toracica, nel 2012, e che il Centro di Chirurgia Robotica diventasse quello che oggi viene indicato come il primo Epicenter Europeo per chirurgia robotica in tutte le specialità chirurgiche. Grazie a questo straordinario percorso è stato poi possibile avviare oltre 22 centri di Chirurgia toracica robotica in tutta Europa.”.

-Per anni lei si è battuta per ampliare il più possibile l’uso della robotica?

“Era naturale e soprattutto giusto che io lo facessi. Sin dall’inizio avevo la certezza e anche la consapevolezza piena delle potenzialità di questa tecnologia cosi’ come sono certa che ancora oggi siamo solo agli inizi di una vera e propria rivoluzione in chirurgia, verso una chirurgia digitalizzata.”.

Il robot che Franca Melfi conosce come le sue tasche, e “domina” con le sue mani, è dotato di una telecamera ad alta definizione che amplifica le immagini del campo operatorio, questo le permette di distinguere particolari anatomici difficilmente visibili anche ad occhio nudo. La scheda tecnica di questa macchina a cui ogni giorno il chirurgo affida le sorti di un paziente gravemente ammalato spiega che il “Robot Da Vinci” è dotato di strumenti con sistemi di snodo sofisticatissimi che consentono la rotazione a 360° della parte terminale dello strumento. Paradossalmente – sorride Franca Melfi- gli strumenti robotici hanno una capacita’ di articolazione piu’ ampia del polso umano. Accade quindi che i movimenti delle mani del chirurgo, vengano riprodotti all’interno del campo operatorio in maniera più precisa di quanto non possa accadere in natura, eliminando quello che è il “fisiologico” tremore delle mani.

-C’è insomma da fidarsi dei robot in sala operatoria?

“Questo è un sistema estremamente sofisticato in grado di eseguire, ovviamete sempre guidato dal chirurgo, interventi molto complessi ma con estrema precisione. Tutto questo si traduce in una riduzione delle complicanze ed i dati della letteratura internazionale lo dimostrano chiaramente. Eseguire un intervento con tecnica robotica, infatti, offre numerosi potenziali benefici al paziente correlabili con la presenza di software in grado di correggere anche il minimo tremore delle mani con una visione dieci volte superiore a quella normale dell’occhio umano. Tutto questo, insieme alla minore invasivita’, crea le condizioni per indubbi vantaggi oltre che per i pazienti anche per i chirurghi che riescono ad operare con una migliore ergonomicità e dunque con un minore dispendio di energie.”.

È questa, dunque, la filosofia di vita che ha accompagnato la storia personale e la carriera straordinaria della professoressa Franca Melfi che ha alle spalle decine di congressi Nazionali ed Internazionali, corsi, Master di II Livello, interventi live che l’hanno “eletta” regina della chirurgia robotica. Nelle Stutture da lei dirette, Chirurgia Toracica Mininvasiva e Robotica dell’Università di Pisa e Centro di Chirurgia Robotica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa, vengono oggi trattate tutte le patologie di pertinenza chirurgica, anche le più “complesse”, con una particolare attenzione a tutta la patologia oncologica polmonare, mediastinica, prediligendo –precisa la professoressa Melfi- l’approccio mininvasivo robotico.

-Ma di cosa parliamo in realtà?

“In primis i tumori del polmone, oltre a tutta la patologia che interessa il torace e i polmoni, sia benigna che maligna. Tumori del mediastino, la patologia metastatica polmonare, tutta la patologia pleurica, fino alla Iperidrosi palmare e ascellare”.

Ospedale d’eccellenza di Pisa, dunque. Piano terra dell’edificio 30, sede del Centro Robotico Multidisciplinare e della Direzionedel Centro. Ma qui c’è anche il blocco operatorio, sofisticatissimo e tecnoligicamente avanzato. Al primo Piano dell’edificio 10, c’è invece la corsia dedicata ai soli pazienti “toracici”, vero fiore all’occhiello di questo mondo così ovattato e dove oggi Franca Melfi trascorre ogni giorno in media dieci ore della sua giornata di lavoro, con la consapevolezza assoluta di dirigere un “Centro di Riferimento Europeo per la Chirurgia robotica per il trattamento dei tumori polmonari”, e delle lesioni del mediastino, davvero unico nel suo genere”.

Il 24 gennaio scorso “Vanity Fair”, per la sezione “Donne nel mondo”, le dedica un servizio speciale, firmato da Laura Tacconi e a cui la professoressa Melfi spiega nei dettagli quale sarà in futuro il ruolo del chirurgo rispetto alla macchina e al robot su cui è chiamato ad operare.

“Guai a immaginare –avverte la professoressa- che la macchina possa procedere da sola senza un medico che la guidi”.

-Morale della favola, in sala operatoria è impensabile che non ci sia un chirurgo?

“E’ assolutamente impensabile. Il fattore umano è decisivo, determinante, indispensabile. Siamo sempre noi medici a guidarela macchina”.

-Quanto conterà nel futuro della chirurgia robotica l’Intelligenza Artificiale?

“Più di quanto non si possa immaginare. L’integrazione dell’intelligenza artificiale nei sistemi robotici ritengo possa essere utilissimo sia nel prevenire eventuali difficolta’ nell’eseguire alcuni interventi particolarmente complessi ed anche nella preparazione dell’intervento, particolarmente utile soprattutto per i nostri specializzandi o per giovani chirurghi inesperti”.

-Può tradurre per favore questo concetto in maniera più semplice?

“Ci provo. Se per esempio nell’esecuzione di un certo intervento sono state registrate nel mondo un certo numero di complicanze correlate a una determinata manovra chirurgica, l’Intelligenza Artificiale può aiutarci moltissimo. Ad esempio, segnalando al chirurgo che è alla consolle che quella determinata manovra chirurgica con quel determinato strumento ha un’alta percentuale di sanguinamento. Inoltre, l’Intelligenza artificiale applicata alla tecnologia robotica e agli strumenti di imaging avanzato fornisce al chirurgo anche la possibilità di poter pianificare l’intervento simulandolo, e di conseguenza contribuendo a prevenire eventuali complicanze.”.

-Professoressa, ma lei è ottimista rispetto al futuro?

“Credo che il futuro sarà quello che oggi tutti noi, addetti ai lavori, chiamiamo Chirurgia digitalizzata e che non può prescindere dall’Intelligenza artificiale”.

-Nel senso che farà tutto il robot?

“Il robot è una macchina che va guidata, va assistita, va indirizzata, e senza un operatore la macchina non parte e non va da nessuna parte. Io immagino un orizzonte molto più ampio di quello attuale. Sono certa che in un futuro assai prossimo, in sala operatoria avremo strumenti estremamente sofisticati che ci permetterano di effettuare ed esaminare i tessuti mentre operiamo: Ma real time riusciremo a visualizzare immagini, e soprattutto a insegnare tutto questo in modo molto più efficace di quanto non si possa immaginare. Tutto questo,vede, sarà possibile grazie all’integrazione con i big data, l’AI e quanto i nostri informatici ed ingegneri svilupperanno in questi anni. Non penso certo che si potrà mai fare a meno della tecnologia. Essa è ormai parte integrante della medicina ed ancor più del mondo chirurgico.

-Quando lei parla di “simulazione”, a quali benefici per il paziente lei pensa?

“Vede, quando noi chirurghi diciamo che diventa utilissimo poter “simulare un intervento chirurgico” significa soprattutto cogliere e vederne le difficoltà, anche le più intrinseche. Poterlo pianificare significa potersi preparare in tempo alle eventuali difficoltà o complicanze che potrebbero accadere. Prevenire, attraverso la simulazione, significa garantire un intervento chirurgico sicuro e di alta qualità”.

-Professoressa, se lei oggi potesse tornare indietro, rifarebbe esattamente tutto quello che ha fatto?

“Non tutto, o comunque non esattamente tutto. Forse curerei un pò più la mia vita privata.

-Come definirebbe oggi questa sua vita così piena di successo?

“Come una corsa senza fermate. Un treno veloce, con una unica destinazione finale. Ma senza pause, o peggio ancora senza soste intermedie.”.

-Qual è la cosa di cui lei oggi va veramente fiera?

“Vado fiera del fatto che qui, in questa storica Università italiana dove io mi sono laureata e poi specializzata, esiste oggi un Centro di ricerca dove può essere eseguita tutta la chirurgia robotica possibile.”

-E il vero segreto del successo di un grande chirurgo come lei?

“La competenza, ma anche il talento…”.

-In bocca al lupo Professoressa…

“Crepi”.

(da Calabria Live 3 Ottobre 2021)

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