L’Addio a Papa Francesco

Pino Nano consegna a Papa Francesco una copia del suo saggio su Natuzza Evolo

Francesco, un Papa non sempre compreso e amato, ma pienamente consapevole di questo.

di Pino Nano

Con la morte di Francesco se va via per sempre un grande Papa.
Francesco, come lui amava essere chiamato da noi cronisti che frequentavamo la sala Stampa Vaticana, era soprattutto un Papa buono.
Era un Papa cresciuto a pane e sacrifici, un Papa che arrivava a Roma da molto lontano, un Papa che aveva conosciuto e attraversato il dolore della terra Argentina fino in fondo, un Papa che aveva sofferto in prima persona l’atmosfera soffocante dei regimi totalitari del suo popolo, un Papa che per tutta la vita aveva sognato un mondo finalmente libero da ogni forma di condizionamento o di legacci ideologici.
Francesco era un Papa che aveva innato un profondo senso del rigore, un Papa attentissimo a non calpestare mai gli altri, un Papa rispettoso del mondo degli ultimi, un Papa che sapeva essere pastore responsabile e insieme guida carismatica dei suoi fedeli, apostolo e testimone del suo tempo come nessun altro prima di lui forse era riuscito ad esserlo.
Francesco era il Papa dei contrasti, il Papa delle rotture, il Papa dei dubbi, il Papa degli eccessi, il Papa che conosceva i mille conflitti esistenti all’interno delle mura vaticane e che fino all’ultimo aveva provato a cambiare le cose.
Autorevole, assolutamente consapevole del suo peso e del ruolo del suo magistero, Francesco avrebbe potuto dimettersi molto prima di morire, ne avrebbe avuto mille ragioni serie per farlo, e invece è rimasto al suo posto, fino all’ultimo, diffendendo le ragioni della pace rispetto ad una guerra atroce e violenta come quella che ha messo in ginocchio il popolo ucraino.
Mi chiedo, ma come si farà a dimenticare l’immagine tristissima, e quasi patetica, di questo Pontefice in carrozzella che domenica di Pasqua trova ancora la forza di un respiro, per salutare per l’ultima volta il suo popolo?
Come si farà a dimenticare l’abbraccio tenerissimo che Francesco, ormai sfinito e quasi imbalsamato, riserva e dedica al bimbo che domenica di Pasqua i suoi uomini di scorta gli poggiano tra le braccia?
E come si farà a dimenticare il volto quasi impassibile di questo Papa che da lì a poco sarebbe salito al cielo, e che durante la sua lunga malattia non ha mai pensato un solo istante a se stesso, e al dolore che lo aveva reso schiavo e dipendente per sempre?

Pino Nano in udienza privata con il Papa insieme al Presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani Enzo Iacopino che volle fortissimamente quell’incontro tra tutti noi e il Santo Padre

Ricordo che all’inizio del suo Pontificato, faceva quasi impressione immaginare la sua vita all’interno delle sue stanze sistemate e adattate per lui a Santa Marta, ma Francesco aveva voluto rompere con il passato. Lo aveva fatto di proposito, scientemente.
Voleva dimostrare al suo mondo, più che all’esterno, che era finalmente finito il tempo dei privilegi, o il tempo delle esagerazioni assurde, dimostrando invece con i fatti che un Papa poteva sopravvivere lo stesso nel chiuso di due stanze.
Ricordo ancora con immensa commozione il giorno in cui le telecamere della RAI lo inquadrano mentre sale sull’aereo per una delle sue prime missioni all’estero e l’obiettivo fa vedere in maniera davvero impietosa e irriverente al mondo intero le sue scarpe bucate. O lui, in una occasione diversa, che sale sulla scaletta dell’aereo portandosi per mano e trascinandosi dietro il suo sacco da viaggio.
Era il senso del cambiamento. Era l’immagine forte della novità. Era la prova provata che il Papa argentino avrebbe rivoluzionato i tempi e i modi di vivere dei Palazzi Vaticani.
In giro per il mondo, eternamente avvolto e accarezzato da milioni di persone, poi un giorno lo ritroviamo solo con sé stesso, solo con la sua croce, abbracciato al legno del crocefisso, lui da solo, al centro della Piazza di San Pietro, negli anni in cui il mondo è oppresso dal Covid, e lo ritroviamo più forte di prima, più convincente che mai, più determinato che mai.
Un Papa di cui sentiremo parlare negli anni che verranno, ne sono certo, per il coraggio di certe sue posizioni e di certe sue affermazioni.
Francesco è il Papa che scende per un giorno in Calabria e che nel cuore infuocato della Piana di Sibari lancia il suo anatema contro la ndrangheta, duro, feroce, diretto, quasi un pugno nello stomaco di una società per anni sonnolenta ed educata al silenzio. E per un giorno, Francesco diventa l’apostolo dei Sud del mondo, il difensore dei diritti civili, il passionario dei valori tradizionali della famiglia, il confessore pubblico di un popolo che non sa più in cosa credere e in cosa sperare.

E che dire delle sue ultime volontà?
“Il giorno della mia morte riportatemi ai piedi della Madonna che tanto ha aiutato la mia vita e la mia missione pastorale”. Francesco aveva già scelto da tempo il luogo della sua sepoltura, e per la prima volta nella storia ecco che un Papa lascia le mura Vaticane per riposare sotto la cripta della Basilica di Santa Maria Maggiore.
È la discontinuità con il passato. È la voglia di riaffermare la sua libertà personale. È il desiderio soprattutto di riaffrancare sé stesso difronte al mondo che lo guarda. E nel suo caso, sarà ancora una volta il linguaggio del corpo a tramandare di lui il ricordo più tenero e più bello, avvolto per questo suo ultimo viaggio terreno dalla Basilica di San Pietro alla Basilica di Santa Maria Maggiore da una semplice bara di legno e zinco priva di fregi e di inutili orpelli.
Cosa sarà dopo di lui? E’ difficile dirlo, difficile immaginarlo, ma una certezza credo di averla e di poterla anche esprime in pubblico a tutti voi.
Nulla sarà più come prima. Perché l’esempio di Papa Francesco ha già profondamente segnato la via maestra della Chiesa moderna, sempre più aperta e votata ai valori spirituali dell’uomo, e sempre più nemica dichiarata degli interessi materiali di una società educata all’ opulenza e alle tentazioni del corpo.
Ma è proprio questa forse la vera grande vittoria morale e finale di questo Papa non sempre compreso e non sempre amato per come avrebbe invece meritato di essere.

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